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Cos’è un atto di precetto?

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Come funziona l’atto di precetto e cosa succede se non si paga dopo la notifica dell’atto giudiziario?

Prima di procedere ad esecuzione forzata e al pignoramento dei beni mobili, immobili, stipendi, pensioni e crediti del debitore, il creditore deve sempre procedere alla notifica di un’ultima intimazione di pagamento chiamata atto di precetto. In questo articolo vedremo cos’è un atto di precetto, come funziona e quali sono le conseguenze se scade il termine per pagare. Ma procediamo con ordine.

Come funziona il pignoramento dei beni del debitore?

Per introdurre correttamente il tema dell’atto di precetto e comprendere cos’è e come funziona, dobbiamo spiegare innanzitutto come funziona il pignoramento. Difatti il precetto è proprio preordinato ad avviare la cosiddetta esecuzione forzata che, nel caso di debiti di denaro, si sostanzia nel pignoramento dei beni del debitore (ad esempio lo stipendio, il conto corrente, la pensione, i canoni di locazione, il pagamento di fatture dovute da clienti, ecc.).

La notifica del titolo esecutivo

Devi sapere che nessuno può pignorare i tuoi beni se non possiede un titolo esecutivo. Il titolo esecutivo è un documento emesso, di regola, da un pubblico ufficiale che sancisce ufficialmente l’esistenza del tuo debito e l’ammontare.

Comprenderai più facilmente cos’è il titolo esecutivo se pensi a una sentenza emessa al termine di una causa: in essa c’è la condanna, alla parte soccombente, a pagare una somma all’avversario (creditore).

È altresì un titolo esecutivo il decreto ingiuntivo che non è stato opposto entro 40 giorni. Esso diventa così un documento sufficiente per avviare un pignoramento.

Ma gli atti giudiziali non esauriscono l’elenco dei titoli esecutivi. Lo sono, ad esempio, anche i contratti di mutuo stipulati dinanzi al notaio, ove si sancisce appunto l’obbligazione del mutuatario a restituire le somme ricevute in prestito.

Un altro tipico esempio di titolo esecutivo è la famigerata cartella esattoriale che viene emessa tutte le volte in cui non paghi imposte, tasse o sanzioni amministrative o penali.

Chiudiamo la lista dei titoli esecutivi con le famose cambiali e gli assegni protestati: se il creditore possiede uno di questi documenti, per recuperare le proprie somme non deve fare causa al debitore ma può avviare direttamente il pignoramento.

Una volta che hai compreso cos’è il titolo esecutivo, passiamo alla fase successiva: la sua notifica al debitore. Affinché quest’ultimo sappia che deve pagare è necessario che il titolo sia portato a sua conoscenza. E questa conoscenza si realizza proprio con la notifica, ossia la consegna a opera dell’ufficiale giudiziario (o anche tramite la classica raccomandata con la busta verde, tipica degli atti giudiziari).

Quindi il creditore deve curare la notifica della sentenza o del decreto ingiuntivo al debitore personalmente (e non al suo avvocato), affinché questi sappia che deve pagare e quali sono le somme.

Attenzione però: la notifica del decreto ingiuntivo non è necessaria se il titolo esecutivo è un mutuo, una cambiale o un assegno. Dell’esistenza di tali documenti infatti il debitore dovrebbe essere ben a conoscenza, avendoli firmati in precedenza.

Cosa può fare chi ha un contratto o una fattura?

Da quanto abbiamo appena visto si può trarre una prima e importante conclusione: il creditore che sia in possesso di un semplice contratto, una fattura, una bolla di accompagnamento, un atto di transazione, una promessa di pagamento firmata dal debitore, una bolletta per un’utenza domestica non può ancora avviare il pignoramento perché questi documenti non sono titoli esecutivi. Affinché lo diventino è necessario che siano portati al giudice affinché questi emetta una condanna. Sarà l’atto del giudice – la condanna – a integrare gli estremi del titolo esecutivo. E in questi casi, trattandosi di un documento scritto, la condanna potrà consistere in un decreto ingiuntivo.

Il decreto ingiuntivo è un’intimazione di pagamento che viene emessa senza la presenza del debitore, a semplice richiesta del creditore, previa esibizione delle prove scritte del credito. Il decreto, una volta emesso, deve essere notificato al debitore (ecco dunque la notifica del titolo esecutivo) affinché questi possa decidere se pagare oppure se presentare opposizione.

La notifica dell’atto di precetto

L’ultimo passo prima dell’avvio del pignoramento vero e proprio è la notifica del precetto. Come vedremo a breve nel successivo paragrafo, questo documento – anch’esso notificato tramite ufficiale giudiziario – costituisce un ultimo avviso al debitore che serve per consentirgli di evitare i più gravosi effetti del pignoramento.

Col precetto, l’avvocato addebita al destinatario anche le spese legali per la redazione di tale atto. L’importo da corrispondere quindi lievita ulteriormente.

In generale titolo esecutivo e atto di precetto si notificano contestualmente, ma è anche possibile notificare prima il titolo e poi l’atto.

La notifica congiunta non è ammessa nel caso di morte del debitore, quando si procede contro gli eredi.

Cos’è e a cosa serve l’atto di precetto?

L’atto di precetto è una intimazione a pagare entro 10 giorni dalla sua notifica le somme indicate nell’atto di precetto stesso. Tale documento avvisa il debitore del rischio che, non avvenendo il pagamento nei suddetti termini, il creditore potrà avviare il pignoramento.

Proprio per garantire maggiore trasparenza e chiarezza, il precetto deve indicare gli estremi del titolo esecutivo in forza del quale il creditore sta agendo. Se il titolo esecutivo è una cambiale o un assegno, il precetto ne deve riportare tutti gli estremi (è la cosiddetta “trascrizione”).

L’atto di precetto è dunque l’atto che il creditore deve obbligatoriamente – ed a pena di invalidità dell’intera procedura di pignoramento – notificare al debitore prima di iniziare un’esecuzione forzata. Senza il precetto non ci può essere pignoramento.

Sia che egli intenda espropriare i beni mobili del debitore (pignoramento mobiliare), sia che si rivolga contro gli immobili (pignoramento immobiliare), il conto corrente in banca o il quinto dello stipendio o della pensione (pignoramento presso terzi), il creditore deve sempre provvedere a far pervenire, alla residenza del debitore, tale atto di precetto.

Solo nel caso di esecuzione forzata da parte dell’Agente per la riscossione esattoriale (ad esempio Agenzia Entrate Riscossione) non c’è bisogno di notificare il precetto prima dell’esecuzione forzata: la cartella esattoriale infatti racchiude in sé sia le proprietà del titolo esecutivo che del precetto.

Chi effettua la notifica del precetto?

Chi esegue la notifica Di regola il creditore consegna all’ufficiale giudiziario le copie autentiche del precetto e del titolo esecutivo affinché l’ufficiale li notifichi al debitore.

La notifica può essere eseguita anche dall’avvocato mediante PEC, se l’indirizzo del destinatario risulta dai pubblici elenchi o tramite servizio postale. Se il titolo esecutivo contiene la condanna del medesimo soggetto al pagamento di più crediti distinti in favore di diversi creditori, ciascun creditore deve spedire in forma esecutiva il titolo in relazione alle obbligazioni in suo favore e notificarlo al debitore anteriormente o contestualmente al precetto di pagamento, non potendosi avvalere della notificazione eseguita, in relazione ad altro credito, da un diverso creditore.

Cosa bisogna fare dopo aver ricevuto un precetto?

La prima cosa che deve fare il debitore dopo aver ricevuto il precetto è consultare un avvocato al fine di verificare se vi sono i presupposti per fare opposizione. Difatti, contro un precetto, è possibile presentare ricorso per vizi di forma (entro 20 giorni) o di sostanza (senza limiti di tempo).

Il debitore che voglia evitare il pignoramento può contattare l’avvocato del creditore, il cui nome è indicato sul precetto, per effettuare il pagamento richiesto (avendo cura di farsi rilasciare una quietanza liberatoria).

Il creditore non può iniziare il pignoramento prima della scadenza del decimo giorno indicato nel precetto. Tuttavia, in generale, l’esecuzione forzata parte diverso tempo dopo poiché l’avvocato deve avere il tempo di redigere l’atto di pignoramento, portarlo all’ufficiale giudiziario e quest’ultimo deve poi notificarlo al debitore.

La scelta, che alcune volte viene fatta dal debitore, di non ritirare l’atto di precetto alla posta si rivela una pessima strategia: per la legge, infatti, l’atto non ritirato si considera comunque notificato una volta decorsa la “giacenza”, ossia dopo 10 giorni dall’invio, al debitore, di una seconda raccomandata, in cui lo si avvisa del primo tentativo di notifica non andato a buon fine. Con la conseguenza che il debitore che non ha ritirato il precetto non è neanche nella condizione di verificarne il contenuto ed eventualmente contestarlo.

Come poter evitare il pignoramento?

L’atto di precetto deve contenere l’avvertimento che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo loro un piano del consumatore.

Il primo caso, ossia l’accordo di composizione della crisi, si verifica quando il debito proviene da obbligazioni lavorative. In tal caso, l’accordo può essere convalidato dal tribunale solo se c’è il consenso dei creditori che rappresentano il 60% dell’ammontare dei debiti.

Il secondo caso, ossia il piano del consumatore, ricorre per i debiti non relativi ad attività lavorativa. In tal caso la proposta di “saldo e stralcio” viene presentata al giudice che l’accetta se la ritiene congrua e conforme alle effettive possibilità economiche del debitore.

Quando scade l’atto di precetto?

Il precetto ha una validità di 90 giorni: pertanto se entro tale termine il creditore non effettua il pignoramento, ogni esecuzione forzata è nulla.

Ciò non significa però che, scaduto il novantesimo giorno, il debitore è definitivamente libero da ogni rischio. Infatti il creditore può notificare un nuovo atto di precetto, intimando il pagamento entro 10 giorni, che avrà efficacia per altri 90 giorni.

La notifica dell’atto di precetto interrompe i termini di prescrizione. Quindi, se tra un precetto e l’altro non sono decorsi 10 anni (tutte le volte in cui il titolo esecutivo è costituito da una sentenza, un cambiale o un contratto di mutuo) non si verifica la prescrizione.

Si può contestare un precetto?

Ogni volta che il precetto sia irregolare o contenga delle somme non dovute, il debitore può opporsi attraverso un atto di ricorso (si parla di due tipi diversi di opposizione: l’opposizione all’esecuzione e l’opposizione agli atti dell’esecuzione). In questo modo si inizia una vera e propria causa.

Se intende contestare la regolarità formale del precetto, il debitore deve agire entro 20 giorni dalla notifica dello stesso.

Diversamente, se intende contestare l’inesistenza del proprio debito e ogni altra questione attinente alla sostanza del precetto, non ha termini entro cui agire (a meno che l’esecuzione non sia già terminata).

 
Pubblicato : 6 Febbraio 2024 16:31