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È possibile stipulare un contratto di locazione ad uso promiscuo?

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(@angelo-greco)
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Affitto a uso abitativo, ufficio o commerciale: l’uso misto è possibile ma bisogna individuare qual è la destinazione prevalente ai fini dell’applicazione della relativa normativa.

Nella redazione di un contratto di affitto, locatari e locatori godono della libertà di concordare che dell’immobile sia destinato a uso abitativo o commerciale. Ma è possibile stipulare un contratto di locazione a uso promiscuo (anche detto “misto”)? Si pensi a un avvocato che voglia prendere in affitto un appartamento e destinarne una parte a studio professionale. Quale sarà, in questi casi, la disciplina applicabile? Quale la durata, il trattamento fiscale, i diritti e i doveri delle parti?

La normativa vigente relativa alle locazioni non vieta la possibilità di stipulare a un affitto misto lasciando così spazio agli accordi tra le parti per quanto riguarda l’uso combinato dell’immobile. Cerchiamo di comprendere meglio come dovranno dunque comportarsi locatore e inquilino.

Normativa applicabile

Nonostante le leggi 392/1978 e 431/1998 non menzionino specificatamente la locazione per uso promiscuo, non esiste alcun divieto per le parti di stabilire un utilizzo dell’immobile per più scopi.

La questione richiede di individuare quale normativa sia pertinente in questi casi, dato che la destinazione dell’immobile determina il regime legale applicabile. Bisogna cioè capire se si devono applicare le norme sulla locazione a uso abitativo o quelle a uso commerciale (che, come noto, prevedono una durata superiore).

La giurisprudenza ha chiarito che in tali casi bisogna far riferimento al cosiddetto “uso prevalente” (art. 80, comma 2, della legge 392/1978) secondo il quale il contratto di affitto deve regolato dalla normativa relativa all’uso predominante dell’immobile.

Resta comunque l’obbligo di registrare il contratto a pena di nullità assoluta.

Le parti sono libere di indicare nel contratto che l’immobile viene destinato a uso promiscuo, specificando quale sarà l’uso prevalente dello stesso (Cassazione Civile, Sezione III, sentenza n. 20331/2006).

Questa flessibilità si applica nei casi in cui un immobile è destinato a molteplici funzioni, ad esempio una parte adibita ad abitazione e l’altra a uso diverso, senza che sia possibile separarle fisicamente, o nel caso in cui il locatario utilizza lo stesso spazio sia per abitare che per lavorare.

Come si stabilisce la prevalenza d’uso?

In merito alla prevalenza d’uso, la giurisprudenza ha chiarito che non è sufficiente basarsi unicamente sulla dimensione degli spazi destinati ai diversi usi per determinare quale prevalga. La valutazione deve tenere conto dell’importanza, soprattutto economica, di ciascuna utilizzazione. Ad esempio, nel caso di un’abitazione annessa a una panetteria, la prevalenza dell’uso commerciale è stata riconosciuta per la sua maggiore rilevanza economica.

Le parti possono specificare, nel contratto di locazione ad uso promiscuo, quale sia la prevalenza di un uso rispetto all’altro, a seconda delle necessità.

Se ciò non è stato specificato in modo chiaro, in caso di controversia tra le parti, il giudice deve prima verificare l’intenzione delle parti riguardo all’uso dell’immobile e, solo se emerge una prevalenza d’uso effettiva diversa da quella convenuta, può valutare questo aspetto per determinare il regime legale applicabile.

Locazione a uso plurimo

Dalla locazione a uso promiscuo dobbiamo distinguere la locazione a uso plurimo. Ciò avviene in quelle situazioni in cui l’immobile, pur sembrando unico, è composto in realtà da locali autonomi destinati a usi diversi, ciascuno dotato di una propria indipendenza. In tal caso bisognerà assoggettare ciascun locale alla normativa specifica prevista per l’uso che di esso si fa. Questo vale anche per la locazione di unità immobiliari distinte nello stesso edificio, ognuna con una propria destinazione d’uso.

Condizioni e durata delle locazioni miste

Nel caso di affitto di immobili urbani, la durata minima stabilita per gli accordi non può essere inferiore a sei anni, se gli spazi sono destinati alle seguenti attività:

  • industriali, commerciali, artigianali;
  • professionali, di lavoro autonomo;
  • di interesse turistico.

Per le strutture adibite a servizi ricettivi, anche se ammobiliate, la durata minima si estende a nove anni.

Le regole per la disdetta impongono un preavviso di 18 mesi per le attività ricettive e di 12 mesi per le altre categorie.

Il contratto può prevedere la facoltà per il conduttore di recedere in qualsiasi momento, purché comunichi la sua decisione al locatore tramite lettera raccomandata con almeno sei mesi di anticipo.

Inoltre, in presenza di “gravi motivi” sopravvenuti e non imputabili alla volontà del conduttore, che rendano particolarmente onerosa la prosecuzione del contratto, il recesso è sempre possibile con lo stesso preavviso. Questi gravi motivi devono essere valutati in relazione all’attività svolta nell’immobile oggetto del recesso. In caso di contestazione, spetterà al giudice stabilire la legittimità e la gravità dei motivi addotti per la risoluzione anticipata del contratto.

Spese condominiali

Per le locazioni non abitative, la legge prevede che il conduttore debba sostenere solo le spese per i servizi di cui ha effettivamente usufruito. Di conseguenza, qualsiasi clausola contrattuale che obblighi il conduttore al pagamento di spese straordinarie o oneri accessori per servizi non fruibili è considerata nulla. Questi non deve quindi pagare le spese condominiali per servizi non estesi ai locali commerciali o non fruibili direttamente dal conduttore.

Cedolare secca

Fino al termine del 2019, era possibile applicare la cedolare secca, con un’aliquota del 21%, alle locazioni di immobili a uso commerciale di superficie non superiore ai 600 mq. Questa opzione non è stata prorogata per il 2020, rendendo necessario il ritorno al regime fiscale ordinario per tali locazioni.

Nonostante le richieste di proroga dell’aliquota ridotta, attualmente le locazioni commerciali sono soggette alle consuete aliquote IRPEF, oltre alle imposte di registro e di bollo.

In sintesi

Le locazioni ad uso promiscuo, che combinano elementi residenziali e commerciali, sono perfettamente lecite e realizzabili, a patto che si identifichi chiaramente l’uso prevalente dell’immobile, basandosi su una valutazione che consideri principalmente l’aspetto economico delle diverse destinazioni. Questo permette di definire il regime giuridico più appropriato per il contratto in questione, garantendo la corretta applicazione delle normative fiscali e contrattuali.

 
Pubblicato : 26 Febbraio 2024 18:15