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È legittimo il licenziamento anche senza danni all’azienda?

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(@angelo-greco)
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Dipendente attesta falsamente la presenza con il sistema del cartellino (badge) ma viene licenziato: nessun danno all’azienda per il comportamento illegittimo.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30418 del 2 novembre 2023, ha stabilito un interessante precedente in tema di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro. Il problema che si era posto all’attenzione dei giudici supremi è se è legittimo il licenziamento anche senza danni all’azienda. In altri termini, quando il comportamento del dipendente, seppur rivesta gli estremi dell’illecito disciplinare, non abbia determinato alcuna conseguenza negativa al patrimonio, all’organizzazione o all’immagine del datore di lavoro, è possibile applicare la sanzione disciplinare più grave prevista dall’ordinamento oppure bisognerebbe irrogare una pena meno severa?

Per comprendere meglio la risposta fornita dalla Suprema Corte, dobbiamo confrontarci con il caso specifico.

La vicenda

Il caso riguarda una dipendente pubblica licenziata per aver falsamente attestato la propria presenza in servizio, omettendo di timbrare il cartellino durante le pause pranzo.

A riguardo è essenziale sapere cosa prevede l’art. 55 quater del d.lgs. n. 165 del 2001. Tale norma considera gravemente sanzionabili le false attestazioni della presenza in servizio, includendo anche l’omissione della timbratura del cartellino.

Qual è stata la decisione della Corte di Cassazione?

La Corte ha confermato la legittimità del licenziamento già statuita in primo e secondo grado, sostenendo che la violazione ripetuta delle regole costituisce un danno all’immagine dell’Amministrazione e incide sulla fiducia.

Cos’è la valutazione sulla proporzionalità del licenziamento?

Il licenziamento resta pur sempre l’ultima spiaggia, l’estrema sanzione che il datore di lavoro deve adottare solo quando il rapporto di fiducia è rotto irrimediabilmente. Insomma, vi deve essere la presunzione che la prestazione lavorativa non venga più fornita con la stessa correttezza e trasparenza che è legittimo attendersi da un dipendente.

Dunque, ai fini della legittimità del licenziamento, bisogna valuta se il comportamento del lavoratore, benché non abbia causato danni patrimoniali evidenti, sia comunque tale da ledere l’affidamento che il datore di lavoro ripone nel proprio dipendente.

La Corte valuta la gravità della condotta del lavoratore, considerando se le azioni possano pregiudicare la fiducia e l’adempimento futuro dei doveri lavorativi.

Qual è l’importanza del danno patrimoniale nella valutazione del licenziamento?

La Corte ha stabilito che l’entità del danno patrimoniale non è l’unico criterio per valutare la legittimità del licenziamento. Conta anche la potenziale minaccia alla fiducia e all’immagine dell’ente.

Dunque, è astrattamente legittimo il licenziamento anche senza danni all’azienda. Si pensi al caso di un dipendente che pubblichi su Facebook un post denigratorio nei confronti del proprio datore di lavoro: tale condotta è stata più volte ritenuta passibile di licenziamento, indipendentemente dal numero di persone (e dalla loro qualifica) che hanno letto l’esternazione.

Dunque, il danno all’azienda è sì uno degli elementi che possono concorrere a valutare la gravità della condotta ai fini del licenziamento, ma non l’unico.

Nel caso di specie, trattandosi di un rapporto di lavoro di pubblico impiego, veniva lesa l’immagine della Pubblica Amministrazione, che non può generare nei contribuenti l’idea di inefficienza.

 
Pubblicato : 4 Dicembre 2023 12:15