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Costume in maschera non originale: è legale?

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(@angelo-greco)
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Cosplay: creare costumi di personaggi famosi dei fumetti, manga, film è reato di contraffazione se non c’è originalità e la dicitura “prodotto non originale” non è ben visibile. 

In un’epoca in cui vanno di moda i cosplay, è sorto l’interrogativo se creare e/o vendere un costume in maschera non originale è legale. Il caso deciso di recente dalla Cassazione [1] si riferisce alla tuta di Spiderman, ma chiaramente il discorso può essere esteso a qualsiasi altro personaggio famoso, come ad esempio quelli dei fumetti, dei cartoni animati, delle serie tv o dei film del cinema. Insomma, ci riferiamo essenzialmente ai soggetti che sono frutto di fantasia e che, proprio per la particolarità che li contraddistingue, non possono avere “simili”, ragion per cui la falsificazione è ancora più evidente. 

Falsificare una maschera, senza l’autorizzazione del titolare dei diritti, costituisce contraffazione ed è pertanto illegale, almeno se ci si muove per scopo di lucro, ossia se l’intento è quello poi di vendere il costume. Nessun limite invece c’è nel confezionare in casa un costume che riproduca un manga o qualche altro personaggio, avvalendosi delle proprie capacità di sartoria. Una ragazza che realizzi da sé il costume di Elsa, protagonista del cartone Disney “Frozen” e lo indossi, magari sfoggiandolo in qualche fiera del fumetto, non commetterebbe alcun reato. 

Insomma, ai fini della configurabilità dei reati di riproduzione o vendita di copie di opere tutelate dal diritto d’autore è richiesto il fine di lucro.

Nella pronuncia in commento, la Cassazione ha stabilito che la riproduzione in ogni forma dei costumi o delle immagine dei super eroi della Marvel – l'”Uomo ragno”, “Hulk”, gli “Avenger”, “Thor” ecc. – per quanto ormai parte dell’immaginario collettivo, resta coperta da copyright. Rischia dunque il sequestro e la condanna per ricettazione e introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi il rappresentante legale della società che importa costumi di “Spiderman” apponendovi il proprio marchio.

Naturalmente ci deve essere pericolo di confusione, non solo al momento dell’acquisto ma anche della successiva utilizzazione [2]: i costumi devono cioè essere, se non identici all’originale, comunque tali da far credere al consumatore che si tratti inequivocabilmente dello specifico personaggio famoso e non di un altro supereroe, seppur simile. Dunque la tuta rossa e blu con disegnate le ragnatele e l’icona del ragno all’altezza dello sterno non può che essere quella di Spiderman: nessuno avrebbe dubbi a riconoscere l’identità tra la maschera e il fumetto. 

Laddove invece il creatore del costume ponga delle modifiche sostanziali al costume, allora l’illecito sarebbe tutt’altro che scontato. Non si può infatti impedire di creare nuove maschere e personaggi solo perché, magari, hanno gli stessi superpoteri di altri più famosi. Ciò trova conferma nelle parole della Cassazione [3] secondo cui non integra il reato la condotta di chi pone in vendita prodotti nuovi e originali realizzati mediante l’uso, a fini non imitativi ma, piuttosto, parodistici ovvero artistici e descrittivi, di marchi noti e caratterizzati da immagini volte ad effettuarne una riproduzione ironica, non idonea a creare confusione con i prodotti protetti dai marchi tutelati.

Nello stesso senso, con riferimento a fattispecie relativa all’introduzione nel territorio dello Stato di peluche raffiguranti il personaggio ”pantera rosa”, la Cassazione [4] ritiene che integri il reato di commercio di prodotti con segni falsi la riproduzione di un personaggio di fantasia tutelato da marchio registrato, ancorché non fedele, ma espressiva di una forte somiglianza, quando sia possibile rilevare una oggettiva e inequivocabile possibilità di confusione delle immagini, tale da indurre il pubblico ad identificare erroneamente la merce come proveniente da un determinato produttore. 

Stesso discorso è stato fatto anche con riferimento al sequestro probatorio di capi di abbigliamento contraffatti benché l’etichetta sul prodotto specifichi che si tratti di prodotti non originali e ciò perché l’etichetta non è facilmente visibile e quindi non è in grado di escludere in concreto il rischio di confusione sulla loro natura. A riguardo la Cassazione [5] ha stabilito come, in tema di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi, non è sufficiente ad escludere la configurabilità del reato la presenza sui prodotti commercializzati di una dicitura indicativa del carattere non originale degli stessi e del marchio di cui l’agente è titolare, in quanto occorre verificare se, in concreto, la dicitura e il marchio aggiuntivo siano idonei ad escludere il rischio di confusione sulla natura non originale dei prodotti. A tal fine, bisogna verificare la posizione sul prodotto di tali elementi rispetto a quella del marchio altrui – nella prospettiva di un’immediata e contestuale leggibilità di entrambe le indicazioni, che garantisca ai terzi la possibilità di apprezzare il carattere non autentico del marchio – così come rileva la collocazione di quest’ultimo sul prodotto. 

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Pubblicato : 14 Ottobre 2022 15:00