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Droga: confine tra spaccio e uso personale

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(@gianluca-scardaci)
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Non è sempre facile capire quando si è in presenza dell’una o dell’altra modalità di destinazione 

In tema di droghe, qual è il confine tra spaccio e uso personale? La risposta segna anche la linea di demarcazione tra illecito penale (nel primo caso) e amministrativo (nel secondo).

Ebbene, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, in tema di stupefacenti, la prova della assegnazione della sostanza ad uso personale, come quella della sua destinazione allo spaccio, può essere desunta da qualsiasi elemento o dato indiziario che, con rigore, univocità e certezza, consenta di dedurne la sussistenza attraverso un procedimento logico, adeguatamente fondato su corrette massime di esperienza.

Spesso capita nelle aule di giustizia, però, di dover giudicare, o meglio difendere, persone tratte in arresto per ipotesi di spaccio di sostanze stupefacenti, del tipo marijuana, anche quando le dinamiche della vicenda lasciano forti dubbi. Di fronte al dubbio sulla rilevanza penale o amministrativa, i giudici preferiscono aderire alla prima delle due opzioni, senza ragionamenti, il più delle volte senza motivazione, o comunque a mezzo di una motivazione apparente, convinti che saranno poi altri giudici, solitamente quelli dei gradi successivi, a correggere eventuali errori. Ciò, oltre a essere terribilmente ingiusto e a intasare ancor di più la macchina giudiziaria, dimostra che l’autorità giudiziaria giudica più sulla scorta del proprio intimo convincimento e non in base al libero convincimento, ossia quello che emerge dagli indizi o dalle prove in proprio possesso. Eppure gli strumenti per cogliere se si è in presenza di spaccio o uso personale di droga sono estremamente chiari e specifici e attraverso quelli è possibile giungere alla verità processuale, che è l’unica che conta.

Qual è la prova della finalità di spaccio?

Essa, che spetta all’accusa, esclude evidentemente l’uso personale della droga e, dunque, l’integrazione dell’elemento negativo del fatto di reato, la cui presenza rende non penalmente rilevante la condotta consistente nella detenzione della sostanza stupefacente.

Gli indici, declinati dalla legge o delineati dalla giurisprudenza che devono essere valutati ai fini dell’ottenimento della prova della finalità di spaccio possono essere individuati nell’eventuale stato di tossico dipendenza dell’imputato e del suo relativo grado; nel contesto ambientale nel quale egli vive; negli eventuali suoi rapporti con soggetti implicati nel traffico; nella capacità patrimoniale dell’imputato in rapporto allo stupefacente detenuto e ai prezzi del mercato; nella quantità e qualità dello stupefacente in rapporto alle esigenze personali del soggetto agente, nonché in rapporto al processo di naturale scadimento degli effetti droganti e alle difficoltà di conservazione per un tempo particolarmente lungo; nelle modalità di custodia e frazionamento della sostanza; nelle modalità in cui è avvenuto l’accertamento del fatto; nel possesso dello strumentario tipico dello spacciatore. Chiaramente non è richiesta l’integrazione di tutti i predetti indici per ritenere l’esistenza del fine di spaccio. Ciò consente di affrontare il secondo aspetto di questo articolo.

Quando si può parlare di uso personale?

A ben guardare, gran parte degli elementi sopra descritti, utili secondo la giurisprudenza a ravvisare la finalità di spaccio, potrebbero anche essere sintomatici di un uso personale, specie quando si parla di marijuana e solo di quella. Anche in questo caso, infatti, il soggetto agente è un tossico dipendente, magari in possesso di una certificazione rilasciata dal SERT, vive in determinati quartieri ad alta intensità delinquenziale e conosce i soggetti che si occupano di spaccio; anche il soggetto tossico dipendente può rifornirsi di tanta sostanza per evitare di fare diversi viaggi di approvvigionamento, può dividere in dosi la sostanza per evitare di uscire con l’intero involucro per strada. Gli unici elementi, su cui quindi potrebbe discutersi, sono la capacità patrimoniale rispetto allo stupefacente trovato, atteso che in effetti un soggetto con minore capacità non può certamente possedere diverse centinaia di grammi di sostanza, e la presenza in casa di strumenti tipici dell’attività di spaccio, più in particolare rappresentati dal bilancino di precisione e dalle bustine per confezionarlo.

Anche in questo caso, però, come detto, potrebbe obiettarsi qualcosa perché, per esempio, un soggetto benestante e quindi in possesso della possibilità di acquistare per uso personale una buona quantità di sostanza, potrebbe possedere un bilancino di precisione al fine di riscontrare l’esatta rispondenza di quanto acquistato, così come il ritrovamento di una cospicua somma di denaro presso l’abitazione dell’imputato, nella quale non si trovano né il bilancino di precisione né tanto meno le bustine , non induce a dare per scontata l’esistenza di una ipotesi di spaccio.

Conclusioni

Ogni vicenda è diversa dall’altra, ogni episodio contestato contiene elementi differenti e non tutti sintomatici della medesima presa di posizione, legata allo spaccio, spesso privilegiata dai giudici in occasione della redazione di preconfezionate sentenze di condanna. È utile quindi, in presenza di vicende del genere, come tante ne capitano in giro per i Tribunali, scomporre i singoli elementi e contestarne eventualmente l’univocità, o meglio la presunta univocità, in luogo di una visione certamente più garantista, accertandosi che la eventuale sentenza di condanna per spaccio  spieghi dettagliatamente e in maniera logica e coerente, i passaggi motivazionali, in assenza dei quali essa sarà viziata di illegittimità. La differenza tra lo spaccio di sostanze stupefacenti e l’uso personale è davvero sottile, ma in questo minimo perimetro di distanza è possibile trovare, paradossalmente, innumerevoli spazi.

 
Pubblicato : 31 Gennaio 2024 09:44