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Donazione con obbligo di assistenza

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(@angelo-greco)
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Come funziona il contratto di vitalizio: la cessione della proprietà di un immobile in cambio di assistenza morale e materiale.

Non è raro che, nell’atto di donazione, il notaio inserisca la formula con cui il donatario si impegna a prestare assistenza al donante finché questi resta in vita. Si tratta di una prestazione che non può mai superare il valore della donazione né costituire il corrispettivo del trasferimento del bene. La donazione resta infatti sempre un atto a titolo gratuito.

Detto ciò vediamo come funziona la donazione con obbligo di assistenza. Cosa succede se tale assistenza non viene fornita e quali sono le conseguenze invece se la clausola è puramente formale, messa lì più come formula di stile che con l’effettivo intento di fornire al donante un aiuto concreto per la sua vecchiaia.

Ci soffermeremo infine sulla nullità della clausola di assistenza tutte le volte in cui l’aspettativa di vita del donante è particolarmente ridotta, tanto da non generare alcun concreto sacrificio per il donatario. Ma procediamo con ordine.

Donazione o testamento?

Nelle famiglie, il passaggio di proprietà tra generazioni avviene più spesso tramite donazione che testamento. La donazione infatti non determina una comunione ereditaria: evita quindi le dispute che potrebbero derivare dalla compresenza di pari diritti, sullo stesso bene, tra soggetti spesso in disaccordo tra loro.

Tuttavia, per fare la donazione di un immobile o per beni mobili di rilevante valore ci vuole sempre il notaio mentre il testamento può essere anche fatto senza l’assistenza di nessuno (cosiddetto testamento olografo).

Inoltre, la donazione non è più sicura di una successione ereditaria: essa infatti può sempre essere contestata, entro dieti anni dall’apertura della successione, dal coniuge o da uno dei figli del defunto (o, in assenza dei figli, dai genitori) se questi hanno ricevuto in eredità una quota inferiore rispetto a quella che la legge riserva loro (la cosiddetta “legittima”).

Inoltre mentre chi dona pone in essere un atto tendenzialmente definitivo, il testatore può sempre cambiare idea modificando o riscrivendo in qualunque momento il proprio testamento.

Quando invece il donante trasferisce un immobile per ottenere assistenza morale e materiale dal beneficiario conviene stipulare un contratto di vitalizio piuttosto che concludere una donazione con onere a carico del donatario.

Come funziona il contratto di vitalizio?

Nel contratto di vitalizio, un soggetto (cosiddetto “vitaliziato”) intesta l’intera proprietà di un bene(solitamente un immobile) a un altro (cosiddetto “vitaliziante”) in cambio di assistenza morale e materiale.

È possibile trasferire anche solo la nuda proprietà mentre il vitaliziato conserva per sé l’usufrutto. Così, alla morte di quest’ultimo, il vitaliziante riunisce l’usufrutto alla nuda proprietà e diventa proprietario pieno dell’immobile.

Il vitaliziante deve rispettare l’obbligo assunto con il contratto. L’eventuale inadempimento può infatti determinare una risoluzione per inadempimento con conseguente obbligo di restituire l’immobile al vitaliziato o, se deceduto, ai suoi eredi. Ciò non succede invece se si stipula una generica “donazione con obbligo di assistenza” perché, come detto, tale assistenza non costituisce una controprestazione vera e propria ma più che altro un onere.

Quando il vitalizio è una simulazione?

Secondo la giurisprudenza, è nullo il contratto di vitalizio quando il vitaliziato è già molto anziano e/o malato e ha un’aspettativa di vita particolarmente breve. In questo caso, infatti, la controprestazione del vitaliziante è simbolica, irrisoria rispetto a quanto da questi ricevuto (la proprietà dell’immobile). Gli eredi del vitaliziato quindi possono pretendere la restituzione dell’immobile.

Qual è la caratteristica del vitalizio?

Il contratto di vitalizio viene definito “aleatorio”: tali sono quei contratti ove è certa una prestazione mentre l’altra è incerta (si pensi all’assicurazione ove, a fronte del pagamento di un premio, non si sa se mai l’assicurazione dovrà versare un risarcimento). Sono contratti che implicano un rischio per una delle parti.

L’alea – il rischio – del contratto di vitalizio riguarda non solo la durata del rapporto connessa alla vita del beneficiario, ma anche l’obbiettiva entità delle prestazioni (di fare e di dare), suscettibili di modificarsi nel tempo in ragione di fattori molteplici e non predeterminabili (quali le condizioni di salute del beneficiario) (Cass. sent. n. 8209/2016).

Che succede alla morte del vitaliziante?

Se il vitaliziante muore, gli obblighi di fornire soccorso e assistenza al vitaliziato cessano e non passano ai suoi eredi. Questi ultimi però acquisiscono la proprietà dell’immobile.

Che succede alla morte del vitaliziato?

Alla morte del vitaliziato cessa l’obbligo del vitaliziante di fornire l’assistenza. Semmai il vitaliziato si era riservato l’usufrutto sull’immobile, quest’ultimo si estingue e il vitaliziante acquisisce l’intera proprietà dell’immobile.

 
Pubblicato : 22 Settembre 2023 08:15