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Figlio non vuol vedere il padre: che succede?

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(@redazione)
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Cosa fare se un figlio si rifiuta di incontrare l’altro genitore: i provvedimenti che il giudice può adottare. 

Non sono infrequenti i casi in cui, all’esito di una separazione, i figli non vogliano più vedere uno dei genitori. A volte le ragioni del rifiuto risiedono nel comportamento colpevole dell’altro genitore, un comportamento rivolto a denigrare la figura dell’ex e a frapporsi al mantenimento di un legame stabile tra questi e i bambini. Altre volte invece sono questi ultimi a manifestare una propria volontà autonoma, apparentemente non condizionata e dettata dalle più svariate ragioni. Ebbene, che succede se il figlio non vuol vedere il padre? Lo si può forzare a partecipare agli incontri settimanali fissati dal giudice con la sentenza di separazione o divorzio?

La questione è assai delicata perché di certo i rapporti di affetto e amore non si costruiscono con le coercizioni legali. Di tanto è convinta la giurisprudenza che, il più delle volte, tende a rimuovere gli ostacoli con il guanto di velluto, disponendo cioè un graduale riavvicinamento mediante l’intervento dei servizi sociali.

Di certo, non si può negare né il diritto del padre di vedere i figli, né il diritto dei figli alla cosiddetta bigenitorialità, ossia a mantenere solidi legami tanto con il padre quanto con la madre: ne va della loro crescita e dell’equilibrio psichico che si può formare solo in presenza di entrambe le figure genitoriali.

L’approccio dei giudici però cambia a seconda delle cause che portano il minore a negare la figura paterna. Cerchiamo di fare il punto della situazione. 

Audizione obbligatoria del minore

Per legge, il giudice, nel momento in cui deve decidere la collocazione del minore presso uno dei due genitori, sente il diretto interessato. L’audizione è obbligatoria se questi ha almeno 12 anni. Ma lo è anche se il bambino, più piccolo, viene considerato capace di discernimento e quindi in grado di manifestare un volere libero. Vengono comunque adottate tutte le precauzioni del caso, attraverso l’ausilio dei servizi sociali.

Se la collocazione – ossia la scelta del luogo ove il bambino andrà a vivere – deve necessariamente avvenire in via prevalente presso un solo genitore, salvo il diritto dell’altro di partecipare alle visite settimanali, invece l’affidamento – ossia il potere di assumere le decisioni più importanti sulla crescita, educazione, istruzione e salute del minore – è quasi sempre “condiviso”, spetta cioè sia al padre che alla madre; sicché questi ultimi saranno tenuti a consultarsi prima di adottare una scelta determinante per la vita del figlio. 

Viene disposto l’affidamento esclusivo solo quando uno dei due genitori si manifesti completamente inadeguato o pericoloso per la crescita del figlio e per l’adozione delle decisioni relative alla sua crescita.

Il figlio può decidere con chi stare?

Alla luce di ciò, il giudice deve tenere in considerazione il volere del figlio di stare con un genitore piuttosto che con un altro e, dinanzi a una eventuale decisione contraria, dovrà motivarne adeguatamente le ragioni. 

Il fatto però che un figlio vada a stare con un genitore non taglia fuori l’altro dalla vita del minore. Qui subentra una vera e propria coercizione nei confronti dell’altro genitore che dovrà agevolare le visite tra il figlio e il proprio ex. «Agevolarle» significa vincere tutte le eventuali resistenze che il bambino potrebbe frapporre per varie ragioni. Ogni genitore deve fare in modo che il proprio figlio mantenga un rapporto sereno, affettivo e solido tanto con il padre quanto con la madre. È il cosiddetto diritto alla bigenitorialità sancito dalla Costituzione.

Ecco perché, semmai un genitore dovesse denigrare la figura dell’ex dinanzi al proprio figlio potrebbe subire una serie di gravi conseguenze come la perdita della collocazione del minore o, nel peggiore dei casi, dell’affidamento condiviso. Oltre a ciò il giudice potrebbe infliggergli una multa a titolo di sanzione. Senza contare che il genitore che non accompagni il figlio agli incontri con l’altro genitore può essere denunciato per il reato di mancata esecuzione di un provvedimento dell’autorità giudiziaria. 

Cosa succede se il figlio non vuol vedere il padre?

Dinanzi a un comportamento che parta dal minore stesso, il genitore può rivolgersi al giudice del tribunale – tramite il proprio avvocato – affinché adotti provvedimenti per consentire l’esercizio del diritto di visita del minore. E il più delle volte, fermo restando che nessun magistrato potrebbe obbligare fisicamente il minore, verranno adottate delle soluzioni rivolte a garantire un progressivo riavvicinamento, attraverso incontri dinanzi ai servizi sociali.

Di certo, dinanzi a tali situazioni, il giudice non può certo disporre l’affidamento esclusivo solo perché il minore non vuol frequentare il padre se questi non ha assunto comportamenti tali da mettere in pericolo l’equilibrio psicofisico del figlio. Se le relazioni dei servizi sociali non indicano comportamenti del padre che possano danneggiare la teenager, permane quindi l’affidamento condiviso.

La regola dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori è derogabile solo ove la sua applicazione risulti pregiudizievole per l’interesse del minore, allorquando, ad esempio, il genitore abbia tenuto comportamenti o atteggiamenti educativi inadeguati, condotte non idonee e potenzialmente pregiudizievoli per il minore, nel caso in cui il figlio rifiuti in modo categorico il rapporto con uno dei genitori o manifesti disagio nei suoi confronti, o come nel caso in cui il genitore affidatario si sia reso totalmente inadempiente all’obbligazione contributiva posta a suo carico in favore dei figli minori o si sia completamente disinteressato del figlio, non facendogli mai visita o esercitando in modo discontinuo il suo diritto di visita.

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Pubblicato : 4 Novembre 2022 20:00