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È legittimo il licenziamento retrodatato?

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(@angelo-greco)
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Può il datore di lavoro comunicare al dipendente il licenziamento con effetto retroattivo ossia a decorrere da una data anteriore alla comunicazione stessa?

In passato esisteva il fenomeno delle cosiddette “dimissioni in bianco”: un foglio che il datore di lavoro faceva firmare al dipendente con cui questi, in anticipo e senza apporre data, dichiarava le proprie dimissioni. Tale documento veniva utilizzato all’occorrenza per far risolvere il rapporto di lavoro, evitando i rischi del licenziamento.

A tale pratica illegittima si è ovviato imponendo la procedura di dimissioni telematiche, tramite comunicazione online all’Inps. Tuttavia ci si chiede se sia corretto il comportamento del datore di lavoro che comunichi al dipendente il licenziamento facendo decorrere gli effetti da una data anteriore rispetto alla stessa comunicazione. È legittimo il licenziamento retrodatato?

Ipotizziamo il caso di un datore di lavoro che invii la lettera di licenziamento in data 1° febbraio, facendo tuttavia presente al dipendente che il licenziamento si deve intendere decorrente dal 1° gennaio.

Ecco cosa dice, a riguardo, la legge.

Come avviene il licenziamento

Il licenziamento è valido solo se viene comunicato al lavoratore in forma scritta, specificando la data di cessazione del rapporto di lavoro.

Il datore di lavoro deve concedere al lavoratore un periodo di preavviso, la cui durata varia in base al tipo di contratto e all’anzianità lavorativa. Il preavviso può essere omesso solo in caso di licenziamento per giusta causa: tale è quello conseguente a un comportamento così grave del dipendente da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro neanche per un solo giorno.

Scopo del preavviso è garantire al dipendente un “periodo cuscinetto” entro cui poter organizzare il proprio futuro. Il preavviso può essere evitato solo corrispondendo al lavoratore una apposita indennità (appunto l’indennità di mancato preavviso).

Da quando ha efficacia il licenziamento?

È principio consolidato quello secondo cui la comunicazione di licenziamento produce i suoi effetti nel momento in cui giunge a conoscenza della controparte. Si tratta infatti di un “atto ricettizio”, ossia i cui effetti sono appunto legati alla conoscibilità dello stesso. È il datore di lavoro a dover dimostrare di aver rispettato la forma scritta e la consegna della lettera al dipendente (a tal fine basterà l’avviso di giacenza del postino se questi non ha potuto consegnare la raccomandata per momentanea assenza del destinatario).

Dal giorno successivo a quello del ricevimento della lettera di licenziamento decorre il termine di 60 giorni, previsto a pena di decadenza, per l’impugnazione da parte del lavoratore. In altre parole, il lavoratore avrà 60 giorni di tempo per contestare il licenziamento. Scaduto tale termine, non potrà più farlo.

Si può far retroagire il licenziamento?

Da quanto appena detto si intuisce agevolmente che è illegittima la pratica di far retroagire il licenziamento a una data anteriore rispetto a quella della comunicazione, privando peraltro il dipendente del preavviso.

Nel caso in cui il datore di lavoro abbia fatto retroagire il licenziamento, il lavoratore può contestare la retrodatazione della cessazione del rapporto e chiedere il decorso del preavviso non dal giorno di spedizione della raccomandata, ma da quello della sua ricezione.

In alternativa, è consigliabile, qualora non si trovi un accordo che sani la situazione mediante il pagamento di un’ulteriore parte del preavviso residuo non facendo “lavorare” il dipendente, procedere a una nuova comunicazione di rettifica, con la quale spontaneamente l’azienda modifica i termini della risoluzione nei confronti del lavoratore e delle competenti strutture amministrative.

 
Pubblicato : 27 Marzo 2024 09:16