Falsa attestazione della presenza in servizio: cosa si rischia?
Furbetti del cartellino: quali sono le sanzioni previste per chi timbra con il badge e poi va via? In quali casi la condotta non costituisce illecito disciplinare?
La legge punisce i cosiddetti “furbetti del cartellino”, cioè i dipendenti pubblici che attestano falsamente la loro presenza in servizio, facendo timbrare il loro badge ad altri oppure recandosi sul posto di lavoro solo all’inizio e alla fine dell’orario di lavoro, giusto in tempo per segnare l’entrata e l’uscita. Cosa si rischia con la falsa attestazione della presenza in servizio? Vediamo cosa dicono la legge e la giurisprudenza.
Furbetti del cartellino: chi sono?
Come anticipato, sono definiti “furbetti del cartellino” gli impiegati alle dipendenze della pubblica amministrazione che attestano falsamente la loro presenza al lavoro.
Per realizzare questa truffa ci si può avvalere di diversi strumenti; il più noto è sicuramente quello di far timbrare la presenza, in entrata e in uscita, a qualcun altro, ovvero di recarsi sul posto di lavoro solamente per “beggiare”, cioè per far rilevare la presenza al sistema automatico di identificazione.
La falsa attestazione della presenza al lavoro è reato?
Secondo la Cassazione [1], la falsa attestazione della presenza al lavoro costituisce il reato di truffa aggravata, a condizione che sia economicamente apprezzabile il periodo di assenza non risultante dalla timbratura, ritenuto tale da alcune sentenze quando è superiore a 15 minuti [2].
Si tratta di una truffa in quanto il dipendente pubblico, attraverso un vero e proprio inganno, raggira la pubblica amministrazione, ottenendo un guadagno di cui, altrimenti, non avrebbe diritto.
La falsa attestazione della presenza al lavoro è causa di licenziamento?
La falsa attestazione della presenza al lavoro è causa di licenziamento disciplinare, in qualunque modo sia ottenuta, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente.
A tale condotta è equiparata la giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia [3].
La legge specifica che “Costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l’amministrazione presso la quale il dipendente presta attività lavorativa circa il rispetto dell’orario di lavoro dello stesso. Della violazione risponde anche chi abbia agevolato con la propria condotta attiva o omissiva la condotta fraudolenta”.
In pratica, chi risulta falsamente presente sul posto di lavoro mentre in realtà si trova in tutt’altro luogo può essere mandato via in tronco, trattandosi di una giusta causa di licenziamento.
Della stessa violazione risponde colui che ha consentito la falsa attestazione della presenza al lavoro. È il caso di chi si presta a beggiare al posto del collega assenteista.
Secondo la Cassazione [4], però, la condotta di falsa attestazione della presenza può essere punita con il licenziamento solo se il comportamento del lavoratore sia oggettivamente idoneo ad indurre in errore il datore di lavoro.
L’illecito disciplinare richiede infatti una condotta fraudolenta oggettivamente idonea a ingannare il datore circa la presenza in servizio; nel caso affrontato dalla Suprema Corte, invece, il dipendente aveva reso volutamente visibile la propria condotta di protesta, appostandosi all’esterno del luogo di lavoro con indosso dei cartelli di cartone recanti scritte di protesta per le condizioni lavorative.
Per la Cassazione, quindi, da un lato anche l’allontanamento dall’ufficio, non accompagnato dalla necessaria timbratura, integra una modalità fraudolenta, diretta a rappresentare una situazione apparente diversa da quella reale; dall’altro lato, però, lo stazionamento in una postazione prossima al luogo di lavoro non può avere conseguenze disciplinari, non potendo indurre il datore in alcun errore.
Cosa rischia chi attesta falsamente la propria presenza al lavoro?
Tirando le fila di quanto detto sinora, possiamo affermare che chi attesta falsamente la propria presenza sul posto di lavoro rischia:
- una condanna penale per truffa aggravata;
- il licenziamento disciplinare per aver ingannato il datore di lavoro.
In tema di rapporti tra il giudizio penale e quello civile, è peraltro stato precisato che la falsa attestazione della presenza in servizio è causa di licenziamento anche qualora il processo penale si sia concluso con sentenza di patteggiamento la quale, in effetti, limitandosi ad applicare una pena concordata tra le parti (avvocato e pubblico ministero), non entra realmente nel merito della vicenda.
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