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CTU: tutte le parti in causa devono pagare il compenso?

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(@mariano-acquaviva)
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Chi non ha chiesto la consulenza tecnica d’ufficio può essere costretto a sostenerne il costo? La parte vittoriosa deve ugualmente pagare la Ctu?

Non sempre il giudice ha le competenze necessarie per poter risolvere una controversia. Si pensi ad esempio al giudizio che deve accertare le cause del decesso di una persona morta dopo aver ingerito un alimento: in un’ipotesi del genere occorrerà l’intervento di un medico legale che chiarisca effettivamente cosa ha causato la morte della vittima. È proprio in questi casi che il giudice deve avvalersi di un consulente tecnico d’ufficio.

Il Ctu può essere davvero indispensabile, soprattutto nei procedimenti in cui c’è bisogno di conoscenze particolarmente tecniche che non sono proprie del giudice. Il Consulente, però, va retribuito, esattamente come un qualsiasi professionista. È qui che si pone il problema che fornisce il titolo al presente articolo: tutte le parti in causa devono pagare il compenso del CTU? Vediamo cosa dice la giurisprudenza.

Consulenza tecnica d’ufficio: cos’è?

La Ctu è la Consulenza tecnica d’ufficio che il giudice dispone ogni volta che la causa verte su questioni particolarmente complesse per le quali occorrono conoscenze molto specifiche.

È il caso del medico legale chiamato ad accertare le cause della morte in un presunto caso di malasanità, oppure dell’agronomo nominato per verificare un danno alle coltivazioni a causa di uno sversamento di acque reflue.

Consulente tecnico d’ufficio: chi è?

Il Ctu è il Consulente tecnico d’ufficio che il giudice nomina (scegliendolo da un apposito albo presente in ogni tribunale) affinché rediga la Consulenza tecnica d’ufficio. In pratica, il Ctu (Consulente) redige la Ctu (Consulenza).

Il Ctu svolge la funzione di ausiliario del giudice: egli agisce su incarico del magistrato entro i limiti della nomina che gli è conferita. Per assolvere al suo compito, risponde alle domande che il giudice gli pone, nei termini da quest’ultimo stabiliti.

Chi nomina il Ctu?

Come anticipato, il Ctu è nominato dal giudice ogni volta che ritiene ce ne sia bisogno. La designazione di un Ctu non è pertanto un diritto della parte processuale, la quale può anche chiederla senza però ottenerla.

Secondo il pacifico insegnamento della giurisprudenza, infatti, la Ctu non è un mezzo di prova in senso stretto, poiché è volta ad aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti ed è quindi sottratta alla disponibilità delle parti, essendone rimessa l’ammissione, o la mancata ammissione, al prudente apprezzamento del giudice [1].

Chi deve pagare il Ctu?

Il compenso dovuto al consulente tecnico d’ufficio per la perizia resa durante la causa è dovuto in via solidale da tutte le parti del processo, dal momento che la sua prestazione viene svolta nell’interesse di tutte le parti del giudizio [2].

Ciò significa che il Ctu, espletata la propria opera, può chiedere per intero il pagamento dell’onorario a ciascuna delle parti costituite in giudizio, senza dover attendere il termine del procedimento, cioè l’emissione della sentenza.

A tanto egli è autorizzato direttamente dal giudice il quale, con proprio decreto, liquida il compenso del Ctu ponendolo a carico di tutte le parti, in modo solidale.

Ciò significa, ad esempio, che se l’attore non vuole pagare, il Ctu potrà chiedere l’intero onorario al convenuto, il quale poi potrà rivalersi per la metà nei confronti della controparte.

Quanto appena detto vale a prescindere da quanto abbia poi stabilito il giudice nella sentenza finale. Il Consulente tecnico, infatti, dopo il deposito della sua perizia, ha immediatamente diritto ad ottenere la liquidazione della sua parcella e, laddove voglia procedere al recupero del suo credito, sarà suo onere azionare non la sentenza, che fa stato unicamente tra le parti, quanto piuttosto il decreto di liquidazione che pone le spese a carico di tutte le parti.

Pertanto, il regime di pagamento delle spettanze del Ctu prescinde dalla sua ripartizione per come definita in sentenza che avviene sulla base del principio della soccombenza e concerne unicamente il rapporto fra dette parti.

Tale ripartizione delle spese, per come operata dal giudice, non è opponibile al Ctu il quale potrebbe chiedere, invece, l’intero corrispettivo ad una sola delle parti in giudizio, salvo il diritto per quest’ultima di rivalersi nei confronti delle altre.

Dunque, le parti rimangono solidalmente responsabili del pagamento delle relative competenze anche dopo l’emanazione della sentenza che stabilisce una ripartizione difforme da quella adottata con il decreto di liquidazione.

Il giudice, con sentenza, pone a carico del convenuto soccombente sia le spese legali che quelle del Ctu. Se però il convenuto non paga il Consulente, questi può sempre azionare il suo diritto nei confronti dell’attore vittorioso, il quale sarà tenuto a pagare l’onorario per poi rivalersi per intero sul soccombente, visto che la sentenza aveva posto a carico di quest’ultimo l’intera parcella del Consulente.

Così testualmente la Corte di Cassazione: «L’obbligazione nei confronti del consulente per il soddisfacimento del suo credito al compenso deve gravare su tutte le parti del giudizio in solido tra loro, prescindendo dalla disciplina in ordine alla ripartizione delle spese processuali fra le parti, che è regolata dal principio della soccombenza: quest’ultimo attiene, infatti, al rapporto fra le parti e non opera nei confronti dell’ausiliare» [3].

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Pubblicato : 30 Dicembre 2022 13:00