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Dipendente cade dalla scala: il datore deve risarcirlo?

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(@angelo-greco)
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Infortunio sul lavoro: per la caduta il datore è sempre responsabile, anche se il lavoratore si è comportato in modo imprudente e negligente.

Gli infortuni sul lavoro, purtroppo, sono una realtà con cui molte aziende devono confrontarsi. Tra questi, le cadute dalle scale rappresentano una delle cause più frequenti di lesioni, a volte anche gravi. In queste circostanze chi è responsabile qualora il lavoratore agisca in modo imprudente? Se un dipendente cade dalla scala, il datore di lavoro deve risarcirlo?

La risposta non interessa solo le aziende: frequenti sono i casi in cui le domestiche – le cosiddette colf – cadono dalle scale utilizzate senza una formale autorizzazione del padrone di casa, agendo di propria iniziativa e, a volte, con fretta e disattenzione. Il problema, in questi casi, si ingigantisce se il rapporto di lavoro è “in nero” e non opera quindi l’assicurazione obbligatoria, con conseguente responsabilità, non solo penale (per le lesioni), ma anche civile (per il relativo risarcimento) da parte del datore di lavoro.

L’ordinanza n. 25313/24 della Cassazione affronta proprio il tema del dipendente che cade dalla scala e del relativo risarcimento.

La responsabilità del datore di lavoro per la caduta dalla scala

Il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la sicurezza e la salute dei propri dipendenti sul luogo di lavoro. Lo stabilisce, in via generale, l’articolo 2087 del codice civile. Ciò include l’adozione di tutte le misure necessarie per prevenire gli infortuni, come la formazione adeguata dei lavoratori, la fornitura di attrezzature idonee e la manutenzione delle strutture.

Nel caso specifico delle scale, il datore di lavoro deve assicurarsi che siano stabili, in buono stato e adatte al tipo di lavoro da svolgere. Inoltre, deve fornire ai dipendenti istruzioni chiare sull’utilizzo corretto delle scale e sui rischi associati.

Il datore deve anche poter prevedere la l’imprudenza o la negligenza del dipendente, andando ad anticipare ed evitare gli incidenti dovuti a colpa di quest’ultimo.

Difatti, precisa la Cassazione, l’omissione di cautele da parte dei lavoratori non è idonea ad escludere la responsabilità del datore che non abbia provveduto all’adozione di tutte le misure di prevenzione rese necessarie dalle condizioni concrete di svolgimento del lavoro.

Quando il datore non risponde dell’infortunio sul lavoro

Il datore non è responsabile solo nel caso di comportamento abnorme del lavoratore, inimmaginabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute. Un comportamento, quindi, che deve «essere frutto di una scelta arbitrariavolta a creare e ad affrontare, volutamente, per ragioni o impulsi personali, una situazione diversa da quella legata all’attività lavorativa, creando condizioni di rischio estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere e ponendosi, in tal modo, come causa esclusiva dell’evento dannoso» (Cass. ord. n. 25313/2024).

In questi casi si configura il cosiddetto rischio elettivo in forza del quale il dipendente non può pretendere il risarcimento dal proprio datore di lavoro (e la domestica dal padrone di casa).

L’utilizzo di una scala per lo svolgimento delle mansioni, anche se traballante, non è un comportamento abnorme, né lo è il fatto di non farsi aiutare da un collega. Ed ancora, non è né imprevedibile né anomala una dimenticanza dei lavoratori nell’adozione di tutte le cautele necessarie.

L’utilizzo di una scala non a norma

Nella pronuncia in commento la Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per l’infortunio sul lavoro a un dipendente che, nello svolgere il compito demandatogli dalla società, ossia l’effettuazione di operazioni di impermeabilizzazione e reimpermeabilizzazione del tetto, aveva utilizzato una scala non adeguata e che non era stata fornita dalla società stessa. Ciò, hanno chiarito i supremi giudici, non configura un concorso di colpa del lavoratore o rischio elettivo che ricorre solo quando il dipendente abbia posto un contegno abnorme, del tutto imprevedibile e fuori dall’ambito delle mansioni lavorative.

Un’altra vicenda decisa dalla Cassazione (ord. n. 25217/2023) riguarda la caduta dalla scala nel corso delle faccende domestiche da parte della colf. Una donna delle pulizie aveva citato in giudizio il suo ex datore di lavoro dopo essere caduta da una scala mentre lavava le tende, un lavoro che di solito svolgeva con l’assistenza del datore stesso. Tuttavia, nel momento dell’incidente, il datore di lavoro era assente, lasciando la domestica a lavorare da sola.

La Cassazione ha stabilito che, una volta dimostrato il rapporto di lavoro, l’infortunio e il nesso causale con l’uso dell’attrezzatura di lavoro, spetta al datore di lavoro dimostrare di aver adottato tutte le misure precauzionali necessarie. Nel caso di specie, l’infortunio era avvenuto durante l’orario di lavoro e non v’era prova di comportamenti imprudenti da parte della domestica.

Responsabilità del datore di lavoro per  infortunio sul lavoro

Il datore di lavoro può essere ritenuto responsabile per l’infortunio del dipendente se si dimostra che:

  • non ha adottato le misure di sicurezza necessarie: ad esempio, se la scala era difettosa, non idonea al lavoro o non correttamente posizionata;
  • non ha fornito adeguata formazione: se il dipendente non è stato informato sui rischi legati all’utilizzo della scala o non ha ricevuto istruzioni adeguate;
  • non ha vigilato sul rispetto delle norme di sicurezza: se il datore di lavoro non ha controllato che il dipendente utilizzasse la scala in modo corretto e sicuro;
  • non ha fornito i mezzi per evitare l’infortunio, come il casco di protezione o il supporto di colleghi di lavoro che reggano la scala.

In questi casi, il dipendente ha diritto al risarcimento dei danni subiti, sia patrimoniali (spese mediche, perdita di guadagno) che non patrimoniali (dolore fisico e morale).

 
Pubblicato : 23 Settembre 2024 10:30