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Fatturazione elettronica e reverse charge: sinergie

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(@paolo-remer)
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L’integrazione del documento fiscale nei casi di inversione contabile: regole da seguire per la compilazione ed il corretto inserimento nello Sdi. Quali codici utilizzare per le operazioni estere.

Quando due entità diverse ed entrambe complicate si incontrano, il risultato può essere esplosivo. Non è fantascienza ma fisco, quindi succedono cose che fanno tremare i polsi agli operatori. Il reverse charge esiste da diversi anni, mentre la fattura elettronica è nata più recentemente e si è progressivamente estesa: dal 2024 riguarderà tutti i soggetti Iva, compresi i forfettari con ricavi o compensi annui inferiori a 25mila euro. Invece l’inversione contabile è circoscritta solo ad alcune tipologie di soggetti che esercitano determinate attività economiche considerate ad alto rischio di evasione.

Per chi fa parte di entrambi gli insiemi, l’intreccio tra i due adempimenti è stato, inizialmente, problematico; poi molti dubbi si sono sciolti, anche grazie ai chiarimenti tecnici dell’Agenzia delle Entrate, che nel 2022 ha (finalmente) fornito il tracciato tecnico definitivo per l’inserimento dei file Xml nello Sdi. E così si sta comprendendo che tra fatturazione elettronica e reverse charge possono esserci importanti e positive sinergie. Vediamo quali, e perché l’integrazione tra i due sistemi può portare vantaggi.

Ti anticipiamo subito che i benefici maggiori riguardano i soggetti Iva che compiono operazioni con soggetti esteri (intra o extra Ue) e vengono sollevati da farraginosi adempimenti, come il vecchio esterometro, andato in pensione nel 2022. Ma anche chi compie esclusivamente operazioni in reverse charge interno viene agevolato dal meccanismo di compilazione della fattura elettronica, che non richiede inserimenti manuali, come quello dell’Iva lasciata in bianco dal venditore di prodotti o servizi.

Cos’è il reverse charge e chi riguarda?

Il reverse charge – tradotto in italiano: inversione contabile – è un meccanismo di applicazione dell’Iva che inverte gli obblighi: l’imposta dovuta sulle cessioni di beni eseguite o sulle prestazioni di servizi realizzate viene versata all’Erario non da chi emette la fattura, come normalmente avviene, bensì da chi la riceve.

Ciò richiede che il destinatario del documento fiscale deve “riempire” la fattura con i dati relativi all’Iva applicabile per quella determinata operazione fatturata. E proprio qui si verifica il punto di frizione con la fattura compilata ed inserita in modalità elettronica, anziché cartacea.

Intanto ricordiamo che il reverse charge riguarda – a prescindere dalle modalità di fatturazione – i soggetti Iva che operano nei seguenti settori di attività:

  • imprese subappaltatrici di lavori di edilizia;
  • imprese che svolgono servizi di pulizia, demolizione e installazione di impianti;
  • rivenditori di prodotti elettronici, come telefoni cellulari, microprocessori, laptop e console da gioco;
  • produttori e rivenditori di oro (da investimento o industriale) e di prodotti finiti in oro e in argento;
  • soggetti che cedono rottami, compresi i pallet recuperati nei cicli di utilizzo successivi al primo;
  • fino al 31 dicembre 2026, coloro che trasferiscono quote di emissioni di gas ed energia elettrica (ad esempio, il Gse).

Sono esclusi dal reverse charge i soggetti Iva che svolgono prestazioni nei confronti di altri soggetti esonerati dagli ordinari adempimenti contabili (registrazione delle fatture, tenuta del registro dei corrispettivi e del registro degli acquisti).

Fattura elettronica in reverse charge: adempimenti

Dal 1° luglio 2022, l’obbligo di emettere la fattura elettronica è stato esteso anche ai contribuenti in regime forfettario che nell’anno di imposta precedente hanno percepito ricavi e compensi superiori a 25mila euro. I forfettari che non hanno raggiunto questa soglia di 25mila euro annui di ricavi o compensi possono ancora emettere la fattura tradizionale, fino al 1° gennaio 2024, oppure possono facoltativamente decidere di adottare, in qualsiasi momento, il sistema di fatturazione elettronica.

Le fatture elettroniche devono essere numerate progressivamente e conservate in modalità digitale, per impedire alterazioni successive alla loro formazione e per consentire di leggere in qualsiasi momento successivo, i dati contenuti nel documento fiscale che nasce già in formato elettronico e come tale acquisisce piena validità nel momento in cui viene inserito, ricevuto ed accettato nello Sdi, il sistema di interscambio dell’Agenzia delle Entrate.

La procedura di esposizione in fattura dell’Iva per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in regime di reverse charge deve essere compiuta dal destinatario della fattura stessa, in quanto l’emittente non deve addebitare l’imposta e si limita ad indicare la dicitura «inversione contabile» ai sensi dell’art. 17 del D.P.R. n. 633/1972. Pertanto l’acquirente dei prodotti o servizi fatturati in reverse charge deve completare la fattura elettronica ricevuta dal mittente, inserendo l’aliquota Iva applicabile e l’importo della correlativa imposta, calcolata sul prezzo di cessione.

I termini per l’invio della fattura elettronica in reverse charge sono analoghi a quelli ordinari, quindi entro 12 giorni per le fatture immediate ed entro il 15 del mese successivo per quelle differite; ma non bisogna dimenticare che, per fruire della detrazione Iva, la fattura va annotata non soltanto nel registro delle fatture (o in quello dei corrispettivi), ma anche nel registro degli acquisti.

Fattura elettronica per reverse charge interno ed estero

Il reverse charge può anche riguardare le operazioni effettuate tra due soggetti Iva che risiedono in diversi Stati membri dell’Unione Europea, o esterni ad essa, e dunque non soltanto quando entrambi i soggetti sono fiscalmente residenti in Italia.

Dal 1° luglio 2022, proprio in concomitanza con l’estensione della fattura elettronica per i forfettari, è stato abolito il vecchio “esterometro” e la scelta non è stata casuale: adesso l’obbligatorietà della trasmissione dei dati delle fatture elettroniche al sistema di interscambio dell’Agenzia delle Entrate (Sdi), direttamente sulla piattaforma dell’Agenzia o tramite un software di compilazione ad essa collegato, assorbe i precedenti adempimenti.

Ecco dunque la più importante sinergia tra fatturazione elettronica e reverse charge: la trasmissione dei dati della fattura elettronica, mediante lo Sdi, riguarda e comprende pure – non appena completata con l’indicazione dell’Iva, nel modo che abbiamo detto – le fatture rientranti nel reverse charge in quanto relative ad operazioni transfrontaliere di cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate, o ricevute, nei confronti di un operatore commerciale europeo o straniero, dunque anche se esso non è italiano.

Codici da utilizzare per fattura elettronica in reverse charge

Anche in caso di reverse charge estero i termini per l’emissione dei file Xml (che comprovano l’avvenuto inserimento nello Sdi) non cambiano rispetto a quelli che abbiamo esaminato nel paragrafo precedente. È diverso, invece, il codice da utilizzare: secondo le specifiche tecniche fornite dall’Agenzia delle Entrate ed aggiornate nel 2022, mentre per l’integrazione di fatture in reverse charge interno bisogna indicare TD16, per il reverse charge estero occorre riportare i seguenti codici:

  • TD17 per l’integrazione (o l’autofattura) di acquisto di servizi dall’estero;
  • TD18 per l’integrazione delle fatture relative all’acquisto di beni intracomunitari;
  • TD19 per le integrazioni (o l’autofattura) di operazioni poste in essere da parte di soggetti esteri privi di stabile organizzazione in Italia [1];
  • TD20 per la regolarizzazione o integrazione di fatture elettroniche (o di autofatture) precedentemente emesse [2].
 
Pubblicato : 22 Ottobre 2023 11:45