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Errore medico: ultime sentenze

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Riparto dell’onere probatorio nell’azione di responsabilità professionale medica; distinzione tra colpa lieve e colpa grave; liquidazione del danno non patrimoniale.

Errore medico: responsabilità

In caso di errore medico la responsabilità della struttura sanitaria ha natura contrattuale ed a tal fine non ha alcuna importanza il fatto che la struttura si sia avvalsa dell’opera di suoi dipendenti o di collaboratori esterni e che la condotta dannosa sia materialmente tenuta da uno di questi soggetti: infatti a norma dell’art. 1228 c.c. il debitore che per adempiere alla sua obbligazione si avvale dell’opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro, sicché neppure rileva la circostanza che il medico che esegue l’intervento fosse o meno inquadrato nell’organizzazione aziendale della struttura di cura, né che lo stesso fosse stato scelto dal paziente ovvero fosse di sua fiducia, posto che la prestazione del medico è comunque indispensabile all’ospedale per adempiere l’obbligazione assunta con il paziente e che è sufficiente la sussistenza di un nesso di causalità tra l’opera del suddetto ausiliario e l’obbligo del debitore.

Tribunale Pisa sez. I, 25/10/2022, n.1279

Errore nell’esecuzione dell’intervento chirurgico

In tema di colpa medica, nell’ipotesi in cui con l’atto di citazione l’attore abbia avanzato richiesta di risarcimento del danno per errore nell’esecuzione di un intervento chirurgico, non può chiedere nel corso del giudizio altresì il risarcimento del danno derivato dall’inadempimento, da parte del medesimo medico, del dovere di informazione necessario per conseguire il consenso informato; in siffatta ipotesi si verifica una mutatio libelli e non una semplice emendatio, atteso che nel giudizio viene introdotto un nuovo tema d’indagine e di decisione che modifica l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della lite, tanto da realizzare una pretesa differente da quella fatta valere in precedenza

Tribunale S.Maria Capua V. sez. I, 17/10/2022, n.3660

Malpractice medica e contenuto dell’onere probatorio

Nel caso di responsabilità derivante da errore medico, il paziente danneggiato, per ottenere il risarcimento del danno lamentato, deve provare l’esistenza del contatto e l’inadempimento del sanitario, consistente nell’aggravamento della situazione patologica o nell’insorgenza di nuove patologie per l’effetto dell’intervento, cioè il nesso causale; resta invece a carico del sanitario o dell’ente ospedaliero la prova della diligenza della prestazione ed il fatto che gli eventuali esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto, imprevedibile ed inevitabile anche avendo osservato le regole tecniche del caso. Va ulteriormente definito il contenuto dell’onere probatori a carico del paziente, precisando che questi deve dimostrare che la condotta del sanitario è stata la causa del danno, secondo il parametro del ‘più probabile che non’ fondato su criterio di ragionevolezza, coerentemente con i principi disciplinanti la regolarità causale nel processo civile.

Tribunale Monza sez. II, 13/10/2022, n.2069

Ritardo nella diagnosi

La responsabilità della struttura sanitaria non si configura solo nel caso in cui il paziente dimostri un danno diretto derivante dall’errore medico, ma anche nel caso di inadempimento contrattuale dei suoi sanitari – ex art. 1228 c.c. – qualora gli stessi abbiano ritardato nel diagnosticare la patologia, da ciò derivando non la morte del paziente – comunque non evitabile neanche in caso di diagnosi tempestiva -, ma una peggior qualità della sua vita e una minor durata della stessa.

Corte appello L’Aquila sez. I, 21/07/2022, n.1112

Responsabilità della struttura sanitaria

In caso di errore medico incombe sulla struttura sanitaria una responsabilità di tipo contrattuale che prescinde da chi in concreto abbia commesso l’errore; ciò significa che l’ente ospedaliero risponde non solo delle obbligazioni direttamente poste a proprio carico, ma anche dell’opera svolta dai propri dipendenti ovvero ausiliari (personale medico e paramedico), secondo lo schema proprio dell’art. 1228 c.c., indipendentemente dal fatto che il medico che ha eseguito l’intervento sia o non sia inquadrato nell’organizzazione aziendale della casa di cura, oppure che lo stesso sia stato scelto dal paziente oppure sia di sua fiducia, posto che è sufficiente la sussistenza di un nesso di causalità tra l’opera del suddetto ausiliario e l’obbligo del debitore.

Tribunale Napoli sez. VIII, 05/04/2022, n.3421

Quando a errore medico si aggiunge altro errore medico

Quando l’errore medico va ad innestarsi su un quadro patologico già in parte compromesso da precedenti interventi fallimentari (eseguiti in ospedale o da altro sanitario), il medico risponde solo dell’aggravamento causato dal suo errore e non della complessiva invalidità, secondo il meccanismo di conto per “sottrazione”. In particolare in tali casi il giudice deve stimare in punti percentuali l’invalidità complessiva dell’individuo e convertirla in denaro; stimare in punti percentuali l’invalidità teoricamente preesistente all’illecito e convertirla in denaro; e sottrarre il secondo importo dal primo.

Tribunale Taranto sez. II, 30/03/2022, n.816

Prova della corretta esecuzione dell’intervento

Una volta emerso e provato, sul piano presuntivo, il nesso causale tra l’intervento sanitario e l’evento dannoso, non spetta al paziente, che ha debitamente allegato l’errore del medico dimostrare tale circostanza, concretante l’inesatto adempimento della obbligazione professionale, ma spetta al professionista e alla struttura sanitaria dimostrare l’esatto adempimento, provando, in ossequio al parametro della diligenza qualificata di cui all’art. 1176, comma 2, c.c., di avere eseguito la prestazione in modo corretto, attenendosi, anche in relazione al numero dei prelievi effettuati, alle regole tecniche proprie della professione esercitata.

Cassazione civile sez. III, 29/03/2022, n.10050

Malpractice medica e riparto dell’onere probatorio

La responsabilità che incombe sulla clinica e sui sanitari in caso di errore medico è di tipo contrattuale e da tale qualificazione discendono conseguenze in punto di valutazione della diligenza e di ripartizione dell’onere probatorio: l’attore (ossia il paziente danneggiato) deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (c.d. di spedalità) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia e deve altresì dimostrare la sussistenza delle inadempienze idonee a provocare il danno lamentato.

Sul debitore convenuto (ossia la struttura e/o il medico) incombe invece l’onere di dimostrare che tale inadempimento non vi è stato, oppure che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante.

Tribunale Palermo sez. III, 25/01/2022, n.276

Limiti della responsabilità del medico

In tema di responsabilità medica, il paziente che ometta di fornire alcune notizie nel corso dell’anamnesi, senza ricevere specifiche richieste dal medico, non può ritenersi corresponsabile delle carenze informative, verificatesi in quella sede, che hanno poi determinato l’errore diagnostico, perché non rientra tra i suoi obblighi né avere specifiche cognizioni di scienza medica, né sopperire a mancanze investigative del professionista.

Tribunale Pavia sez. III, 18/01/2022, n.63

Malpractice medica e riparto dell’onere probatorio

Nel caso di errore medico, in relazione all’onere probatorio ed alla ripartizione dello stesso tra paziente danneggiato e medico (o struttura sanitaria) danneggiante, va precisato che il paziente deve provare l’esistenza del rapporto (il contatto con la struttura, ossia il c.d. ‘contratto di spedalità’), l’inadempimento dell’azienda sanitaria, nonché il nesso di causalità fra l’azione (o l’omissione) del sanitario e l’aggravamento dello stato di salute o la comparsa di patologia o l’assenza del miglioramento. Di contro la struttura sanitaria dovrà provare la mancanza di negligenza, imprudenza o imperizia, oppure che l’inadempimento sia stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lei non imputabile, ovvero che la prestazione implicava la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà. Qualora tale onere probatorio non sia assolto in modo idoneo, l’inesatto adempimento della prestazione va posto a carico del sanitario, con conseguente accoglimento della domanda risarcitoria per responsabilità contrattuale.

Corte appello Palermo sez. II, 27/10/2021, n.1705

Accertamento della responsabilità contrattuale

Nell’azione promossa per l’accertamento della responsabilità contrattuale al danneggiato spetterà l’esistenza del rapporto e l’inadempimento rappresentato dalla lesione subita, mentre nel capo alla struttura sarà aggiunto l’onere di la corretta esecuzione della prestazione o l’impossibilità nell’adempimento della stessa. Al contrario, nelle ipotesi di responsabilità extracontrattuale ai fini dell’onere probatorio assumerà rilievo l’esistenza del danno, il nesso di causalità tra condotta ed evento e la colpa o dolo del sanitario.

Sul medico grava infatti una obbligazione di mezzi e non di risultato, ed egli pertanto non è tenuto a raggiungere un determinato risultato, ma è obbligato a tenere una diligente necessaria al raggiungimento del risultato, garantendo elevati livelli di professionalità, tenendo conto delle circostanze attinenti al caso concreto sottoposto alle sue cure, come la gravità della patologia e/o delle difficoltà riscontrate nel caso concreto. Tale comportamento diligente, deve estendersi alla condotta tenuta al fine di evitare ogni possibile errore che possa arrecare danno o pregiudizio al paziente.

Ne deriva che l’eventuale inadempimento del professionista alla propria obbligazione non possa desumersi dal mancato raggiungimento del risultato utile per il paziente, ma deve essere valutato sulla base dei doveri propri dello svolgimento dell’attività professionale.

Tribunale Napoli sez. VIII, 06/05/2021, n.4307

Errore sanitario e richiesta di risarcimento del danno

Nel caso di errore sanitario e conseguente richiesta di risarcimento del danno, per quanto attiene allo specifico aspetto della ripartizione dell’onere probatorio tra paziente e medico, il paziente ha solo l’onere di allegare il peggioramento delle proprie condizioni di salute, imputandone la causa all’attività del medico, nonché e il nesso causale tra il danno subito e la condotta del sanitario. Quest’ultimo invece dovrà provare che l’esito negativo non è riconducibile a propria negligenza od imperizia e che la prestazione implicava la risoluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà. Di conseguenza qualora il medico non assolva tale onere probatorio, l’inesatto adempimento della sua prestazione va posto a suo totale carico.

Tribunale Perugia sez. I, 26/04/2021, n.654

Sperimentazione medica e responsabilità della casa farmaceutica

La casa farmaceutica che abbia promosso, mediante la fornitura di un farmaco, una sperimentazione clinica — eseguita da una struttura sanitaria a mezzo dei propri medici — può essere chiamata a rispondere a titolo contrattuale dei danni sofferti dai soggetti cui sia stato somministrato il farmaco, a causa di un errore dei medici «sperimentatori», soltanto ove risulti, sulla base della concreta conformazione dell’accordo di sperimentazione, che la struttura ospedaliera e i suoi dipendenti abbiano agito quali ausiliari della casa farmaceutica, sì che la stessa debba rispondere del loro inadempimento (o inesatto adempimento) ai sensi dell’art. 1228 c.c.; in difetto, a carico della casa farmaceutica risulta predicabile soltanto una responsabilità extracontrattuale (ai sensi dell’artt. 2050 c.c. o, eventualmente, dell’art. 2043 c.c.), da accertarsi secondo le regole proprie della stessa.

Cassazione civile sez. III, 20/04/2021, n.10348

Errore nell’esecuzione di un intervento chirurgico

Nel caso in cui l’attore abbia chiesto con l’atto di citazione il risarcimento del danno da colpa medica per errore nell’esecuzione di un intervento chirurgico (e, quindi, per la lesione del diritto alla salute), e domandi poi in corso di causa anche il risarcimento del danno derivato dall’inadempimento, da parte dello stesso medico, al dovere di informazione necessario per ottenere un consenso informato (inerente al diverso diritto alla autodeterminazione nel sottoporsi al trattamento terapeutico), si verifica una mutatio libelli e non una mera emendatio, in quanto nel processo viene introdotto un nuovo tema di indagine e di decisione, che altera l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia, tanto da porre in essere una pretesa diversa da quella fatta valere in precedenza.

Cassazione civile sez. VI, 04/03/2021, n.5875

Responsabilità da errore medico

In tema di responsabilità da errore medico, il paziente che agisce in giudizio deducendo l’inesatto adempimento dell’obbligazione sanitaria deve provare l’esistenza del contratto e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare qualificate inadempienze, idonee a provocare (quale causa o concausa efficiente) il danno lamentato, rimanendo, invece, a carico del debitore convenuto (ossia il medico e la struttura sanitaria) l’onere di dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato, ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante.

Tribunale Terni, 02/12/2020, n.808

L’errore diagnostico

L’esercizio dell’attività medica impone a chi la pratica la massima prudenza, perizia e diligenza nello svolgimento degli atti medici che essa comporta e pertanto in primo luogo nella effettuazione della diagnosi e nella individuazione della terapia, anche chirurgica, che si rende necessaria: quando più alternative sono possibili, il medico deve improntare le proprie scelte alla massima prudenza, per evitare di mettere a rischio la salute e la vita del paziente.

Cosicché, l’errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca a inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga a un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi. Il medico, infatti, deve valutare se occorra compiere gli approfondimenti diagnostici necessari, per stabilire quale sia l’effettiva patologia che affligge il paziente e adattare le terapie a queste plurime possibilità: fino a quando il dubbio diagnostico non sia stato risolto e non vi sia incompatibilità tra accertamenti diagnostici e trattamenti medico-chirurgici, il medico che si trovi di fronte alla possibilità di diagnosi differenziale non deve accontentarsi del raggiunto convincimento di aver individuato la patologia esistente quando non sia in grado, in base alle conoscenze dell’arte medica da lui esigibili, di escludere la patologia alternativa, proseguendo gli accertamenti diagnostici ed i trattamenti necessari.

Di guisa che l’esclusione di ulteriori accertamenti può essere giustificata esclusivamente per la raggiunta certezza che una di queste patologie possa essere esclusa ovvero, nel caso in cui i trattamenti terapeutici siano incompatibili, che possa essere sospeso quello riferito alla patologia che, in base all’apprezzamento di tutti gli elementi conosciuti o conoscibili, se condotto secondo le regole dell’arte medica, possa essere ritenuto meno probabile, sempre che la patologia meno probabile non abbia caratteristiche di maggiore gravità e possa, quindi, essere ragionevolmente adottata la scelta di correre il rischio di non curarne una che, se esistente, potrebbe però provocare danni minori rispetto alla mancata cura di quella più grave (da queste premesse, la Corte, sul ricorso della parte civile, ha annullato con rinvio al giudice civile, la posizione di un chirurgo, assolto in sede di merito dal reato di lesioni colpose, chiamato a rispondere della scelta di avere sottoposto una paziente a un intervento di isterectomia totale per via laparoscopica per una sospetta endometriosi senza che sussistesse alcuna indicazione, omettendo di compiere preliminarmente gli accertamenti strumentali, quali una risonanza magnetica dello scavo pelvico e una ecografia transvaginale con sonda ad alta frequenza, che avrebbero consentito di formulare una diagnosi corretta e sicura, o comunque di escludere l’esistenza della suddetta patologia).

Cassazione penale sez. IV, 12/11/2020, n.12968

Morte del paziente e responsabilità dei medici

Nel caso di morte ascrivibile alla responsabilità dei medici operanti nella struttura sanitaria, poiché il rapporto di spedalità (di natura contrattuale) intercorre tra il paziente e la struttura sanitaria, l’inadempimento della struttura genera esclusivamente nei confronti dell’assistito una responsabilità contrattuale, che può essere fatta valere iure hereditatis dai suoi eredi, senza che, invece, i congiunti (anche se eredi) possano agire a titolo contrattuale iure proprio per i danni da loro direttamente patiti per la perdita del rapporto parentale, potendo per tali danni essere invocata esclusivamente una responsabilità extracontrattuale.

Tribunale Terni, 10/11/2020, n.725

Le spese della consulenza tecnica

Le spese della consulenza tecnica anticipate dalla parte vittoriosa sono rimborsate con provvedimento del giudice a meno che non le ritenga eccessive o superflue. (Nel caso di specie si trattava di un errore diagnostico del medico, avendo la parte attrice depositato all’inizio solo la documentazione posta a supporto della richiesta risarcitoria nominava il consulente a seguito della nomina del perito).

Tribunale Biella, 18/08/2020, n.150

Responsabilità per errore medico

In tema di responsabilità per errore medico, ai fini della ripartizione dell’onere probatorio, il paziente deve provare innanzitutto l’avvenuto inserimento nella struttura e che il danno si sia verificato durante il tempo in cui egli vi si trovi inserito; spetta sempre al paziente l’onus di allegare (oltrechè le fasi del ricovero e del trattamento) anche l’inadempimento rappresentato dalla lesione subita, mentre la struttura dovrà dimostrare il corretto o impossibile adempimento della prestazione, dunque la sopravvenienza del caso fortuito.

L’ente ospedaliero risulta quindi esonerato dal rimprovero di responsabilità da inadempimento ex art. 1218 c.c. soltanto nel caso in cui il fatto dannoso occorso al paziente in degenza si realizzi per l’insorgenza di un fattore imprevedibile e inevitabile, ovverosia dalla causazione dell’evento lesivo da parte di un fattore umano o naturale, imprevedibile ed inevitabile, riconducibile quindi al concetto di fatalità.

Tribunale Lecce sez. I, 29/07/2019, n.2595

Obbligo giuridico di acquisire il consenso del paziente 

In tema di violenza sessuale, l’errore del medico in ordine all’esistenza di un obbligo giuridico di acquisire il consenso del paziente prima di procedere al compimento di atti incidenti sulla sua sfera di autodeterminazione della libertà sessuale, a differenza di quello sulla sussistenza di un valido consenso, costituisce errore su legge penale, a norma dell’art. 5 c.p., che non esclude il dolo, salvo che in caso di ignoranza inevitabile. (In motivazione, la Corte ha chiarito che l’errore sulla sussistenza di un valido consenso, invece, costituisce errore sul fatto, rilevante a norma dell’art. 59, comma 4, c.p.).

Cassazione penale sez. III, 22/02/2019, n.18864

La colpa lieve per imperizia esecutiva

In caso di errore medico derivante dalla fase esecutiva delle raccomandazioni contenute nelle linee guida adeguate al caso di specie, l’esercente la professione sanitaria risponde per morte o lesioni personali derivanti da attività medico chirurgica se l’evento si è verificato per colpa grave, tenuto conto del rischio da gestire e delle specifiche difficoltà dell’attività da compiere.

Nel diritto vivente, pertanto, la distinzione tra colpa lieve e colpa grave mantiene la sua attuale validità, in quanto dalla prima deriva l’irresponsabilità penale del medico. Ciò posto, l’istruttoria dibattimentale non può essere disancorata dall’acquisizione delle linee guida ministeriali alle quali la condotta del medico dovrebbe conformarsi, soprattutto alla luce della novella legislativa intervenuta con l’art. 5, legge n. 24/2017.

Cassazione penale sez. IV, 16/11/2018, n.412

Condanna alla restituzione del corrispettivo da errore medico

In tema di domanda restitutoria derivante da errore medico, occorre rilevare che se le ricevute di pagamento risultano emesse dallo studio professionale, con relativo timbro e indicazione del numero di partita IVA, ciò prova che il pagamento del corrispettivo sia stato percepito dallo studio professionale, inteso come autonomo centro d’imputazione di rapporti giuridici, e lo studio stesso, conseguentemente, deve considerarsi il legittimato passivo della domanda restitutoria, non già i singoli professionisti associati a titolo personale, i quali invece, rispetto alla domanda restitutoria, vengono in rilievo solo in quanto soggetti che hanno la rappresentanza dello studio professionale.

Tribunale Novara, 07/03/2018, n.252

Riduzione drastica del risarcimento in virtù di errore medico

Costituisce una violazione dell’art. 14 in combinato disposto con l’art. 8 Cedu la decisione dei giudici nazionali di ridurre drasticamente l’importo del risarcimento per errore medico allorché sia basata su stereotipi di età e di genere anziché su di una valutazione oggettiva dei fatti e delle prove.

Corte europea diritti dell’uomo sez. IV, 25/07/2017, n.17484

Soccorso della vittima di un sinistro stradale: l’errore dei sanitari

L’eventuale errore dei sanitari nella prestazione delle cure alla vittima di un incidente stradale non può ri tenersi causa autonoma e indipendente, tale da interrompere il nesso causale tra il comportamento di colui che ha causato l’incidente e la successiva morte del ferito: ciò in quanto l’errore medico non costituisce un accadimento al di fuori di ogni immaginazione, a maggior ragione nel caso in cui l’aggravamento della situazione clinica del ferito e la necessità di interventi chirurgici complessi risultino preventivabili in ragione della gravità delle lesioni determinate dall’incidente stradale. Piuttosto, l’interruzione del nesso causale tra condotta ed evento può configurarsi solo quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo e del tutto eccentrico rispetto a quello originario attivato dalla prima condotta, ma ciò non può affermarsi quando – come nella specie, caratterizzata da gravi lesioni subite dalla vittima dell’incidente stradale – l’eventuale comportamento negligente di un terzo soggetto trovi la sua origine e spiegazione nella condotta colposa altrui.

Cassazione penale sez. IV, 16/05/2017, n.28010

Il nesso causale fra la condotta e l’evento morte

L’approccio fondato sulla comparazione dei rischi consente di escludere l’imputazione al primo agente quando le lesioni originarie non avevano creato un pericolo per la vita, ma l’errore del medico attiva un decorso mortale che si innesta sulle lesioni di base e le conduce a processi nuovi e letali: viene creato un pericolo inesistente che si realizza nell’evento .

Cassazione penale sez. IV, 29/01/2016, n.28246

Risarcibilità del danno non patrimoniale

In considerazione dei principi in ordine al gravare dell’onere della prova, per un verso, non può dirsi raggiunta la prova liberatoria in ordine all’assenza di un errore medico e, per altro verso, non può dirsi raggiunta la prova liberatoria dell’insussistenza del nesso causale tra i possibili errori medici e l’evento dannoso patito da essa attrice devono, con riferimento ad entrambi i profili in esame (inadempimento e nesso causale), il permanere dell’incertezza necessariamente gravare sul debitore della prestazione medico-sanitaria.

Nessun dubbio può sorgere in ordine alla piena risarcibilità del danno non patrimoniale patito dall’attrice in tutte le sue componenti (e che, a soli fini descrittivi, possono identificarsi nel cd. danno biologico, sia nei suoi risvolti anatomo-funzionali che in quelli relazionali-esistenziali, e nel cd. danno morale soggettivo) avendo ella subito le conseguenze di una ipotesi di astratta rilevanza penale incidente direttamente sul diritto, costituzionalmente tutelato, alla salute.

Tribunale Teramo, 14/10/2015, n.1376

Lesioni micropermanenti: valutazione equitativa

Ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, poiché per i sinistri stradali e i casi di errore medico trova applicazione l’art. 139 cod. ass. non vi è più alcuna ragione per trattare diversamente le altre fattispecie da cui conseguano lesioni micropermanenti. Evidenti ragioni di uguaglianza e di necessità di garantire lo stesso trattamento alle identiche fattispecie impongono di trattare allo stesso modo qualsiasi ipotesi di micropermanente.

Ne consegue che, dovendosi procedere ad una liquidazione del danno secondo equità, appare preferibile fare riferimento ai criteri dettati dal legislatore (ormai in due fattispecie), piuttosto che optare per quelli elaborati dalla giurisprudenza (nel caso concreto, ad un danno alla persona cagionato da cose in custodia, si sono applicati i criteri previsti dall’art. 139 cod. ass. e non quelli tabellari elaborati presso il Tribunale di Milano).

Tribunale Torino sez. IV, 16/10/2014, n.8105

Dimissione del paziente in fin di vita

Se al primo tragico errore medico, causa dell’evento, sia seguito errore di altro sanitario, successivamente intervenuto, la condotta sopraggiunta, salvo i casi dell’eccezionalità e dell’imprevedibilità, giammai può costituire causa sopravvenuta escludente il rapporto di causalità (nella specie, la Corte ha ritenuto che la decisone di dimettere il paziente in fin di vita non aveva fatto venir meno la colpa del medico che aveva sbagliato la diagnosi).

Cassazione penale sez. IV, 27/06/2013, n.35828

Errore medico e morte di un paziente minore

Nel giudizio di responsabilità amministrativa (nella specie, per errore medico con esito di morte di un paziente minore), la gradazione della responsabilità fra i concorrenti nella produzione del danno riguarda l’incidenza causale dei comportamenti nella verificazione del fatto dannoso e non la misura della colpa grave, comune a tutti i concorrenti.

Corte Conti, (Sicilia) sez. reg. giurisd., 23/01/2012, n.18

La pretesa risarcitoria del paziente

L’art. 12, comma 2, d.l. 19 settembre 1987 n. 382, convertito con modificazioni nella legge n. 456 del 1987, nel ripianare le posizioni debitorie delle unità sanitarie locali ha disposto la successione ope legis di queste ultime nelle «partite in sospeso», vale dire nei rapporti obbligatori – diversi da quelli indicati negli art. 8 e 10 del medesimo decreto – già facenti capo ai comuni e sorti prima dell’istituzione delle unità sanitarie locali.

Per effetto di tale norma le unità sanitarie locali sono divenute passivamente legittimate rispetto alla pretesa risarcitoria del paziente che abbia patito danni, in conseguenza di un errore medico, prima che venissero loro trasferite le competenze in materia di assistenza e cura, già attribuite ai disciolti enti ospedalieri.

Cassazione civile sez. III, 03/07/2008, n.18220

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Pubblicato : 16 Dicembre 2022 05:30