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Fototrappole dei Comuni per strada: sono legali?

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(@paolo-remer)
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Per rispettare la privacy, quali requisiti devono avere i sistemi di videosorveglianza installati per combattere l’abbandono e lo smaltimento illecito dei rifiuti?

Per combattere il deplorevole e incivile fenomeno dell’abbandono incontrollato dei rifiuti, molti Comuni italiani piazzano delle fototrappole sulle strade, e le posizionano specialmente in prossimità delle aree di raccolta, come i punti di ubicazione dei cassonetti, le isole ecologiche e le eco-piazzole. In questo modo, è facile controllare le targhe dei veicoli che giungono sul posto e lasciano lì rifiuti non consentiti. E talvolta è anche possibile identificare fisicamente i responsabili dell’abbandono, tramite il riconoscimento facciale dei volti ritratti nei filmati.

Ma queste fototrappole dei Comuni per strada sono legali? Se lo chiedono in molti, e non soltanto chi è stato beccato e sanzionato per aver scaricato in aree pubbliche materiali edili o sostanze pericolose. In realtà il tema delle fototrappole si intreccia con la privacy, cioè il diritto alla riservatezza dei dati personali.

Fototrappole e privacy dei cittadini

Il tema della liceità o meno di tutti i dispositivi di foto o di videoripresa rientra nella normativa sulla protezione dei dati personali – la privacy – perché installare sistemi di videosorveglianza, muniti di telecamere ed anche di fototrappole, costituisce indubbiamente un trattamento di dati e deve rispettare la normativa in materia: lo ha ricordato il Garante privacy in diversi e recenti provvedimenti [1] che hanno severamente sanzionato, con decine di migliaia di euro di multa, alcuni Comuni italiani, e le società di gestone incaricata, per aver installato e utilizzato le fototrappole senza rispettare i requisiti di legge.

L’Autorità è intervenuta su segnalazione di cittadini che avevano reclamato per la presenza, non segnalata, di alcune fototrappole nel territorio comunale; inoltre, il Comune non aveva risposto alla sua richiesta sul motivo della raccolta dati e sulle modalità di utilizzo. A nulla è valso per l’Ente locale affermare che le fototrappole erano state montate «a solo scopo di dissuasione», in quanto erano prive di scheda e batteria, e perciò non erano effettivamente funzionanti: la normativa andava rispettata lo stesso. Ora vediamo quali sono i requisiti da rispettare per rendere le fototrappole legali.

Fototrappole: cosa sono?

Le fototrappole sono sistemi di videosorveglianza che, grazie a dei sensori, si attivano automaticamente in base ai movimenti di “corpi caldi” (persone, autoveicoli con motore acceso e anche animali di grossa taglia) che avvengono nella zona monitorata. In questo modo, quando registrano un passaggio, iniziano a scattare foto o a filmare video della scena, registrando i dati in una scheda di memoria interna o trasmettendoli a distanza.

I modelli più recenti di fototrappole sono di piccole dimensioni, funzionano anche di notte e sono praticamente invisibili per chi transita nell’area. Nei luoghi esterni e nelle zone pubbliche, le fototrappole vengono apposte su strutture fisse già esistenti, come pali della luce, tronchi d’albero, cartelli stradali, muri o grondaie, cercando il più possibile di mimetizzarle con l’ambiente circostante; ma questa pratica, come vedremo fra poco, non è legittima: occorre sempre un cartello di segnalazione di questi dispositivi, per fornire agli interessati – sia pure in forma sintetica, semplificata e immediata – la dovuta informativa sulla protezione dei propri dati personali.

Fototrappole: come vengono usate?

La Polizia municipale è in grado di monitorare le immagini riprese dalle fototrappole grazie a sistemi di trasmissione dei dati in tempo reale sui server del Comando o sugli smartphone degli agenti, che consentono loro di intervenire, all’occorrenza, anche nell’immediatezza, se una pattuglia si trova in zona. Altrimenti le foto scattate serviranno come prova per identificare il responsabile dell’abbandono illecito di rifiuti, che sarà sanzionato in un momento successivo. Facciamo un esempio concreto.

A fine giornata, il camioncino di una ditta edile che ha eseguito lavori di ristrutturazione in una casa si ferma in una piazzola di sosta. Un operaio scende e scarica in modo incontrollato calcinacci e materiali di risulta, buttandoli sulla carreggiata e nel burrone sottostante. La fototrappola riprende tutta la scena; il titolare dell’impresa, identificato dal volto e dalla targa del mezzo, viene verbalizzato e sanzionato.

Fototrappole e videosorveglianza: normativa privacy 

In base alla normativa sulla privacy, il trattamento di dati personali mediante sistemi di videosorveglianza, come le fototrappole, è consentito, da parte dei soggetti pubblici, quando è necessario per adempiere un obbligo legale e quando serve «per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri» [2].

Inoltre, il titolare del trattamento, anche quando è un Ente pubblico, deve sempre rispettare i principi di protezione dei dati, tra i quali quelli di «liceità, correttezza e trasparenza» e di «limitazione della conservazione» per un periodo di tempo non eccedente il conseguimento delle finalità del trattamento [3].

In un parere del 2010, l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha affermato che «l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza è lecito se risultano inefficaci o inattuabili altre misure nei casi in cui si intenda monitorare il rispetto delle disposizioni concernenti modalità, tipologia ed orario di deposito dei rifiuti, la cui violazione è sanzionata amministrativamente» [4].

Fototrappole: requisiti per l’installazione

Una fototrappola è un sistema di videosorveglianza a tutti gli effetti e come tale deve rispettare la normativa sul trattamento dei dati personali che abbiamo sintetizzato nel paragrafo precedente. Pertanto, il Comune che vuole installare le fototrappole per contrastare l’illecito abbandono e smaltimento di rifiuti sul proprio territorio deve porre in essere questi tre essenziali adempimenti:

  • munirsi di un Regolamento comunale sulla videosorveglianza che disciplini le modalità di trattamento, le finalità della raccolta dei dati e i tempi di conservazione di immagini e filmati;
  • redigere un’informativa sul trattamento dei dati personali, da esibire a chiunque la richieda e ne abbia interesse;
  • apporre nella zona monitorata dei cartelli informativi che avvertano chi transita della presenza delle fototrappole.

Quest’ultimo elemento è quello più facilmente percepibile ed è determinante al fine di stabilire la liceità o meno del trattamento dei dati personali di chi per qualsiasi motivo transita nella zona monitorata dalle telecamere. Il Garante privacy ha precisato che il cartello di avviso deve consentire all’interessato «di riconoscere facilmente le circostanze della sorveglianza, prima di entrare nella zona sorvegliata», ma non è necessario rivelare il punto di ubicazione della telecamera o della fototrappola, «purché non vi siano dubbi su quali zone sono soggette a sorveglianza e sia chiarito in modo inequivocabile il contesto della sorveglianza».

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Pubblicato : 12 Settembre 2023 16:04