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Cosa va in prescrizione dopo 10 anni?

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(@angelo-greco)
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La prescrizione dei crediti: il debito non deve essere più pagato se si è formata la prescrizione. Le eccezioni alla prescrizione decennale.

I termini di prescrizione dei debiti sono di due tipi: c’è la prescrizione di 10 anni, che è la regola generale, e c’è la prescrizione di 5 anni, che invece è l’eccezione. Ulteriori previsioni speciali sono previste per particolari categorie di debiti (ad esempio il credito dell’albergatore si prescrive dopo sei mesi mentre quello dell’insegnante privato dopo un anno).

Scopo di questo articolo è spiegare cosa va in prescrizione dopo 10 anni. Trattandosi, come detto, della regola applicabile alla generalità dei diritti di credito, sarà davvero difficile fare un elenco puntuale. Ci sforzeremo però di indicare quali sono le ipotesi più frequenti, tenendo conto anche dei debiti con il fisco che, a volte, sono quelli che generano maggiori preoccupazioni (si pensi alle famigerate cartelle esattoriali).

Prima ancora di stabilire però cosa cade in prescrizione dopo dieci anni dobbiamo spiegare cos’è la prescrizione. All’esito di ciò vedremo come si forma la prescrizione, come contestarla e come chiedere l’annullamento del debito. Ma procediamo con ordine.

I crediti derivanti da contratti e fatture

In linea generale, tutti i crediti derivanti da contratti si prescrivono in 10 anni. Si pensi al caso di una persona che acquista un oggetto e che non lo paga: il creditore ha 10 anni per agire contro di lui.

Quindi, di norma, dinanzi a una fattura insoluta, ci sono dieci anni per agire.

Di dieci anni è quindi la prescrizione per prestiti, finanziamenti e mutui. Tuttavia il termine di prescrizione inizia a decorrere da quando scade il termine per il pagamento o, in caso di pagamenti rateizzati (si pensi al mutuo), da quando si verifica l’inadempimento che dà luogo alla risoluzione del contratto con obbligo di versare l’intero importo in un’unica soluzione. Quindi la prescrizione non decorre da ogni singola rata.

La legge invece prevede, sempre in via generale, una prescrizione di 5 anni per i crediti che non derivano da contratti ma da rapporti sorti in modo diverso, ad esempio a seguito di un danneggiamento o di un reato. Ad esempio, il credito del proprietario di un appartamento nei confronti del condominio per danni da infiltrazioni provenienti dal tetto si prescrive in 5 anni così come in 5 anni si prescrive il diritto al risarcimento a seguito di un reato.

Eccezione all’eccezione è il credito derivante da un incidente stradale che si prescrive invece in 2 anni.

Le eccezioni alla prescrizione di 10 anni

Se è vero che, in linea generale, tutti i crediti derivanti da rapporti contrattuali hanno una prescrizione decennale, la legge prevede delle eccezioni.

In tema di rapporto di lavoro, poiché parliamo di crediti che il datore deve adempiere mensilmente, la prescrizione è di 5 anni nonostante detto rapporto origini da un contratto. Quindi in cinque anni si prescrivono i vari stipendi non versati (le mensilità arretrate), il TFR, le indennità per ferie, ecc. Attenzione però: il termine inizia a decorrere non già da quando si verifica l’inadempimento (e quindi a scadenza del termine per il versamento) ma alla cessazione del rapporto di lavoro (a prescindere dal fatto che essa avvenga per licenziamento, dimissioni o pensionamento). Questa regola si fonda sulla presunzione che un dipendente, in costanza di rapporto di lavoro, potrebbe essere disincentivato ad agire contro il datore per timore di ritorsioni.

Se il contratto prevede poi dei pagamenti periodici, ogni anno o per frazioni più brevi (ad esempio ogni mese), la prescrizione è di 5 anni. Così ad esempio si prescrive in 5 anni un abbonamento a una pay-tv o le bollette del telefono.

La parcella dovuta a professionisti ha un termine di prescrizione di 3 anni. Si pensi al compenso dovuto al medico, all’avvocato, all’ingegnere, ecc.

Per le bollette della luce, dell’acqua e del gas la prescrizione è di 2 anni, nonostante siamo in presenza, anche in questo caso, di un contratto.

È un contratto quello per le lezioni private e, nonostante si paghi a cadenze periodiche (si pensi all’insegnante di musica, di canto o di inglese) la prescrizione è di 1 anno.

È di 1 anno la prescrizione della provvigione dovuta all’agente di commercio.

È anche un contratto quello che si stipula con l’albergatore (ad esempio un hotel, un b&b, ecc.): la prescrizione in tal caso è di 6 mesi.

Debiti fiscali che si prescrivono in 10 anni

Si prescrivono in 10 anni le seguenti tasse e imposte: Irpef (comprese le addizionali Comunali e Regionali), Ires (e relative addizionali), Iva, Irap, imposta di bollo, imposta catastale e ipotecaria, imposta sulle donazioni e sulle successioni, canone Rai, contributi alla Camera di Commercio, contributo unificato, ticket sanitario e canone acqua.

Anche le cartelle esattoriali che richiedono il versamento di tali imposte si prescrivono in 10 anni (decorrenti dalla loro notifica).

Invece si prescrivono in 5 anni tutte le imposte locali come Imu e Tari (con eccezione del bollo auto che si prescrive in 3 anni), le multe stradali e le sanzioni amministrative o penali, i contributi Inps e Inail.

Sentenze e decreti ingiuntivi

Tutte le sentenze di condanna si prescrivono in 10 anni, a prescindere dalla natura del credito fatto valere. Ad esempio, se una persona non paga una bolletta della luce (con prescrizione 2 anni) e la società elettrica gli fa causa, l’ordine di pagamento contenuto nella sentenza si prescriverà in 10 anni, dal deposito della sentenza.

Lo stesso vale per i decreti ingiuntivi: anch’essi hanno una prescrizione decennale indipendentemente dalla natura del credito.

Questo principio vale per qualsiasi tipo di sentenza, anche quelle relative alla Corte di Giustizia Tributaria che, come noto, si occupa di imposte e tasse. Quindi chi perde la causa di opposizione a una cartella esattoriale e viene condannato vedrà prescriversi il proprio debito dopo 10 anni anche se si trattava di un tributo con prescrizione di 5 anni.

Come far valere la prescrizione?

La prescrizione si forma automaticamente, per il semplice fatto che è decorso il termine indicato dalla legge.

Il debitore non deve fare nulla per far valere la prescrizione. Ma semmai dovesse ricevere una richiesta di pagamento da parte del creditore potrebbe limitarsi a contestare per iscritto l’intervenuta prescrizione. Spetterebbe allora al creditore dimostrare di aver interrotto la prescrizione con un sollecito di pagamento o altro atto interruttivo (come la notifica di una citazione o di altro atto giudiziale).

L’unica eccezione vale per le cartelle esattoriali: in tal caso non è sufficiente non pagare ma bisogna contestare il successivo atto con cui viene richiesto il pagamento di una precedente cartella prescritta. Diversamente il secondo atto diventa definitivo e va pagato.

 
Pubblicato : 19 Giugno 2023 15:30