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Dopo quanto tempo scatta lo stalking?

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(@angelo-greco)
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Atti persecutori: dopo quanti episodi si può denunciare?

Per poter parlare di stalking sono necessari una serie di condotte moleste o minacciose che abbiano l’effetto di intimorire la vittima, crearle un grave e perdurante stato di ansia, farle temere per la propria incolumità o anche solo spingerla a modificare un aspetto qualsiasi della propria routine quotidiana. Ma dopo quanto tempo scatta lo stalking?In altri termini, quante condotte sono necessarie per poter parlare di atti persecutori? Ad esempio dopo quante telefonate, squilli notturni, messaggi, pedinamenti, tentativi di approccio si può essere considerati uno stalker?

Sul punto è intervenuta più volte la giurisprudenza e, in particolare, la Cassazione. Come vedremo a breve, i giudici hanno fornito un’interpretazione molto rigorosa della norma, fino a estenderne il campo di applicazione anche a quelle condotte poste in essere in due sole occasioni. Ma procediamo con ordine.

Quando scatta lo stalking?

L’aspetto che distingue lo stalking da molti altri reati è che è “a forma libera”: la norma cioè non descrive, in modo specifico, l’azione che il reto deve porre in essere per poter essere incriminato (come invece succede per tanti altri illeciti penali come il furto, la rapina, l’omicidio, ecc.). L’articolo 612-bis del codice penale parla genericamente di condotte reiterate, inquadrabili nella “minaccia” o nella “molestia”.

La pluralità dei comportamenti ossessivi, minacciosi o molesti – di qualsiasi tipo essi siano e comunque vengano realizzati – è quindi un elemento necessario, ma non sufficiente, per poter parlare di stalking. Oltre a ciò, è indispensabile che da essi scaturisca almeno uno dei seguenti effetti in capo alla vittima:

  • un perdurante e grave stato di ansia o di paura;
  • un fondato timore per l’incolumità propria o di un proprio caro, non necessariamente legato da parentela;
  • una alterazione delle proprie abitudini di vita.

Dopo quanti episodi si parla di stalking?

Veniamo ora all’aspetto quantitativo: le occasioni per poter parlare di stalking possono essere anche due soltanto, a patto che da esse discenda almeno una delle tre conseguenze sulla parte lesa che abbiamo elencato sopra (stato di grave ansia, paura, timore, modifica delle routine quotidiane).

Con sentenza n. 35235/2024, la Cassazione ha detto che anche due sole condotte di minacce sono atti persecutori nei confronti della ex. Il giudice deve quindi convalidare l’arresto in flagranza compiuto dalla polizia giudiziaria intervenuta su richiesta della persona offesa.

Anche la giurisprudenza di primo e secondo grado si attesta su tale interpretazione rigorosa. Ne abbiamo parlato approfonditamente nell’articolo Quanti episodi occorrono per lo stalking?

Così, ad esempio, la Corte d’Appello di Napoli (sent. n. 4110/2021), quella di Bari (sent. n. 691/2023), di Lecce (sent. n. 46/21) e di Cagliari (sent. n. 461/22) hanno precisato che, per la configurabilità del reato di stalking, sono sufficienti solo due episodi di molestia o minaccia che inducano nella vittima uno stato di ansia, timore e turbamento.

Quanto tempo tra un episodio di stalking e l’altro?

Un ulteriore aspetto importante da tenere in considerazione è quello della distanza che deve sussistere tra i due episodi molesti: un giorno, una settimana, un mese, un anno? Sul punto la giurisprudenza non dice nulla ma è chiaro che il giudice, tenuto a verificare l’attendibilità delle dichiarazioni della vittima, difficilmente potrebbe ritenere quest’ultima effettivamente spaventata e intimorita da due soli episodi nell’arco di un’ampia forbice di tempo (ad esempio un anno).

La Corte d’Appello di Cagliari, con la sentenza del 9 marzo 2021, numero 175, ha chiarito che il reato di stalking può essere configurato anche attraverso comportamenti che si protraggono per un periodo prolungato. Lo stesso giudice di secondo grado (C. App. Taranto sent. n. 750/2023) ha detto che si può avere la condanna penale «anche con due sole condotte di minaccia o di molestia, come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dall’art. 612-bis cod. pen.».

Non è necessario che gli atti persecutori siano continui; possono essere intermittenti e distribuiti su un arco temporale esteso. Ciò che conta è l’effetto cumulativo di questi atti sulla psiche della vittima e l’impatto complessivo che questi comportamenti hanno sulla sua vita.

Analogamente, la Cassazione, nella sentenza del 15 luglio 2020, n. 25026, ha sottolineato l’importanza di considerare gli episodi vessatori anche se si verificano in momenti distinti e anche a distanza di anni l’uno dall’altro. Il criterio decisivo per la valutazione di tali comportamenti è l’impatto psicologico che essi hanno avuto sulla vittima, oltre alla necessità che questi comportamenti abbiano indotto un cambiamento nelle abitudini quotidiane della persona perseguitata.

In sintesi, sia la Corte d’Appello di Cagliari che la Cassazione Penale enfatizzano che, nel giudicare i casi di stalking, è dirimente valutare l’effetto sulla psiche della parte lesa, piuttosto che la mera frequenza o continuità degli atti persecutori. Va cioè accertata l’idoneità dei comportamenti a determinare, in una persona comune, l’effetto destabilizzante previsto dalla norma (Trib. Bologna, sent. n. 71/2024).

Chiudiamo la rassegna della giurisprudenza sullo stalking con la pronuncia della Cassazione n. 3215/2023 secondo cui è possibile la condanna per atti persecutori anche dopo due sole condotte di minacce, molestie o lesioni, pur se commesse in un breve arco di tempo. Anch’esse possono configurare la “reiterazione” richiesta dalla legge; non è invece necessario che gli atti persecutori si manifestino in una prolungata sequenza temporale.

 
Pubblicato : 23 Settembre 2024 11:15