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Eredità e immobili: come si divide la proprietà

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(@paolo-remer)
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Come i coeredi possono spartirsi i beni immobili ricevuti in eredità: divisione consensuale o giudiziale? Tempi, costi, procedura e tasse da pagare. 

Capita spesso che i coeredi non riescano a mettersi d’accordo su come spartirsi tra loro i beni ricevuti in comproprietà. Il caso tipico è quello di fratelli e sorelle che hanno ereditato immobili dai loro genitori: fabbricati e terreni hanno un diverso valore – non solo affettivo, ma soprattutto economico – ed è difficile ripartirli in quote uguali, specialmente se manca il testamento. E allora si tratta di capire, se l’eredità comprende beni immobili, come si divide la proprietà.

In ogni caso, all’atto pratico, la comunione forzosa, che sorge tra i coeredi per quote ideali, non soddisfa praticamente nessuno, perché impedisce di disporre degli immobili in modo autonomo, come proprietari esclusivi: invece in tale situazione qualunque intervento va concordato con gli altri, e così sorgono frequenti dissidi e opposizioni. Allora gli eredi litigano sul modo in cui spartirsi questi beni, e spesso occorre avviare una causa di divisione ereditaria giudiziale. Se invece c’è un’accordo volontario, con un’intesa sulle modalità di divisione consensuale, non si arriva a questa fase contenziosa, e si risparmia molto tempo e parecchie spese.

Divisione giudiziale: cos’è e come funziona?

La divisione giudiziale è il procedimento contenzioso disciplinato dall’art. 713 del Codice civile, in base al quale «i coeredi possono sempre domandare la divisione»; dunque, non vi sono termini legati all’accettazione di eredità, e la domanda – che si propone con atto di citazione da parte di un coerede nei confronti degli altri – può essere formulata in qualsiasi tempo, anche a distanza di molti anni dal decesso del dante causa. La richiesta di scioglimento della comunione – anche di quella non ereditaria – è, infatti, imprescrittibile (art. 1111 Cod. civ.).

Ciascuno dei coeredi ha, quindi, la facoltà di domandare la divisione giudiziale, e ciò avviene nei casi in cui si desidera sciogliere la comunione ereditaria esistente, per quote di proprietà indivisa, su terreni e fabbricati ricevuti in eredità, ma non si riesce, per vari motivi, a realizzare una divisione consensuale, con l’accordo delle parti. In effetti, la divisione amichevole – che viene realizzata con un contratto, stipulato con l’assistenza del notaio, trattandosi di proprietà immobiliari che per il trasferimento richiedono l’atto pubblico – è molto più economica e rapida di quella giudiziale, per la quale, come vedremo ora, le spese possono essere ingenti.

Come si dividono i beni in base al loro valore?

A livello tecnico, una delle attività più complesse è la valutazione della massa ereditaria, che richiede di quantificare il valore complessivo dei beni lasciati in eredità per poter operare la corretta divisione nelle quote spettanti a ciascuno dei coeredi: quasi sempre il valore dei singoli fabbricati e terreni è diverso, e quindi non è possibile attribuirli semplicemente uno per uno, in maniera diretta, ai vari coeredi, e occorre invece operare un conguaglio di valore. Facciamo un semplice esempio.

Tre figli hanno ricevuto in eredità tre case: una vale 60mila euro, un’altra 100mila e la terza 140mila. Non si può assegnarne una per ciascuno, altrimenti la divisione non sarebbe equa: perciò, chi riceverà l’immobile di valore maggiore dovrà versare un conguaglio in denaro al fratello che ha ricevuto quello di valore minore, per ripristinare le corrette proporzioni (100mila euro ciascuno).

Quanto costa una divisione giudiziale?

I costi di una divisione giudiziale immobiliare possono essere ingenti, perché comprendono le spese legali (costi di notifica degli atti, marche da bollo, ecc.), il contributo unificato da pagare allo Stato per avviare la causa (l’importo varia in relazione al valore dei beni da dividere), l’onorario degli avvocati (che spesso sono diversi, almeno uno per ciascuna delle parti coinvolte) e, soprattutto, i costi della perizia di divisione immobiliare, svolta dal consulente tecnico d’ufficio incaricato dal giudice; questo professionista deve effettuare sopralluoghi e visure per constatare lo stato degli immobili e stabilire il valore di ciascuno. In tal caso, possono aggiungersi anche le parcelle dei rispettivi consulenti di parte che gli eredi hanno inteso nominare per controllare l’operato del Ctu e formulare controdeduzioni.

Inoltre, la divisione giudiziale può comportare, nei casi più controversi e che non sono risolvibili con l’attribuzione diretta dei vari beni ai comunisti coeredi, la vendita giudiziaria degli immobili, che saranno messi all’asta con distribuzione della somma ricavata agli aventi diritto, che quindi riceveranno il denaro anziché i beni immobili. In tali situazioni, c’è l’ulteriore aggravio dei costi da sostenere per la pubblicità della vendita immobiliare e per le spese di custodia giudiziaria, da corrispondere al professionista nominato dal giudice come incaricato del compimento delle operazioni (solitamente un avvocato, un dottore commercialista o un notaio).

Divisione giudiziale: la liquidazione delle spese

La liquidazione delle spese della divisione giudiziale viene fatta dal giudice nella sentenza che definisce la causa. Di norma, però, i costi sono già stati anticipati dalle parti che li hanno sostenuti. Anche nelle divisioni giudiziali, come in tutte le cause civili, vale il criterio della soccombenza, in base al quale la parte che perde – cioè chi ha visto dichiarare infondate le proprie domande – è condannata a pagare interamente le spese di giudizio. In questo modo, la parte vittoriosa potrà agire nei confronti del soccombente per recuperare l’ammontare delle spese liquidate in sentenza.

Se invece, come spesso accade, c’è soccombenza reciproca (perché alcune domande sono state accolte ed altre respinte), il giudice potrà compensare, in tutto o in parte le spese. Con la compensazione le varie voci di spesa rimangono definitivamente addossate in capo a chi le ha sostenute, senza possibilità di ottenere il rimborso dalle altre parti in causa.

Divisione giudiziale: tassazione

La tassazione della divisione giudiziale che si è conclusa con sentenza è quella prevista per i trasferimenti immobiliari: quindi, si paga l’imposta di registro con l’aliquota dell’1% sul valore dell’immobile (calcolato in base alla rendita catastale rivalutata), le imposte ipotecarie e catastali (pari a 200 euro ciascuna) e le spese di registrazione della sentenza.

Secondo la giurisprudenza, le imposte derivanti dalla divisione giudiziale sono dovute non soltanto da chi è divenuto proprietario dei beni assegnati, ma da tutti i condividenti, in solido tra loro: quindi, l’Agenzia delle Entrate potrà agire nei confronti di ciascuno di essi per richiederle coattivamente, in caso di mancato pagamento spontaneo. Gli eventuali conguagli in denaro ricevuti dai condividenti sono tassati secondo le regole della compravendita se superano il 5% della quota ereditaria di spettanza.

Per approfondire leggi gli articoli “Divisione ereditaria: tassazione” e “La divisione giudiziale di un immobile: chi paga le tasse sul trasferimento?“. Ricorda, infine, che oltre a tutto ciò bisogna anche effettuare le volture catastali per aggiornare gli intestatari dei beni immobili assegnati con la divisione giudiziale.

 
Pubblicato : 25 Agosto 2023 08:15