Dati clienti presi dal vecchio lavoro: cosa si rischia?
Fare il backup con l’archivio clienti dal server del precedente ufficio o studio può portare a conseguenze legali gravi, incluso il risarcimento danni.
La questione della proprietà e del trattamento dei dati personali nel passaggio da un lavoro all’altro è un argomento delicato e complesso. Recenti sentenze hanno messo in luce le gravi conseguenze legali per chi trasferisce impropriamente dati dei clienti dal vecchio al nuovo posto di lavoro. Questo articolo si propone di esplorare i rischi associati a questa pratica, analizzando il caso specifico di un avvocato condannato per aver copiato e utilizzato i nomi e le generalità degli assistiti immagazzinati nei database del precedente studio in cui lavorava per poi contattarli in proprio e, ovviamente, proporre una nuova e – a suo dire – più conveniente forma di assistenza.
Come ben si potrà intuire già sin d’ora un comportamento del genere costituisce una violazione dei sistemi informatici, se non vi ha accesso, nonché un atto di concorrenza sleale e, non in ultimo, un illecito trattamento dei dati. Ma vediamo più da vicino cosa si rischia a prendere i dati dal vecchio lavoro.
Cosa si rischia a copiare dati clienti dal vecchio lavoro?
La copia non autorizzata di dati clienti dal vecchio posto di lavoro può comportare serie conseguenze legali, incluse condanne penali e il risarcimento dei danni. La violazione della privacy e l’accesso abusivo a un sistema informatico sono considerati reati gravi, specialmente se i dati copiati includono informazioni personali e sensibili.
Qual è il caso dell’avvocato condannato?
Il caso in questione riguarda un avvocato che, trasferendosi da uno studio legale a un altro, aveva copiato dati clienti estranei al suo ambito di competenza salvando su hard disk esterni e pen-drive oltre 33 mila file e violando così i diritti dei clienti e i termini di legge relativi alla protezione dei dati personali.
In che modo la modalità dolosa influisce sulla sentenza?
L’elemento della modalità dolosa — l’intento cioè di copiare i dati nascondendone la provenienza e facendoli apparire come propri — ha aggravato la posizione dell’avvocato. Questo comportamento premeditato, dimostrato dal trasferimento di una grande quantità di dati in modo occulto, ha evidenziato una chiara violazione della fiducia e del codice deontologico professionale.
Quali sono i reati contestati a chi copia i dati dei clienti e li usa per sé?
Veniamo agli illeciti che si commettono nel copiare i dati dei clienti dal vecchio al nuovo lavoro.
Da un punto di vista civile si viola l’articolo 2958 del codice civile che elenca gli atti di concorrenza sleale e, al terso alinea, indica in una formula generica, l’avvalersi direttamente o indirettamente di ogni mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda.
Da un punto di vista penale, viene poi in rilievo il reato previsto dall’articolo 615-ter del codice penale ossia il cosiddetto «accesso abusivo a sistema informatico» che consiste nell’introdursi in un sistema protetto da misure di sicurezza (ad esempio password), punito con la reclusione fino a tre anni.
Non in ultimo, sussiste – ma questa volta nei confronti dei clienti e non dello studio concorrente – l’illecito trattamento dei dati: la raccolta dei nomi, cognomi, indirizzi, numeri di telefono e pratiche in gestione sia avvenuta con il consenso stesso dei clienti non significa che questo copra anche l’utilizzo anche da parte di ulteriori soggetti.
È reato anche se i dati non vengono condivisi?
Sì, secondo la sentenza della Cassazione, il semplice atto di copiare e mantenere per sé i dati clienti costituisce una violazione della privacy, indipendentemente dal loro successivo utilizzo o condivisione. Questo perché i file contenevano dati personali a cui l’avvocato non aveva diritto di accesso, né il consenso esplicito dei clienti per il loro trattamento.
L’illecito penale per violazione della privacy si sarebbe configurato anche se il legale nell’esercizio della professione si fosse tenuto per sé le informazioni trafugate senza renderle accessibili dai pc dello studio che ha fondato. Senza dimenticare che i dati trafugati in questo caso non sono semplici dati personali (le generalità) ma dati sensibili, contenenti casi giudiziari, notizie di salute, cure mediche e relazioni sentimentali e quant’altro.
Quali sono le conseguenze oltre la condanna penale?
Oltre alla condanna penale, chi preleva i dati dei clienti dal vecchio ufficio può essere obbligato a risarcire i danni causati all’azienda, oltre al pagamento delle spese processuali.
Questa sentenza ribadisce l’importanza della corretta gestione dei dati personali e rispettare la legislazione sulla privacy, specialmente nel contesto professionale.
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