forum

Cos’è e come funzio...
 
Notifiche
Cancella tutti

Cos’è e come funziona la successione mortis causa?

1 Post
1 Utenti
0 Reactions
64 Visualizzazioni
(@angelo-greco)
Post: 3141
Illustrious Member Registered
Topic starter
 

Quali sono le quote di eredità che spettano al coniuge, ai figli, ai fratelli o sorelle e agli altri parenti.

Con il termine successione mortis causa si intende il momento in cui, dopo la morte di una persona, i suoi beni, diritti e debiti si trasferiscono agli eredi. Di solito, anche chi decede senza fare testamento ha preventivamente pianificato il trasferimento del proprio patrimonio attraverso atti di donazioni (e, a volte, finte compravendite). Ma anche laddove ciò non fosse avvenuto, interviene la legge a stabilire le regole sul passaggio generazionale privilegiando i parenti più stretti del cosiddetto de cuius (ossia il soggetto defunto).

Questo articolo mira a fornire una panoramica chiara e dettagliata su questo tema complesso. Vedremo cos’è e come funziona la successione mortis causa, come vengono ripartite le quote del patrimonio del defunto con o senza testamento.

Cosa si intende per “successione”?

Il concetto di successione, o passaggio generazionale, indica il momento in cui gli eredi subentrano nei diritti e nei doveri di una persona defunta, ereditando il suo patrimonio. Questo processo, noto come successione “mortis causa”, richiede una esplicita manifestazione di volontà da parte dell’erede non potendo avvenire automaticamente: è la cosiddetta «accettazione di eredità» che va tuttavia fatta entro 10 anni. Decorso tale termine, l’erede perde ogni diritto e si considera come se avesse rinunciato all’eredità

La successione si distingue dalla donazione, che avviene invece tra persone viventi (“inter vivos”). Entrambe sono regolate dal codice civile e sono soggette alla stessa tassazione. La donazione e la successione hanno in comune il fatto che il trasferimento dei beni avviene “a titolo gratuito”, senza cioè nulla in cambio. L’elemento distintivo però sta nel fatto che, se nella donazione l’intestazione del bene avviene quando il donante è vivo, la successione si può verificare solo a partire dalla sua morte.

Si pagano le tasse sull’eredità?

Uno degli aspetti più preoccupanti della successione è la tassazione, meglio nota come imposta di successione. In Italia, tale imposta fu introdotta nel 1862, subito dopo l’unificazione del Paese, e ha subito diverse modifiche nel corso degli anni. Ad oggi però le imposte di successione sono limitate a ipotesi di patrimoni particolarmente elevati e ai casi di trasmissione ad estranei. E difatti:

  • quando gli eredi sono il coniuge e/o i figli, l’imposta è pari al 4% ma si paga solo sul valore dell’eredità che supera 1milione di euro;
  • quando gli eredi sono i fratelli e/o le sorelle, l’imposta è pari al 6% ma si paga solo sul valore dell’eredità che supera 100mila euro;
  • quando gli eredi sono i parenti fino al quarto grado, gli affini in linea collaterale fino al terzo grado, l’imposta è del 6% da applicare sul valore complessivo netto trasferito, senza alcuna franchigia;
  • per tutti gli altri casi, l’imposta è dell’8% senza franchigie.

Se il beneficiario dell’eredità è un disabile ai sensi della legge 104/1992, si applica la franchigia di 1,5 milioni e l’aliquota segue invece il grado di parentela sopra indicato.

In aggiunta all’imposta di successione, ci sono infine delle spese specifiche da prevedere per il passaggio di immobili, differenziate a seconda dell’uso che si fa dell’unità abitativa. Quando viene usata come prima casa, si paga:

  • un’imposta di trascrizione di 200 euro;
  • un’imposta catastale di 200 euro.

Quando invece non si tratta dell’abitazione principale, bisogna pagare delle percentuali del cosiddetto “prezzo-valore”, calcolato attraverso apposite formule basate sulla rendita catastale e sulla tipologia di immobile, così definite:

  • un’imposta di trascrizione pari al 2% del prezzo-valore dell’immobile;
  • un’imposta catastale pari all’1% del prezzo-valore.

Il funzionamento dell’imposta sulla successione è identico a quello relativo all’imposta sulle donazioni. Anche quest’ultima infatti si applicano le aliquote e le franchigie appena viste. Tale equiparazione è stata disposta per evitare che, risultando l’una più conveniente dell’altra da un punto di vista fiscale, il titolare del patrimonio potesse dribblare la tassazione.

A chi vanno i beni se non si fa testamento?

Vediamo cosa accade quando non si fa testamento. In questi casi si applicano le norme del codice civile sulla cosiddetta “successione legittima” ossia secondo la legge.

Si definiscono infatti gli “eredi legittimi”, coloro che riceveranno il nostro patrimonio a prescindere dall’esistenza di un testamento. Le norme del codice tutelano per primi i parenti più stretti e quindi il coniuge, i discendenti (figli, nipoti) e gli ascendenti (genitori e nonni) in linea retta. In second’ordine, se ascendenti e discendenti sono assenti, si passa alle linee cosiddette “collaterali”, legate ai propri genitori (fratelli e sorelle), ai nonni (zii e cugini), per poi allontanarsi fino al quinto e sesto grado di parentela.

Se una persona muore senza avere alcuno di tali parenti in vita, il suo patrimonio finisce allo Stato.

I coniugi, per ereditare, devono essere uniti in matrimonio o in “unione civile”: i conviventiinfatti non hanno particolari tutele. Anche in caso di separazione si è ugualmente eredi (fino alla data del divorzio), a meno che non ci sia stato l’addebito, ossia l’imputazione di responsabilità per la fine del matrimonio (pronunciata dal giudice con la sentenza stessa di separazione).

Facciamo qualche esempio delle casistiche più diffuse di cosa accade quando non si fa testamento:

  • se si hanno esclusivamente parenti di una tipologia (solo genitori, solo fratelli, solo un coniuge, solo uno i più figli), quella o quelle persone riceveranno il 100% del patrimonio.

Quando invece ci sono coniuge e figli:

  • un coniuge e un figlio si divideranno al 50% i beni;
  • un coniuge e più figli riceveranno invece rispettivamente un terzo e i due terzi delle risorse.

Quando c’è un coniuge, ma non ci sono figli:

  • il coniuge e i genitori si divideranno il patrimonio rispettivamente in due terzi e un terzo
  • il coniuge e i fratelli, allo stesso modo, si divideranno le risorse rispettivamente in due terzi e un terzo
  • il coniuge, i genitori e i fratelli si dividerebbero rispettivamente con due terzi, un quarto e un dodicesimo

Ed ecco infine alcune combinazioni quando non c’è un coniuge (o è un convivente), sempre in ipotesi che non si faccia nulla e che sia la legge a decidere come ripartire il patrimonio:

  • in presenza di uno o più figli e di genitori, riceverebbero tutto i figli;
  • anche in presenza di figli e di fratelli, tutti i beni andrebbero ai figli;
  • stessa sorte toccherebbe in caso di presenza di figli, genitori e fratelli: andrebbe tutto ai figli, che di fatto sono i soggetti più tutelati nella successione legittima

In assenza di figli e di un coniuge, si può verificare il caso di:

  • genitori e fratelli, che si dividerebbero al 50% il patrimonio.

Naturalmente la normativa parla di percentuali di ripartizione del valore e non dei singoli beni (case, oggetti, denaro, ecc.): in assenza di pianificazione o accordi, il patrimonio viene suddiviso e intestato pro quota ai diversi eredi.

Cosa succede se c’è un testamento?

Se il defunto lascia un testamento le cose vanno diversamente: bisogna rispettare la volontà di quest’ultimo che, tuttavia, non è completamente libera. Ogni persona infatti deve lasciare sempre una quota del proprio patrimonio (la cosiddetta legittima) ai familiari più stretti (i cosiddetti legittimari). I legittimari sono:

  • coniuge, anche se separato;
  • i figli;
  • i genitori, in assenza dei figli.

Dunque tali soggetti non possono mai essere diseredati.

Sottratta la legittima, la residua parte del patrimonio (la cosiddetta quota disponibile) può essere disposta dal testatore liberamente.

Per verificare se la legittima è stata rispettata, bisogna tenere conto non solo di ciò che il legittimario ha ricevuto dal testatore a titolo di successione ma anche quanto da lui ottenuto con donazioni quando era ancora in vita.

Le polizze vita

Prima di vedere quali sono le quote di legittima a cui hanno sempre diritto i legittimari, dobbiamo tuttavia ricordare che un altro modo, oltre al testamento, per pianificare la propria successione è la sottoscrizione di un’assicurazione (la cosiddetta polizza vita) che consente di designare uno o più beneficiari. Il risarcimento sulla polizza vita spetta indipendentemente dall’accettazione dell’eredità (quindi ottiene la somma anche chi rinuncia all’eredità). Inoltre le somme destinate all’assicurazione non sono pignorabili.

Quali sono le quote che spettano ai legittimari?

Se si hanno parenti esclusivamente di una tipologia, ecco le quote:

  • solo genitori: un terzo va a loro. I residui due terzi sono la quota disponibile;
  • solo fratelli: tutta la quota diventa disponibile e non è obbligatorio lasciare loro nulla;
  • solo coniuge: la metà a lui/lei mentre l’altra metà è disponibile;
  • solo un figlio: la metà a lui/lei; l’altra metà è disponibile;
  • solo più figli: due terzi a loro, un terzo disponibile per chi si desidera.

Quando invece ci sono coniuge e figli:

  • un coniuge e un figlio si divideranno ciascuno un terzo del patrimonio e l’ultimo terzo sarà disponibile;
  • un coniuge e più figli riceveranno invece rispettivamente un quarto e la metà, con un ulteriore quarto disponibile;

Quando c’è un coniuge, ma non ci sono figli:

  • un coniuge e i genitori riceveranno rispettivamente la metà e un quarto del patrimonio, con un quarto in quota disponibile;
  • in caso di coniuge e fratelli, questi ultimi non riceveranno nulla, con la metà al partner e l’altra metà disponibile;
  • con coniuge, genitori e fratelli, nuovamente questi ultimi non avrebbero diritto a nulla, il coniuge alla metà, i genitori a un quarto e un ulteriore quarto sarebbe disponibile.

Ed ecco infine alcune combinazioni quando non c’è un coniuge (o è un convivente), sempre in presenza di testamento:

  • in presenza di un solo figlio e dei genitori, questi ultimi non avrebbero nulla, i figli la metà e l’altra metà sarebbe disponibile;
  • con più figli e i genitori, solo i primi ricevono i due terzi, con una quota disponibile pari a un terzo;
  • lo stesso accade con più figli e fratelli, che ricevono rispettivamente i due terzi e zero, con una quota disponibile pari a un terzo;
  • stessa sorte toccherebbe in caso di presenza di figli, genitori e fratelli: andrebbero i due terzi ai figli, con un terzo in quota disponibile.

In assenza di figli e di un coniuge, si potrebbe infine verificare il caso di:

  • genitori e fratelli: ai primi andrebbe un terzo, ai secondi nulla e i due terzi diventerebbero disponibili.
 
Pubblicato : 20 Marzo 2024 07:45