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Diritto di abitazione: chi paga le tasse?

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(@adele-margherita-falcetta)
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Il soggetto tenuto al pagamento delle imposte qualora una persona diversa dal proprietario abbia diritto ad abitare un immobile.

Poco tempo fa è morto tuo padre, che era l’unico proprietario della casa familiare. Gli eredi siete tu e tua madre. Tu vivi per conto tuo già da tanto tempo; pertanto, è lei che continuerà ad abitare l’immobile. A questo punto, cominci a porti qualche problema riguardo al pagamento delle imposte: in particolare, ti chiedi se esso debba gravare su entrambi o meno. La cosa ti interessa perché stai attraversando un momento di difficoltà economica, mentre tua madre gode di una buona pensione e non avrebbe problemi a far fronte agli obblighi nei confronti del Fisco. Questo articolo spiega chi paga le tasse in caso di diritto di abitazione su un immobile. Naturalmente, come prima cosa, chiariremo in cosa consiste questo diritto reale di godimento e cosa esso comporta per il suo titolare e per il proprietario del bene.

Cos’è il diritto di abitazione?

L’abitazione [1] è il diritto di abitare una casa appartenente ad altri nei limiti delle esigenze proprie e della propria famiglia. Si tratta di un diritto reale: questo termine deriva da quello latino res, che significa «cosa». La caratteristica dei diritti reali è infatti quella di gravare specificamente su dei beni e in ciò si distinguono dai diritti di credito, che hanno ad oggetto specifiche prestazioni che devono essere eseguite da altri.

Tale situazione comporta uno svuotamento del diritto del proprietario, il quale non può vivere nell’immobile né darlo in locazione per trarne un reddito.

Il diritto di abitazione differisce:

  • dalla locazione. Questa infatti consiste in un contratto che viene stipulato tra il locatore e il locatario, in forza del quale quest’ultimo ha il diritto di utilizzare un immobile e l’obbligo di corrispondere in cambio un canone di locazione;
  • dall’usufrutto. Esso è, come l’abitazione, un diritto reale, ma il suo contenuto è più ampio. Infatti l’usufruttuario può non solo utilizzare il bene, ma anche farne propri i frutti; inoltre può darlo in locazione e, se non è vietato da accordi con il proprietario dell’immobile, cedere ad altri il suo diritto.

L’abitazione può costituirsi nei seguenti modi:

  • con un contratto tra il proprietario e l’utilizzatore del bene;
  • per testamento;
  • per usucapione, in favore di chi, pur non avendone titolo, abita un immobile pacificamente e ininterrottamente per almeno 20 anni;
  • con provvedimento del giudice. Un esempio si ha nella separazione o nel divorzio, quando il tribunale attribuisce a uno dei coniugi il diritto di abitare la casa adibita a residenza familiare;
  • per legge. Un esempio è quello del coniuge di una persona defunta; anche se vi sono altri eredi tale soggetto ha diritto di continuare ad abitare la residenza coniugale finché vivrà [2].

Quali sono le imposte che interessano la casa?

Chi possiede un immobile è tenuto a versare alcune imposte, a seconda dei casi o allo Stato o al Comune. Esse sono:

  • l’Imu;
  • la Tari;
  • inoltre, la proprietà o un altro diritto reale su un immobile concorrono nella determinazione del reddito ai fini dell’Irpef.

Esaminiamo di seguito le suddette imposte una per una, con particolare riguardo al soggetto tenuto a corrisponderne nel caso in cui su un immobile gravi un diritto di abitazione.

Chi paga l’Irpef se c’è il diritto di abitazione?

Cominciamo dall’Irpef. Si tratta dell’imposta sui redditi delle persone fisiche, che deve essere pagata allo Stato da ogni cittadino in proporzione al proprio reddito.

Non sempre gli immobili producono denaro a beneficio dei loro proprietari. Infatti, mentre una casa o un magazzino dati in affitto consentono di percepire un canone, lo stesso non avviene nel caso in cui essi siano sfitti oppure utilizzati da altri senza che venga versato nessun corrispettivo.

Anche in questo caso, tuttavia, gli immobili devono essere inseriti nella dichiarazione dei redditi; essi infatti concorrono alla determinazione del reddito del proprietario o del titolare di un altro diritto reale, perché vengono considerati comunque un elemento utile alla valutazione delle sue condizioni economiche.

La domanda pertanto è: se su una casa esiste il diritto di abitazione di un soggetto diverso dal proprietario, chi dei due deve inserire l’immobile nella dichiarazione dei redditi? La risposta è che tale obbligo è a carico del titolare del diritto di abitazione, mentre il proprietario non deve dichiarare nulla.

In ogni caso, il contribuente può risparmiare se la casa nella quale vive in virtù del suo diritto costituisce la sua abitazione principale. Con tale espressione si intende che deve trattarsi della casa in cui egli vive abitualmente con i suoi familiari e nella quale ha la residenza anagrafica. Ricorrendo tale presupposto, egli può godere di un trattamento fiscale agevolato avvantaggiandosi di una deduzione dal reddito, di importo pari al reddito prodotto dall’immobile quale risulta in catasto.

Chi paga l’Imu se c’è il diritto di abitazione?

Con il termine Imu ci si riferisce all’imposta municipale che deve essere corrisposta al Comune nel quale si trova l’immobile.

L’Imu viene pagata annualmente in due rate, che scadono il 16 giugno e il 16 dicembre. È possibile anche corrisponderla in unica soluzione alla scadenza della prima rata.

Dal 1° gennaio 2020, l’Imu ha assorbito un altro tributo locale, la Tasi [3]. Con questo termine ci si riferiva alla Tassa sui servizi divisibili del Comune. Essa veniva pagata dai proprietari di immobili in relazione ai servizi comunali comunque riferibili a questi ultimi, ad esempio la manutenzione delle strade e l’illuminazione.

Se sull’immobile insiste un diritto di abitazione, chi paga l’Imu? In questo caso, è previsto che tale imposta sia a carico del titolare di tale diritto reale di godimento. Nel caso specifico di una casa di cui sono eredi il coniuge superstite del defunto e i figli, poiché il primo gode per legge del diritto di abitazione sull’immobile, l’Imu sarà a suo esclusivo carico per tutta la durata della sua vita e i figli ne saranno esentati.

Un caso particolare è quello in cui la casa costituisca l’abitazione principale del titolare del diritto di abitazione. In tale ipotesi, ricorrendo i presupposti di legge (cioè che vi abbia la sua abituale dimora e la residenza anagrafica) egli non è tenuto al pagamento dell’Imu.

Un’eccezione a tale beneficio si ha nel caso di abitazioni di lusso rientranti nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, corrispondenti a case signorili, ville e castelli. In tale ipotesi, l’imposta si deve pagare ma il contribuente può beneficiare di una detrazione, il cui importo viene stabilito dal Comune con un’apposita delibera.

Chi paga la Tasi se c’è il diritto di abitazione?

La Tasi è la tassa sui rifiuti, che viene pagata perché il Comune possa sostenere la spesa relativa alla loro raccolta e al loro smaltimento. Questo tributo è a carico dell’utilizzatore dell’immobile. Ciò ha una logica, perché soltanto chi vive in una casa produce i rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti.

Pertanto, la Tasi deve essere pagata dal titolare del diritto di abitazione e non dal proprietario della casa.

A chi va comunicato il diritto di abitazione ai fini fiscali?

Abbiamo visto chi paga le tasse se su un immobile insiste un diritto di abitazione. Ma come fa il Fisco a sapere dell’esistenza di quest’ultimo?

Tale diritto, per essere efficace nei confronti dei terzi, deve essere trascritto nei registri tenuti dalla Conservatoria dei registri immobiliari. Si tratta di un ufficio presso il quale vengono annotati la costituzione e il trasferimento dei diritti reali sugli immobili.

Pertanto, è necessario procedere alla trascrizione dell’atto costitutivo del diritto di abitazione. A tale adempimento avrà un particolare interesse il proprietario, visto che gli oneri fiscali sono a carico del titolare di esso. Gli atti necessari per provvedervi sono i seguenti:

  • se l’abitazione è stata costituita con un contratto, occorre che questo sia stipulato con atto notarile. Il notaio provvederà quindi alla sua registrazione presso l’Agenzia delle Entrate e alla trascrizione;
  • se il diritto ha la sua origine in un testamento la trascrizione avverrà ad opera del notaio che curerà la sua pubblicazione;
  • nel caso del coniuge superstite avente diritto di abitazione sulla casa familiare, potrà richiedere la trascrizione esibendo in conservatoria il certificato di avvenuta successione, oppure un’apposita richiesta con allegato il certificato di morte;
  • nell’ipotesi di acquisto del diritto per usucapione, essa deve essere dichiarata con sentenza e tale provvedimento deve essere trascritto;
  • infine, in caso di coniuge separato o divorziato assegnatario della casa coniugale, sarà trascritto il provvedimento del tribunale contenente tale disposizione.

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Pubblicato : 8 Gennaio 2023 09:15