Danni a terzi in condominio: chi paga?
Quando può essere chiamato in causa l’amministratore e quando deve risarcire il singolo proprietario? Qual è la responsabilità dell’inquilino?
Un difetto di manutenzione, un isolamento non fatto bene, un rigurgito di una conduttura, una perdita nell’impianto di riscaldamento, un guasto al cancello automatico che si chiude prima del previsto causando un danno ad un’auto. I problemi alla struttura o ai servizi di un edificio possono essere parecchi e, in qualche caso, provocano dei danni a terzi in condominio. Chi paga in questi casi? Quando deve essere chiamato in causa in condominio in quanto tale e quando la responsabilità deve essere imputata al singolo proprietario dell’unità abitativa?
Secondo la legge, e in linea generale, chi ha in custodia un immobile (come, nel caso più frequente, il proprietario) è responsabile del danno causato a terzi dall’immobile stesso, salvo che provi il caso fortuito e a meno che non ricorra l’ipotesi di responsabilità del proprietario.
Pertanto, è questo soggetto ad essere chiamato a rispondere delle conseguenze patrimoniali pregiudizievoli derivanti dalla cosa da lui custodita, indipendentemente da una propria specifica negligenza nell’esercizio di tale attività. Tuttavia, il danneggiato deve dimostrare l’esistenza del nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso. Non è, invece, necessaria la prova della pericolosità del bene che deriva dal suo cattivo funzionamento.
Chi viene considerato custode dell’immobile?
Come appena anticipato, la responsabilità di un danno a terzi in condominio ricade sul custode del bene che ha provocato il danno. Tale responsabilità discende dall’esistenza di un potere di gestione di fatto sul bene che deve essere effettivo, cioè tale da consentire concretamente di effettuare interventi di controllo e manutenzione volti ad inibire gli effetti pericolosi.
Significa che viene considerato custode dell’immobile chi esercita su di esso, in modo stabile e non meramente occasionale, un effettivo potere fisico che ne consente l’utilizzo ed implica il dovere di vigilare affinché non ne derivi alcun danno ad altri.
La disponibilità dell’immobile deve essere anche giuridica (come quella che hanno ad esempio, il proprietario, il possessore o il detentore qualificato) tale da consentire di vigilare il bene e di mantenerne al contempo il controllo.
Se l’immobile è in affitto, l’inquilino è custode dell’immobile e, quindi, è responsabile se può controllare i rischi inerenti alla cosa. Vuol dire che risponde lui delle parti e dei servizi accessori dati in locazione sui quali acquista la disponibilità con facoltà ed obbligo di intervenire per evitare di arrecare pregiudizio ad altri. Il danno, ad esempio, può essere provocato da sostanze collocate all’interno dell’appartamento dal conduttore, da immissioni moleste imputabili alla mancata attivazione dell’impianto di aerazione ed alla mancata chiusura delle finestre del locale, ecc.
La violazione degli obblighi di custodia da parte dell’inquilino comporta, in capo a quest’ultimo, una responsabilità risarcitoria in ragione dei danni arrecati alla cosa custodita. In ogni caso, la locazione, pur trasferendo l’uso e il godimento dell’immobile, non fa venire meno il potere di controllo e di custodia in capo al proprietario, che ha l’obbligo di vigilanza sullo stato di conservazione delle strutture edilizie e sull’efficienza degli impianti e rimane responsabile per le parti che non sono nella disponibilità dell’inquilino, come ad esempio le tubature murate, il tetto, il cornicione, ecc.
Il proprietario chiamato a risarcire il danno ha comunque potere di rivalsa contro il conduttore che non lo ha avvertito della situazione di pericolo.
Nel caso in cui il proprietario concluda un appalto che non comporta il trasferimento totale del potere di fatto sull’immobile in cui devono essere fatti i lavori, egli mantiene l’obbligo di custodia e vigilanza, e conseguentemente la responsabilità dei danni a terzi in condominio.
Danni a terzi: quando non deve rispondere il custode dell’immobile?
Il proprietario-custode di un immobile ubicato in condominio non è ritenuto responsabile dei danni a terzi solo se dimostra che il danno è riconducibile ad un caso fortuito, inteso come un fattore estraneo, imprevedibile, inevitabile ed eccezionale in grado di provocare autonomamente l’evento dannoso e tale, dunque, da interrompere il nesso causale tra la cosa e il danno.
Il caso fortuito può consistere in un fattore esterno o estraneo:
- autonomo, se incide sulla situazione di fatto esistente e determina il danno;
- incidentale, se rende un elemento dell’immobile causa del danno;
- concorrente, se partecipa alla determinazione del danno.
Sono esempi di caso fortuito o di forza maggiore:
- la condotta del terzo imprevedibile ed inevitabile, come nel caso in cui un estraneo abbia dolosamente appiccato il fuoco all’immobile;
- la condotta del terzo gravemente imprudente, come nel caso di un ragazzo che cade dall’edificio dopo essere salito sul lastrico solare dell’edificio per giocare;
- l’uso improprio della cosa fatta dal danneggiato o il suo comportamento colposo;
- l’assenza di titolo del terzo danneggiato per entrare in legittima relazione con l’immobile (il tipico caso del ladro che si introduce furtivamente in un appartamento, ovviamente contro la volontà del proprietario;
- il fenomeno esterno, come un evento atmosferico o un terremoto, che per intensità ed eccezionalità possa considerarsi causa autonoma del danno.
Danni a terzi causati dallo stato di rovina dell’edificio
Il proprietario di un edificio o di altra costruzione è responsabile dei danni causati dallo stato di rovina, salvo che provi che questa non è dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione.
Per edificio si intende, in maniera molto ampia, ogni costruzione umana infissa al suolo, anche se provvisoria, ed ogni elemento accessorio che sia stabilmente incorporato all’edificio stesso quale, ad esempio:
- tubature dell’impianto idrico;
- manufatti ornamentali;
- cartelli;
- insegne pubblicitarie;
- lampioni;
- sostegni per vasi.
Per «stato di rovina» si intende ogni disgregazione, distacco o rottura che interessi sia gli elementi strutturali della costruzione, sia quelli accessori in essa stabilmente incorporati.
Il danno deve essere causato dal crollo o distacco e dalla conseguente caduta violenta di una parte dell’edificio. Il proprietario è responsabile del danno quando la rovina è causata da:
- un vizio di costruzione dell’immobile, nel qual caso però potrebbe aver diritto di rivalersi di quanto pagato nei confronti di chi ha progettato, diretto o eseguito la costruzione e pertanto l’impresa edile, il direttore lavori ed il progettista;
- un difetto di manutenzione dell’immobile o di qualche sua parte.
Non rientrano in tale ipotesi i danni provocati dalla caduta accidentale del vaso di fiori dal balcone, di un ramo o di un albero posto nel giardino di pertinenza, in quanto non si tratta di elementi stabilmente incorporati con l’edificio.
In caso di rovina di un condominio, il responsabile è il condominio stesso e non i singoli condòmini, a meno che sia palesemente imputabile a uno di essi. Se il danneggiato è un condòmino e i danni subiti sono dovuti a un’omessa vigilanza da parte del condominio nell’esecuzione dei lavori su parti comuni, la richiesta di risarcimento va rivolta nei confronti dell’amministratore, in qualità di rappresentante del condominio, il condominio, a sua volta, valuterà la possibilità di rivalersi contro l’amministratore stesso.
Se sull’immobile c’è un diritto di uso o abitazione o è oggetto di usufrutto, è il titolare del diritto reale che risponde, anziché il nudo proprietario.
Il proprietario può liberarsi da responsabilità e non risarcire il danno solo se dimostra che l’evento dannoso è stato causato da un caso fortuito o forza maggiore o, ancora, da un fatto imputabile (almeno in parte) al danneggiato stesso.
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