Eredità: il figlio convivente deve restituire la parte di pensione che ha ricevuto?
Le somme ricevute da un genitore convivente non costituiscono donazioni ma aiuti economici: non sono quindi anticipazione della quota legittima.
Quando una persona riceve somme di denaro da un genitore con cui vive, in che modo queste somme influenzano la divisione dell’eredità? Vanno considerate “anticipazioni” della quota di legittima o no? L’ordinanza 18814 del 4 luglio 2023 della Corte di Cassazione ha risposto a questa domanda, rilevando l’importanza della convivenza nella qualificazione di tali somme come donazioni o conferimenti vicendevoli.
In questo articolo vedremo dunque se i soldi dati al figlio convivente si considerano eredità e, dunque, in definitiva, se il figlio convivente deve restituire la parte di pensione che ha ricevuto. Ma procediamo con ordine.
Perché le donazioni si considerano un’anticipazione dell’eredità?
La legge stabilisce che una parte del patrimonio di ogni persona debba per forza essere lasciata in eredità agli eredi legittimari ossia al coniuge e ai figli (o, in assenza dei figli, ai genitori).
Per evitare che, in vita, si possano fare delle donazioni volte a violare tale regola e a intaccare le quote dovute ai legittimari, la legge stabilisce che, nel caso in cui vi sia stata una lesione della quota di legittima, gli eredi legittimari – entro 10 anni dall’apertura della successione – possono agire non solo contestando l’eventuale testamento ma anche le donazioni fatte dal defunto in vita, facendole revocare.
Proprio a tal fine, la donazione fatta da un genitore a un figlio si considera come una anticipazione della quota legittima. In altri termini, quando al decesso di una persona si verifica se questa ha rispettato le quote dei legittimari, si prendono in considerazione le donazioni che questi ultimi hanno ricevuto dal defunto. Questa “imputazione” va sotto il nome di “collazione”.
Così, la verifica della legittima si fa tenendo conto:
- della ripartizione dell’eredità avvenuta con un eventuale testamento o, in difetto, secondo le regole della legge;
- delle donazioni ricevute dal defunto quando ancora era in vita.
La vicenda
Nel caso in questione, i fratelli di Tizia hanno fatto causa a quest’ultima accusandola di aver ricevuto in vita dalla madre, con cui conviveva, diverse donazioni che avrebbero violato la loro quota legittima di eredità. Tizia ha opposto che le somme ricevute erano legate alla convivenza e non costituivano donazioni.
La Cassazione ha accolto il ricorso di Tizia, affermando che le somme ricevute dalla madre non erano da considerare donazioni ma piuttosto conferimenti dovuti alla convivenza.
Quali donazioni non si calcolano nell’eredità?
Per capire meglio, immaginiamo una famiglia in cui il figlio convive con il padre anziano, aiutandolo nella gestione della casa e nella vita quotidiana. Se il padre decide di dare al figlio una somma di denaro per il suo sostegno, secondo la Cassazione, questa somma non sarà considerata una donazione ma un conferimento dovuto alla convivenza. E questo perché è naturale – anzi d’obbligo – che, nell’ambito del rapporto di convivenza, ci si presti reciproco sostegno economico. È il dovere di contribuzione ai bisogni familiari che è implicito nella Costituzione. Pertanto, questa somma non rientrerà nell’eredità e non potrà essere considerata nella divisione della quota legittima.
Risultato: se un figlio convivente utilizza per sé una parte della pensione del genitore convivente, con il consenso di questi, non sta ricevendo una donazione; pertanto, tali somme non rientrano nel calcolo della legittima.
Al contrario, rientrano nell’eredità le elargizioni di denaro fatte con lo specifico intento di effettuare una donazione. Il che si può intuire dall’entità dell’importo (quando cioè esorbita dalle esigenze quotidiane) e dalle modalità di erogazione dello stesso (si pensi a un bonifico effettuato con causale “donazione”).
Quali sono le conseguenze della decisione della Cassazione?
La decisione della Corte di Cassazione ha un impatto significativo sulla comprensione e gestione delle somme ricevute da un genitore in vita. Essendo considerate come conferimenti vicendevoli, queste somme non entrano nel calcolo dell’eredità e quindi non incidono sulla quota legittima degli eredi. Questo principio risulta particolarmente rilevante in quelle situazioni dove la convivenza è presente, come nel caso di genitori anziani che convivono con uno dei figli.
Come si possono gestire le somme elargite da un genitore in vita al figlio convivente?
A seguito della decisione della Cassazione, è consigliabile che sia il genitore che il figlio tengano traccia di queste somme, evidenziando il loro legame con la convivenza. Questa documentazione potrebbe rivelarsi utile nel caso di una futura disputa legale sull’eredità.
Tutte le donazioni dovranno essere effettuate con strumenti tracciabili e con apposita causale.
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