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Far venire ansia è reato?

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(@angelo-greco)
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Vessazioni, minacce, lesioni e stalking: quando generare paura e turbamento è reato.

Far venire l’ansia a qualcuno è reato. In particolare si possono configurare due diversi illeciti penali la cui maggiore o minore gravità è determinata non tanto dell’intensità della condotta quanto della sua reiterazione nel tempo.

Più nello specifico, si può configurare il reato di lesioni e quello di stalking. Anzi, è la stessa norma che regola gli atti persecutori – meglio conosciuti appunto come “stalking” – ossia l’articolo 612-bis del codice penale, a parlare espressamente di ansia. Vediamo allora quando far venire ansia è reato.

Quando un comportamento genera ansia si può denunciare?

Quando si parla del reato di lesioni si pensa al classico pugno in volto, a un forte calcio o a qualsiasi altra forma di violenza che generi delle ferite, più o meno gravi. Tuttavia, secondo la giurisprudenza, le lesioni sono anche quelle che generano una malattia della mente come uno stato di ansia prolungato e insonnia (così Trib. Rovigo, sent. n. 707/2022).

Ricordiamo che l’articolo 582 cod. pen., che punisce appunto le lesioni personali, prevede una pena pari alla reclusione da tre mesi a tre anni.

Dalla prassi quotidiana è possibile ricavare notevoli esempi di stati di ansia. Si pensi a un incidente stradale che abbia determinato nella vittima delle conseguenze psicologiche post-traumatiche, come nel caso di chi rivive spesso nel sonno l’evento oppure si rifiuta di salire di nuovo in auto. Si pensi a una persona che, a seguito di una aggressione isolata, si rifiuti di uscire di casa o chieda di essere accompagnata da terzi. O ancora al caso di chi commette una violenza verbale talmente forte da annichilire l’interlocutore. Ed ancora, secondo la Cassazione (sent. n. 7969/2020) è possibile parlare di uno stato di ansia, penalmente punibile, nel caso di abuso dei mezzi di correzione commesso da un genitore ai danni del figlio o da un insegnante nei confronti dell’alunno; questo perché, in tali casi, la nozione di malattia è più ampia di quella del fatto di lesione personale, estendendosi fino a comprendere ogni conseguenza rilevante sulla salute psichica del soggetto passivo, quali stato d’ansia, insonnia, disagio psicologico, disturbi del carattere ed alimentari.

Insomma, qualsiasi danno alla salute subito dalla vittima che possa provocare ansia e preoccupazione in essa (prescindendo dalla gravità delle lesioni) determina il reato di lesioni personali.

Quando una persecuzione è reato?

Il secondo – e più grave – reato che viene in evidenza a carico di chi genera ansia in un’altra persa è quello di stalking. In questo caso, l’articolo 612-bis del codice penale non specifica quale debba essere la condotta del reo ma definisce il reato più che altro sulla base delle conseguenze che l’azione persecutoria abbia determinato nella vittima. Si stabilisce infatti che chiunque, con condotte reiterate, pone in essere una minaccia o una molesta nei confronti di qualcun altro è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni a patto che la vittima subisca una dei tre seguenti effetti:

  • un perdurante e grave stato di ansia o di paura;
  • un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo caro (non necessariamente un parente);
  • un cambiamento delle proprie abitudini di vita.

La differenza tra le lesioni personali è lo stalking sta nella persistenza, nel tempo, delle condotte illecite. Lo stalking esige la ripetizione delle stesse, non già per un lungo lasso di tempo (sono stati ritenuti sufficienti anche tre o quattro episodi).

Lo stato di ansia deve essere dimostrabile, ma a riguardo vengono ritenute sufficienti le stesse dichiarazioni della vittima. L’ansia peraltro non deve essere per forza clinicamente accertabile: la vittima cioè non necessita di un certificato medico. L’ansia di cui parla la norma infatti non deve coincidere con una malattia psichica ma può essere anche uno stato momentaneo, purché sia chiaramente grave.

L’ansia si può quindi desumere anche da elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili anche dai comportamenti della vittima conseguenti al reato. Il giudice si può anche basare sulla stessa condotta del reo e sulla sua astratta idoneità a causare l’ansia. Come chiarito dalla Cassazione, «non è necessario, ai fini in questione, l’accertamento di uno stato patologico, essendo del tutto sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano avuto un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima».

Stato di ansia e risarcimento del danno

Ma, pur a fronte della colpevolezza dell’imputato e della condanna penale, non è scontato ottenere un risarcimento del danno. Quest’ultimo infatti è condizionato alla prova di un effettivo e concreto pregiudizio alla salute, che deve essere dimostrato, non necessariamente con certificati medici ma anche tramite testimonianze o, addirittura, “presunzioni” (gli indizi).

 
Pubblicato : 12 Dicembre 2023 08:30