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Dispetti sui social network: quando si configura il reato di stalking

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(@carlos-arija-garcia)
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Basta qualche messaggio volto a infastidire la vittima oppure ci devono essere altre condizioni? Ecco cosa dicono la legge e la Cassazione in merito.

Essere continuamente costretti a guardarsi e spalle, vivendo nella paura di avere alle costole il solito molestatore senza sapere come reagirà, non è certamente una bella esperienza. Non lo è nemmeno temere, quando si accede ogni giorno alla propria pagina Facebook, Twitter o Instagram, di trovarsi un messaggio minaccioso, un insulto, una frase sgradita, una parola di troppo, senza sapere se chi scrive lo fa dall’altro capo del mondo o dalla porta accanto. Provare a bloccare chi ci infastidisce quotidianamente non è sufficiente: chi vuole insistere su questo atteggiamento deve solo aprire un altro account, sicuramente fasullo, per continuare a rendere scomoda l’esistenza della vittima prescelta. Anche senza arrivare alle vere e proprie minacce, se si ricevono dei dispetti sui social network, quando si configura il reato di stalking?

Lo stalking, come previsto dal Codice penale [1], scatta nel momento in cui «chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita». Chi viene ritenuto responsabile di questo reato rischia la reclusione da un anno fino a sei anni e sei mesi, a meno che il fatto costituisca reato più grave.

In altre parole, si configura il reato di stalking solo quando le condotte moleste:

  • sono reiterate, cioè non episodiche o isolate;
  • sono in grado di causare uno stato grave e perdurante di ansia nella vittima:
  • possono generare un fondato timore per l’incolumità propria o per quella delle persone care;
  • costringono a cambiare le proprie abitudini di vita.

Occorre, poi, distinguere che cosa si intende per «dispetti» sui social network, cioè se si parla di azioni compiute con l’intenzione di scherzare oppure al solo fine di infastidire. In ogni caso, se non producono gli effetti sopra elencati, cioè se non fanno temere per la propria incolumità, non vengono fatte in maniera reiterata e non sono in grado di creare gravi stati di ansia o di costringere a cambiare le proprie abitudini di vita, non si può parlare di stalking.

Non si configura il reato nemmeno per un singolo messaggio minatorio o offensivo ricevuto sulla bacheca di Facebook o tramite a chat privata di Messenger. In questo caso si potrebbe parlare di reato di minaccia o, se il messaggio viene postato in pubblico e contiene degli insulti, di reato di diffamazione. Affinché scatti lo stalking, la condotta deve essere ripetuta nel tempo si configura il più grave reato di stalking, e questo perché i vari post devono essere valutati nel loro insieme e non singolarmente [2].

Secondo la Cassazione, affinché si configuri il reato di stalking, non c’è bisogno che il colpevole abbia sin dall’inizio in mente di perseguitare la vittima: le singole condotte possono essere del tutto disconnesse l’una dall’altra, presentate in modo casuale e realizzate quando si presenta l’occasione.

Si può parlare di stalking, sempre secondo la Suprema Corte [3], anche quando i dispetti sui social network vengono pubblicati sulla propria bacheca e non su quella della vittima predestinata, in quanto non è necessario che egli le legga direttamente, ben potendo apprenderle da altri.

In un’altra sentenza [4], la Cassazione ricorda che l’accertamento dello stato di ansia o di timore non deve essere per forza affidato ad una perizia medico legale, in quanto non occorre, ai fini della configurazione del reato di stalking, che la vittima degli atti persecutori soffra di una vera e propria patologia: basta che il giudice rilevi, anche attraverso le massime d’esperienza, che l’equilibrio psichico della vittima è stato leso dalle condotte dello stalker. Quindi, la prova del danno può arrivare direttamente dalle dichiarazioni della vittima e dai comportamenti tenuti a seguito della persecuzione subìta.

 
Pubblicato : 20 Maggio 2023 09:30