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Distacco dall’impianto di riscaldamento condominiale

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(@paolo-florio)
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Come staccarsi dall’impianto condominiale centralizzato: regole e autorizzazioni. Gli adempimenti dell’amministratore. 

La crisi energetica ha riacceso le richieste da parte dei singoli condomini di staccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento. Per questo motivo, è utile rivedere gli aspetti tecnico-giuridici del distacco. 

Come e quando staccarsi dall’impianto di riscaldamento condominiale 

Secondo l’articolo 1118, comma 4 del Codice civile un condomino può decidere di rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato a condizione che il distacco non causi squilibri di funzionamento o aumenti di spesa per gli altri condomini. 

In ogni caso, il condomino che si è distaccato dall’impianto di riscaldamento centralizzato sarà tenuto a contribuire alle spese per la manutenzione straordinaria, a quelle per la conservazione e adeguamento dell’impianto nonché alle spese relative ai cosiddetti consumi involontari. I consumi involontari sono le dispersioni di calore che, dai tubi, finiscono negli appartamenti e, inevitabilmente, avvantaggiano chi vi vive. Per tale ragione l’amministratore di condominio deve ripartire una quota fissa della bolletta del gas anche tra i condomini dotati di impianto autonomo.  

Quanti tipi di distacco dall’impianto comune ci sono

Esistono tre diverse forme di distacco dall’impianto centralizzato:

  • distacco unilaterale. Si verifica quando l’interessato abbia dimostrato che dal distacco non siano derivati né aggravi di spese per i residui fruitori dell’impianto, né squilibri termici pregiudizievoli della regolare erogazione del servizio.
  • distacco “concordato – convenzionato” con l’assemblea. Si tratta del distacco autorizzato dal condominio pur in assenza dei richiamati requisiti dell’articolo 1118 (ossia qualora vi siano aggravi di spesa o squilibri per gli altri condomini). In tali casi il distaccante si dichiara disponibile a concorrere in una quota percentuale anche alle spese di gestione/combustibile. 
  • distacco riconosciuto dal regolamento di condominio.

Cosa deve fare l’amministratore quando riceve la comunicazione di distacco?

Prima di distaccarsi dall’impianto centralizzato, il condomino deve darne comunicazione all’amministratore il quale deve informare di ciò il condominio alla prima assemblea utile. 

Nella convocazione l’amministratore non dovrà porre la questione come comunicazione di distacco e non dovrà indicare autorizzazione al distacco ex articolo 1118 Codice civile, essendo l’assemblea chiamata non già ad autorizzare il distacco, cioè a concedere e/o costituire un diritto, ma a valutare se ne sussistono i presupposti tecnici per l’esercizio del richiamato diritto ex articolo 1118 Codice civile. Infatti, il diritto al distacco è una prerogativa, un diritto del singolo condomino.

Se la richiesta di distacco non è accompagnata da una relazione tecnica l’amministratore deve richiedere al condomino la perizia redatta da un tecnico abilitato che attesti l’assenza di notevoli squilibri di funzionamento o l’assenza di aggravi di spesa per gli altri condòmini.

La perizia deve indicare:

  • stato dei consumi della caldaia;
  • proiezione del consumo ipotizzato, in caso di distacco;
  • previsione che attesti come, in virtù delle caratteristiche tecniche dell’impianto, il distacco non creerà notevoli squilibri all’impianto centrale.

L’articolo 1122 Codice civile così recita: «Nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all’uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro dell’edificio. In ogni caso è data preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea».

Lo scopo del legislatore è quello di rendere edotti i condòmini di attività che vadano ad incidere sulle parti comuni.

Regole sul distacco dall’impianto centralizzato

La trasformazione dell’impianto centralizzato in impianti autonomi è espressamente esclusa, ai fini dei benefici fiscali, dagli interventi di riqualificazione energetica.

L’articolo 4, comma 9, del Dpr 2 aprile 2009, numero 59, stabilisce che la trasformazione in impianti con generazione di calore separata per singole unità abitative, in tutti gli edifici esistenti con un numero di unità abitative superiore a 4 e, comunque, nel caso in cui sia presente un impianto di riscaldamento centralizzato di potenza di almeno 100 kW, è ammessa solo in presenza di cause tecniche o di forza maggiore, da evidenziarsi nella relazione tecnica attestante la rispondenza alle prescrizioni per il contenimento del consumo energetico che deve essere depositata in Comune ai sensi dell’articolo 28 della legge 10/91.

In caso di distacco individuale dall’impianto centralizzato, l’articolo 3, comma 2, lettera 2 del Dlgs 192/2005 prescrive l’obbligo di verifica del rendimento globale medio stagionale del nuovo impianto termico, che deve essere superiore a un determinato valore limite (semplificando, l’intero impianto deve essere ad alta efficienza energetica).

L’assemblea di condominio può vietare il distacco dall’impianto centralizzato?

L’assemblea può vietare il distacco se non è stata data prova dei presupposti tecnici che legittimano l’esercizio del diritto al distacco, fatta salva l’autorizzazione in caso di distacco «concordato e/o convenzionato». 

L’opposizione al distacco deve essere motivata; diversamente, secondo la Cassazione, essa è nulla seppur adottata a maggioranza. 

Se la perizia del distaccante non è completa ed esaustiva l’assemblea può chiedere al distaccante di procedere ad una integrazione della perizia. Tuttavia l’assemblea può anche decidere, a proprie spese, di incaricare un tecnico per la redazione di una contro-perizia che sarà poi utilizzata come prova documentale in ipotesi di eventuale contenzioso con il condomino distaccato.  

Quanto ci si può distaccare dall’impianto centralizzato

Come visto l’art. 1118 cod. civ. indica quali sono le condizioni affinché tale diritto possa essere esercitato:

  • l’assenza di notevoli squilibri di funzionamento
  • l’assenza di aggravi di spesa per gli altri condòmini.

I due requisiti devono intendersi cumulativi, non alternativi, nel senso che in presenza anche di una sola delle due situazioni sopra indicate, il distacco non può avere luogo.

Per quanto attiene allo “squilibrio” l’obiettivo dell’impianto di riscaldamento è quello di raggiungere una temperatura di esercizio sufficientemente omogenea e tale da garantire condizioni di comfort. L’eventuale “squilibrio di un impianto”, viene determinato in base alla variazione dei flussi termici post distacco, verificando che in presenza di tali mutate condizioni di funzionamento, vengano garantite portate di alimentazione corrette e adeguate condizioni di confort in tutte le unità immobiliari che restano collegate all’impianto centralizzato esistente. 

Il Dpr 74/2013, indica tale temperatura in 20 gradi con una tolleranza in eccesso di 2 gradi. La situazione di equilibrio va non solo raggiunta ma soprattutto mantenuta nel corso di ogni stagione termica con le varie differenze di temperature esterne e diversi assorbimenti delle singole unità abitative.

Il distacco ad opera di uno o più condòmini potrebbe alterare questo delicato equilibrio raggiunto e non è per nulla scontato che possa essere ricostituito. Occorre pertanto valutare caso per caso a seconda dei singoli impianti. 

Secondo la Cassazione nello squilibrio non può essere compreso quello termico: «quale squilibrio termico non deve essere intesa la possibile differente temperatura nell’appartamento distaccato in quanto, in ogni caso, anche senza distaccarsi il proprietario potrebbe sempre semplicemente chiudere i propri radiatori. Se così non fosse, quel distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato ammesso in linea di principio sarebbe sempre da escludere in concreto, in quanto nell’ambito di un condominio ogni unità immobiliare confina con almeno un’altra unità immobiliare, per cui il distacco dall’impianto centralizzato da parte di uno dei condòmini provocherebbe sempre quel tipo di squilibrio termico che, invece, deve essere considerato irrilevante».

Quali sono le spese dalle quali è esonerato il distaccante

Il distaccato è tenuto al pagamento, oltre alle spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma, dei consumi involontari o comunque di quegli importi che consentano agli altri condòmini di essere esenti da aggravi di spesa, per quest’ultimi si dovrà far riferimento una relazione tecnica che li avrà individuati; questi sono tutti i costi che il rinunciante rimane tenuto a corrispondere in quanto comproprietario dell’impianto medesimo.

Le spese di esercizio (ordinarie) non sono imputabili al distaccante. 

Il riparto degli oneri di riscaldamento, nel caso di prelievi volontari, negli edifici condominiali in cui siano stati adottati sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore per ogni singola unità immobiliare, va fatto in base al consumo effettivamente registrato. In poche parole, i criteri convenzionali previsti nel regolamento o, in mancanza, quelli legali (articolo 1123, Codice civile), risultano applicabili soltanto ove manchi un sistema di misurazione del calore effettivamente erogato per unità immobiliare, e presuppongono, quindi, per poter operare, l’impossibilità di misurare il consumo effettivo del servizio erogato a ciascuna unità immobiliare.

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Pubblicato : 15 Dicembre 2022 09:30