È furto rubare un oggetto per vendetta o dispetto?
Ridefinito dalle Sezioni Unite della Cassazione il concetto di profitto che deve caratterizzare il furto. È ladro anche chi agisce per ripicca.
Senza bisogno di scomodare complicate definizioni giuridiche, anche l’uomo comune associa la figura del ladro a quella di un uomo che agisce per un tornaconto personale: arricchirsi, avvantaggiarsi dell’oggetto altrui, trarne un’utilità di tipo economico (anche solo derivante dal semplice uso). Nessuno, dotato di buon senso, definirebbe ladro colui che agisce, ad esempio, per fare uno scherzo.
Ma, in mezzo a questi due estremi, ci sono tante zone grigie. Possiamo definire ladro chi sottrae una cosa al proprietario solo per fargli uno spregio? In altri termini è furto rubare un oggetto per vendetta o dispetto?
Dopo una lunga incertezza che ha caratterizzato la giurisprudenza, finalmente la Cassazione a Sezioni Unite ha fornito la risposta “definitiva” (per quanto questo aggettivo debba sempre essere preso con le pinze quando si ha a che fare con le aule di giustizia).
Per comprendere meglio la questione, immaginiamo un litigio tra vicini di casa. Si alzano i toni e, uno dei due, decide di chiamare i carabinieri. L’altro, per evitarglielo, gli strappa di mano il cellulare. Difficile mettere in dubbio che la tale condotta violenta possa integrare un reato. Ma quale tipo di reato? Si può parlare di furto o solo di violenza privata?
Ipotizziamo un altro caso, invero assai ricorrente. Immaginiamo che tra due ex coniugi non corra buon sangue. Un giorno l’uomo, tornato nella precedente dimora solo per prendere le sue cose e portarle via, decide di vendicarsi nei confronti della ex moglie, prelevandole un paio di vestiti dall’armadio che le aveva regalato e nascondendogli nel proprio appartamento. Di nuovo torna a galla l’interrogativo precedente: si può parlare, in questo caso, di furto?
I dubbi appena evidenziati forse non emergerebbero se la norma del codice penale che descrive il furto non contenesse una piccola “postilla” rivolta a definire meglio la condotta del reo: è un ladro chi sottrae la cosa mobile al suo legittimo proprietario «al fine di trarne profitto». Il concetto di profitto si pone dunque come “condizione” per poter parlare di furto. «Precisazione sciocca» direbbe qualcuno: si sa che il ladro agisce sempre per un vantaggio personale. Ma non è così scontato e gli esempi che abbiamo fatto ne sono la dimostrazione.
Dunque è proprio qui che casca l’asino: cosa si intende per “profitto”? Il movente che deve muovere il ladro è solo di tipo economico? Si può definire ladro anche chi sottrae la “cosa mobile altrui” solo per ripicca, vendetta o dispetto?
Fra l’altro – e solo per inciso affinché non spezzi le fila del discorso – è interessante sapere che, nel furto, basta il cosiddetto “dolo specifico”: non occorre cioè che il reo consegua materialmente il profitto sperato, che resta solo una proiezione finalistica. Basta quindi la semplice intenzione, al di là del risultato ottenuto.
Sul punto – dicevamo – è intervenuta la Cassazione che, con la sentenza n. 41570/2023 del 12 ottobre 2023, ha detto che si può rubare anche per trarre un profitto di tipo morale, non necessariamente di carattere patrimoniale. Il concetto di profitto insomma, necessario per integrare il furto, può essere qualsiasi tipo di utilità: come ad esempio vendicarsi senza l’intenzione di arricchirsi economicamente. Anche la ritorsione nei confronti della vittima integra quindi un profitto. E dunque fa scattare il reato di furto.
Così anche l’ex marito che entra in quella che prima era la casa coniugale per prendere le sue robe e, per fare un dispetto all’ex moglie, le porta via dei vestiti che le aveva regalato, non certo per indossarli ma per farle un dispetto risponde di furto.
Secondo la Suprema Corte, l’utilità che è il movente del ladro può essere qualsiasi tipo di vantaggio, patrimoniale o non patrimoniale. Può consistere ad esempio nel soddisfacimento di un bisogno psichico, come appunto una rivalsa, la vendetta, il dispetto. Sono tutti vantaggi indiretti che trae il ladro.
E d’altronde nel sistema dei delitti contro il patrimonio la nozione di profitto non può che essere calibrata sul vantaggio che l’autore intende trarre dall’impossessamento della cosa.
È chiaro che una definizione di questo tipo allarga le maglie del reato di furto finendo per ricomprendere in esso anche condotte che, nel comune sentire, non sono associate all’immagine di un ladro. Ma questa è la legge.
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