forum

False attestazioni ...
 
Notifiche
Cancella tutti

False attestazioni contenute nelle autocertificazioni

1 Post
1 Utenti
0 Reactions
76 Visualizzazioni
(@gianluca-scardaci)
Post: 73
Estimable Member Registered
Topic starter
 

La falsità delle circostanze indicate nei modelli di autodichiarzioni integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.

Nel corso del periodo pandemico che ha devastato l’intero continente, numerosi sono stati i procedimenti penali sorti a seguito delle dichiarazioni rilasciate alle forze dell’ordine, nella vigenza della normativa per il contenimento del contagio da Covid 19, da soggetti trovati ingiustificatamente fuori dalla propria abitazione: chi dichiarava di dover andare a fare la spesa, sebbene trovato lontano dall’apposito negozio commerciale; chi asseriva di passeggiare il cane a notte inoltrata insieme ad altri amici, privi però del relativo quadrupede; chi affermava di andare a trovare un lontano parente, senza sapere indicare l’indirizzo preciso, e chi diceva di andare a lavorare pur risultando percettore del reddito di cittadinanza. Uno di questi procedimenti penali, giunto fino in cassazione, ha consentito alla Suprema Corte di stabilire come tali attestazioni, cristallizzate nella relativa autocertificazione, integrino il reato di cui all’articolo 483 del codice penale perché le false attestazioni contenute nelle autocertificazioni costituiscono reato, più in particolare quello di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.

La vicenda

Due soggetti venivano denunciati alla Procura della Repubblica per il reato di cui all’articolo 483 del codice penale perché nel corso di un normale controllo svolto da parte delle Forze dell’Ordine in pieno periodo pandemico, e più in particolare in regime di lockdown, attestavano, ciascuno nella propria autocertificazione, il primo, di aver subìto, di rientro dal lavoro, il guasto del veicolo sul quale lo stesso viaggiava e, la seconda, di essere uscita dalla propria abitazione per prestare soccorso all’amico e ricondurlo a casa.

Qual è stato l’esito del giudizio?

Il Tribunale competente per territorio assolveva i due imputati dal delitto agli stessi ascritto escludendone la responsabilità sul presupposto che l’autocertificazione sottoscritta non fosse destinata a confluire in un atto pubblico, presupposto fondamentale ai fini della punibilità del reato di falsità ideologica, non potendosi qualificare tale la relazione di servizio compilata dagli agenti operanti in occasione del controllo, all’interno della quale essi si limitavano a riportare il contenuto di quanto attestato dagli imputati.

Cosa ha detto la Corte di Cassazione?

Chiamata a pronunciarsi dalla pubblica accusa, che lamentava l’erroneità della sentenza di assoluzione, la Suprema Corte (sentenza n. 1778 del 31 maggio 2023) ha annullato la sentenza muovendo da questi ragionamenti:

nulla c’era da obiettare sulla falsità delle dichiarazioni rilasciate dagli imputati in ordine al motivo per cui in orario non consentito dalla normativa volta al contagio da Covid 19, essi si trovassero fuori dalla loro abitazione; in merito alla natura di atto pubblico dell’autocertificazione, il concetto di atto pubblico agli effetti della tutela penale ha una portata più ampia rispetto ai parametri civilistici, sicché rientrano in questa nozione non soltanto i documenti redatti da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, ma anche quelli formati da un pubblico ufficiale o dal pubblico impiegato, nell’esercizio delle loro funzioni, per uno scopo diverso da quello di conferire ad essi fede pubblica, purché aventi l’attitudine ad assumere rilevanza giuridica e quindi valore probatorio interno alla pubblica amministrazione.

In parole ancora più semplici, sono atti pubblici anche gli atti interni e quelli preparatori di una fattispecie documentale complessa, come le autocertificazioni redatte dal privato e rese al pubblico ufficiale, essendo la qualità del consegnatario del tutto idonea a sancirne la destinazione a essere trasfuse in atto pubblico e, dunque, a dimostrare stati, qualità personali o fatti che siano nella diretta conoscenza del dichiarante.

Quindi, per cominciare a tirare le somme, il delitto di falsità ideologica di cui all’art. 483 del codice penale sussiste qualora l’atto pubblico, nel quale la dichiarazione del privato è stata trasfusa, sia destinato a provare la verità dei fatti attestati e, cioè, quando una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero ricollegandovi specifici effetti all’atto – documento nel quale la sua dichiarazione è stata inserita dal pubblico ufficiale ricevente.

La fattispecie di cui ci stiamo occupando rientra certamente nei parametri appena descritti attesa l’evidente e specifica funzione probatoria della dichiarazione resa, dimostrativa di stati, qualità personali o fatti che siano nella diretta conoscenza dell’interessato, che solo quest’ultimo può documentare, della quale il pubblico ufficiale prende semplicemente cognizione attraverso l’attestazione del privato, tenuto all’obbligo di verità. A questo punto, però rimane un ultimo aspetto da considerare.

Si può obbligare qualcuno ad affermare la propria responsabilità penale?

L’accertata falsità delle dichiarazioni attestate dagli imputati nelle rispettive autocertificazioni, impone una riflessione in merito alla rilevanza di questo quesito, racchiuso nella locuzione latina nemo tenetur se detergere (nessuno può essere obbligato ad affermare la propria responsabilità).

La risposta è molto semplice. Tale garanzia, qualificata come diritto di ordine processuale, dispiega i suoi effetti soltanto all’interno di un procedimento penale già instaurato. Da un lato impone che nessuno venga assoggettato ad atti di costrizione tendenti a provocare un’autoincriminazione, e dall’altro, proprio per tale motivo, ossia quello teso a evitare coercizioni abusive da parte dell’autorità, opera esclusivamente nell’ambito di un procedimento penale e non nella fase ad esso precedente e relativa alla commissione di un reato. Tuttavia, ciò non legittima anche la possibilità di violare regole di comportamento poste a tutela di interessi non legati alla pretesa punitiva.

Conclusioni

Attenzione, quindi, a compilare l’autocertificazione. Di qualsiasi natura essa sia. La garanzia, sopra richiamata, secondo la quale nessuno può essere obbligato ad autoaccusarsi, non opera nel caso di affermazione mendace contenuta nell’autocertificazione, trattandosi, è vero, di una dichiarazione di rilievo meramente amministrativo, che però acquisisce rilevanza penale una volta svolti gli accertamenti volti a verificare la veridicità o meno dei fatti ivi attestati.

 
Pubblicato : 13 Dicembre 2023 09:30