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Diritto di critica e limiti: quando le espressioni offensive non sono ammesse

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(@angelo-greco)
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La Cassazione stabilisce che il diritto di critica è superato quando si trascende in attacchi personali senza finalità di pubblico interesse, rendendo inammissibili espressioni offensive e ingiuriose.

Quando si superano i limiti del diritto di critica? Quali sono le conseguenze legali di tale comportamento? Il diritto di critica è un principio fondamentale tutelato dalla Costituzione italiana, che permette la libertà d’espressione purché non si trascenda in gratuite offese della reputazione altrui. Dunque la libertà di espressione non è assoluta ma trova il suo limite quando le parole o i semplici gesti utilizzati diventano denigranti e ingiuriosi, senza alcuna finalità di pubblico interesse.

Con la sentenza 27930/2023, la Cassazione ha pronunciato un importante principio in materia di diffamazione. Nel caso specifico, la Corte d’appello confermava la condanna di un soggetto per il reato di diffamazione a mezzo stampa, integrato dalla diffusione di espressioni denigranti e frasi ingiuriose su Facebook. Il ricorrente aveva sostenuto che, pur essendo state usate espressioni forti, queste rientravano comunque nei limiti del diritto di critica.

La Corte di Cassazione ha sottolineato che l’esercizio del diritto di critica, in questo caso, non rimane nell’ambito di una critica misurata e obiettiva, ma sprofonda nel campo dell’aggressione alla sfera morale altrui, penalmente protetta.

L’abuso del diritto è determinato dalla gratuità delle aggressioni non pertinenti ai temi apparentemente in discussione, con l’unico obiettivo di screditare il destinatario delle espressioni utilizzate, evocando una sua pretesa indegnità o inadeguatezza personale.

In buona sostanza, la critica legittima è quella moderata, pertinente, veritiera ma soprattutto priva di conseguenze sull’altrui dignità morale o professionale.

Invece la critica illegittima è un attacco la cui unica finalità è demolire l’immagine della vittima.

Evidenziare l’errore in cui è caduto un professionista è una critica legittima; affermare però che è un pagliaccio, un ignorante, un venduto è diffamazione.

Contestare l’operato di un amministratore di condominio, che ha commesso gravi errori nella gestione delle finanze, è critica. Dire che è corrotto e incompetente è diffamazione.

Le conseguenze della diffamazione

Chi trascende la “continenza” ossia la moderazione non può invocare il diritto di critica, poiché tende a degradare il confronto di idee e progetti a uno scontro personale tra pregiudizi alimentati dalle contumelie, sottraendo ai destinatari del messaggio ogni possibilità di serena e civile partecipazione ad esso.

Con la sentenza 27930/2023, la Cassazione ha pronunciato questo interessante principio in materia di diffamazione: «Il limite all’esercizio del diritto di critica deve intendersi superato quando l’agente trascenda in attacchi personali diretti a colpire sul piano individuale la figura del soggetto criticato, senza alcuna finalità di pubblico interesse».

Nel caso di specie, secondo i giudici non si era trattato solamente di isolate parolacce o provocazioni, ma di inequivocabili espressioni volte a screditare l’attività professionale ed istituzionale della persona offesa, avvilendone il ruolo a quello di un mero esecutore dei comandi dei detentori del potere, subordinato al soddisfacimento di interessi personali.

Conclusione

La sentenza della Cassazione ribadisce l’importanza di mantenere un equilibrio tra il diritto di critica e il rispetto della reputazione altrui. Le espressioni denigranti e ingiuriose, prive di finalità di pubblico interesse, che costituiscono un attacco gratuito all’altrui dignità morale o professionale non rientrano nel diritto di critica e possono comportare gravi conseguenze legali. La vittima infatti può sporgere querela entro 3 mesi da quando è venuta a conoscenza del fattaccio.

Se la diffamazione avviene su internet si applica l’aggravante del mezzo della pubblicità, sicché la pena è più pesante.

La vittima può chiedere il risarcimento del danno: può farlo nello stesso processo penale (tramite la costituzione mediante il proprio difensore) o con un autonomo processo civile.

Il risarcimento è commisurato a una serie di circostanze come la gravità della frase, le conseguenze economiche e non per la vittima, la durata della diffamazione, il comportamento tenuto dalla parte dopo il reato (ad esempio l’aver cancellato immediatamente un post offensivo), la professione e il ruolo sociale della vittima della diffamazione.

 
Pubblicato : 7 Settembre 2023 17:45