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Cos’è l’elusione fiscale?

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(@paolo-remer)
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Quando aggirare le norme tributarie è lecito e quando invece il Fisco può contestare i comportamenti del contribuente che cerca di realizzare un risparmio d’imposta. 

Cos’è l’elusione fiscale? se ne sente spesso parlare, come se fosse una forma più soft di evasione, ma non è affatto così. Il più delle volte – ma non sempre – l’elusione fiscale è un comportamento perfettamente legittimo, con cui il contribuente cerca di sfruttare al meglio le norme tributarie esistenti per realizzare un risparmio di imposta. E questo è concretamente possibile in molteplici situazioni.

Però anche l’elusione fiscale può diventare illecita, e ciò accade quando si verifica un vero e proprio abuso di un diritto concesso ai contribuenti per altri fini, che invece vengono abilmente distorti in modo da ottenere vantaggi e profitti non spettanti. In questi casi c’è un comportamento astuto e sofisticato, che richiede una profonda conoscenza della normativa tributaria per individuarne i punti deboli in cui insinuarsi: qualcosa che non è alla portata di tutti ma che comunque succede spesso. E allora l’Amministrazione finanziaria, quando se ne accorge, reagisce severamente, applicando le specifiche norme antielusione; talvolta però ciò avviene colpendo il giusto per il peccatore, a riprova che in questa delicata materia i contorni non sono affatto chiari.

Elusione fiscale ed evasione: differenze

Iniziamo col delineare la differenza tra l’evasione fiscale e l’elusione fiscale, per chiarire il fenomeno di cui ci stiamo occupando. Evadere le tasse significa violare apertamente le norme tributarie, e questo può avvenire non solo con condotte attive, ma anche con comportamenti omissivi, ad esempio non emettendo fattura a fronte di una cessione di beni ai clienti, o non presentando la dichiarazione dei redditi o Iva.

Con l’elusione fiscale, invece, le leggi non vengono infrante, ma sono – o sembrano – formalmente rispettate. Ma anche qui potrebbe esserci un elemento illecito: ad esempio, se acquisto dei beni che mi permettono di ottenere un’agevolazione tributaria, come la deducibilità dei costi, ma quei beni non servono alla mia azienda e non riguardano l’attività imprenditoriale o professionale esercitata, l’operazione che ho compiuto ha il fine esclusivo di ottenere un risparmio d’imposta, e questo è evidentemente indebito.

È il caso di chi cerca di “scaricare” dei costi non inerenti: la deducibilità è prevista in favore di chi effettivamente utilizza impianti, attrezzature, macchinari, autoveicoli per la propria attività produttiva o commerciale, non per chi vuole semplicemente abbattere i ricavi procurandosi fatture di acquisto. In sostanza, con l’elusione compiuta in questo modo si cerca di aggirare il Fisco (e talvolta ci si riesce).

Viceversa, se costituisco una Srl (che è una società di capitali), anziché una Snc (società di persone), per beneficiare del più favorevole regime di determinazione dei ricavi imponibili e di tassazione degli utili previsto per le prime, non commetto alcun illecito, perché la scelta di convenienza che ho fatto, nel ventaglio di opzioni disponibili, è prevista proprio per consentire di adottare quella ritenuta migliore.

Da qui scaturisce un’importante considerazione: a differenza dell’evasione, l’elusione fiscale non riguarda l’azione in sé – che, come abbiamo visto, è formalmente lecita – ma esplora il motivo per il quale è stata compiuta, e che potrebbe essere illecito se persegue un risultato che il legislatore non avrebbe voluto permettere. A tal proposito una recentissima sentenza della Corte di Cassazione [1] ha detto, molto efficacemente, che «non è il vantaggio fiscale che fa l’elusione», ma occorre sempre indagare lo scopo dell’operazione realizzata, per verificare se sussistevano o meno delle effettive «ragioni economiche» tali da giustificarla, al di là del risparmio d’imposta ottenuto, che rappresenta soltanto una conseguenza ovvia, perché è la stessa norma a prevederlo.

Quando l’elusione fiscale diventa illecita

Il fenomeno dell’elusione fiscale illecita diventa concretamente possibile quando esistono delle lacune o imperfezioni nella normativa tributaria, che qualcuno riesce a sfruttare abilmente a proprio vantaggio. In concreto, le prassi elusive più dannose per l’Erario vengono realizzate da società, anche di livello multinazionale, mediante elaborati sistemi di interposizione e di attribuzioni fittizie di beni o partecipazioni sociali.

Il Fisco reagisce a queste situazioni già in chiave preventiva, ossia molto prima di svolgere i controlli ispettivi a posteriori sulla situazione specifica, e a tal fine dal 2015 esiste una norma antielusione, introdotta nello Statuto dei diritti del contribuente [2]: l’elusione fiscale non è punibile penalmente, ossia non costituisce un reato tributario, ma è passibile di sanzioni amministrative tributarie, che sono le stesse previste per la violazione dell’obbligo che è stato eluso. In questo modo si cerca di neutralizzare l’operazione e di sanzionare chi ha cercato di non pagare le imposte dovute.

La stessa norma fornisce un importantissimo chiarimento quando afferma che non si considerano illecite «le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente».

Elusione fiscale e abuso del diritto

Per realizzare una barriera più solida contro le condotte elusive illecite, la norma di legge che stiamo esaminando ha legato l’elusione fiscale al concetto di abuso del diritto. L’abuso del diritto si realizza quando un contribuente compie «una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti».

La prova dell’abuso del diritto deve essere sempre fornita dall’Amministrazione finanziaria che contesta le operazioni compiute dal contribuente, e deve chiarire – nell’atto di accertamento della violazione e nell’eventuale processo tributario che ne consegue – in cosa consista l’assenza di «sostanza economica» nella situazione concreta esaminata. Qui il discorso si fa complesso, perché gli abusi del diritto più raffinati vengono compiuti non con una singola azione (un atto, un contratto, una compravendita, ecc.), bensì con una serie di atti concatenati e collegati fra loro per produrre determinati effetti giuridici e tributari.

Ad esempio, è stata ritenuta illecita dalla giurisprudenza recente:

  • la detrazione (con conseguente rimborso) dell’Iva da parte di una società immobiliare che aveva acquistato un immobile per affittarlo ad un’agenzia di assicurazioni avente la medesima compagine sociale [3];
  • la rinuncia di un socio ad un ingente credito nei confronti della società, con successiva cessione delle quote sociali ad un prezzo molto inferiore al loro valore [4];
  • la stipula di un mutuo ipotecario su immobili conferiti in una società di cui gli stessi mutuatari erano soci, operazione fatta «al solo scopo di beneficiare del risparmio di imposta collegato al calcolo del valore immobiliare al netto della passività accollata dalla società» [5].

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Pubblicato : 23 Febbraio 2023 09:15