Gli effetti della legittima difesa in casa sono retroattivi?
La Cassazione ha riconosciuto la legittima difesa in casa a un imputato condannato prima della sua entrata in vigore, essendo una normativa più favorevole.
Negli scorsi anni, prima che il Covid, la guerra in Ucraina e la crisi economica prendessero il sopravvento e attraessero a sé tutta l’attenzione dell’opinione pubblica, quello della legittima difesa era un tema sempre caldo nel dibattito politico e pubblico.
In una recente sentenza la quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha specificato quando la normativa relativa alla legittima difesa in casa è retroattiva rispetto alla sua recente entrata in vigore nel 2019.
Nello specifico, i giudici di legittimità hanno chiarito che la legge 36/2019 relativa alla legittima difesa, così come modificata, deve essere applicata anche ai fatti commessi anteriormente alla sua modifica in quanto più favorevoli all’imputato, poiché aventi lo scopo di inasprire la condanna contro le intrusioni violente nel domicilio di chi, poi, si difende. Il giudice, però, ha la possibilità di ampliare la sfera scriminante di questa causa di giustificazione solamente con riferimento alla proporzione tra la difesa del proprietario di casa e l’offesa da questi subita con l’intrusione della propria dimora.
La Corte di Cassazione si è trovata ad affrontare il caso di un uomo che, condannato per lesioni personali, chiede l’applicazione della legittima difesa anche al suo caso, avvenuto prima dell’entrata in vigore delle normativa. Nel caso concreto l’imputato, dopo che il fratello e il nipote erano entrati in casa sua sfondando la porta, aveva ferito quest’ultimo venendo poi condannato per lesioni personali. La difesa chiede l’applicazione della normativa relativa alla legittima difesa, che tutela maggiormente chi respinge un’intrusione violenta in casa propria, anche se commessa da un familiare. Al fine di poter applicare la causa di giustificazione della legittima difesa è necessario che sussistano tre elementi:
- che l’aggressione subita dall’imputato sia ingiusta;
- che l’imputato abbia agito per difendersi;
- che vi sia proporzione tra l’offesa subita e la difesa attuata.
L’ultimo elemento è sempre quello capace di creare maggiore discordia: si può chiamare legittima difesa sparare al ladro entrato nel tuo negozio uccidendolo «per sbaglio»? In questo caso non sembrerebbe esserci la proporzione richiesta dal legislatore. Eppure, con la modifica introdotta dalla recente legge, il rapporto di proporzione è da intendersi esistente anche quando l’aggressore viola il domicilio della vittima e quest’ultima reagisce anche con un’arma o con un altro mezzo per difendere la propria incolumità e quella della famiglia.
In ogni caso, la legittima difesa può essere applicata solo nel caso in cui sussistano tutti e tre gli elementi richiesti. Nello specifico, quando è stata promulgata la legge 36/2019 il presidente della Repubblica ha espressamente chiarito che, anche nel proprio domicilio, l’autodifesa resta una «facoltà eccezionale».
Per concludere, la Cassazione, esaminato il caso, riscontra gli elementi necessari per riconoscere la legittima difesa dell’imputato, acconsentendo all’applicazione della relativa normativa essendo a lui più favorevole e rinviando il caso alla Corte d’appello.
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