Cosa succede se non faccio tutte le ore di lavoro?
Le variazioni dell’orario di lavoro richiedono accordo tra datore e lavoratore, chiarisce la Cassazione.
Nel mondo del lavoro, le ore pattuite tra datore e dipendente nel contratto di lavoro sono vincolanti e ogni variazione richiede un nuovo accordo. Tuttavia una recente sentenza della Cassazione (ordinanza n. 28862/2023) stabilisce che il contratto si presume full-time dalla sua origine salvo che risulti una diversa contrattazione tra le parti. Dunque, il datore di lavoro potrebbe sempre fornire la prova che c’è stata un’intesa, successiva all’assunzione, per adibire il dipendente full time a part time.
Con questa innovativa pronuncia la Corte ha risposto a una domanda piuttosto frequente del dipendente: cosa succede se non faccio tutte le ore di lavoro? Cerchiamo di chiarire meglio le conseguenze di questa sentenza.
Cosa prevede la normativa sulle ore di lavoro?
La legge impone che il lavoratore debba essere retribuito per il numero di ore concordate nel contratto. Se un individuo è assunto per un tot di ore, il datore di lavoro è tenuto a retribuirlo per l’intero monte ore, indipendentemente dal fatto che le ore siano state effettivamente lavorate o meno ossia a prescindere che il dipendente sia rimasto a casa o meno.
Come si gestiscono le riduzioni dell’orario di lavoro?
Storicamente, se un datore di lavoro riduceva unilateralmente le ore di lavoro senza adeguata contrattazione, il lavoratore manteneva il diritto a essere pagato per l’intero orario contrattuale. Questo principio sembra essere scardinato dalla nuova pronuncia della Cassazione.
La Corte innanzitutto ricorda che, in mancanza di una documentazione scritta che attesti un accordo per il part-time, il rapporto di lavoro si presume instaurato a tempo pieno (ossia full time). Questa presunzione è applicabile anche in ambito processuale ma può essere contestata dal datore di lavoro solo presentando prove di accordi concordati per la riduzione delle prestazioni lavorative.
Ma attenzione: questa prova può essere fornita anche attraverso comportamenti concludenti, ossia non espliciti, ma che dimostrino la sussistenza dell’accordo stesso. Il fatto che il dipendente che abbia subito una riduzione dell’orario di lavoro non abbia contestato all’azienda tale riduzione, senza cioè metterla in mora con una esplicita diffida, è sufficiente per giustificare la modifica al contratto di assunzione. Il che significa che il lavoratore non può più rivendicare il pagamento del maggior numero di ore per il quale era stato assunto
Quali sono i principi stabiliti dalla Cassazione?
La Cassazione ha così stabilito alcuni principi chiave:
- anche in presenza di un contratto full-time, è possibile dimostrare l’esistenza di sospensioni concordate dell’attività lavorativa e della retribuzione;
- queste sospensioni, una volta provate, diventano clausole tacite che integrano il contratto di lavoro originario;
- qualsiasi modifica di queste sospensioni concordate necessita di un nuovo accordo con il lavoratoree non può essere imposta unilateralmente dal datore di lavoro;
- il datore di lavoro può dimostrare l’intervento di una riduzione consensuale della prestazione lavorativa, ovvero di una modifica del contratto con nuova manifestazione di volontà anche per fatti concludenti (Cass. n. 25047/2020; Cass. n. 14684/2019; Cass. n. 1375/2018; Cass. n. 5518/2).
Come si documentano le variazioni dell’orario di lavoro?
Per documentare le variazioni dell’orario di lavoro, è comunque preferibile che ogni cambiamento sia posto per iscritto. Questo significa che ogni accordo di riduzione oraria o di sospensione del lavoro deve essere formalizzato attraverso un accordo che entrambe le parti firmano, in modo da avere una traccia chiara e indiscutibile dell’intesa raggiunta.
Quali sono le conseguenze di una mancata contrattazione scritta?
La mancata contrattazione scritta comporta che il contratto di lavoro sia considerato full-time ab origine. Questo significa che, in caso di controversie, il lavoratore può rivendicare il diritto ad essere retribuito come se avesse lavorato a tempo pieno, anche se di fatto ha lavorato meno ore.
In quali casi il lavoratore può rivendicare le ore non lavorate?
Se un datore di lavoro ha ridotto unilateralmente le ore di lavoro senza un accordo e il lavoratore non ha contestato questa variazione, egli potrebbe non avere diritto a rivendicare la differenza tra le ore lavorate e quelle originalmente concordate. Tuttavia solo in assenza di una contestazione chiara, il lavoratore può sempre far valere il suo diritto alla retribuzione piena.
Come si prova una riduzione oraria concordata?
La prova di una riduzione oraria concordata può essere fornita attraverso comunicazioni scritte, e-mail, note verbali registrate o altri documenti che attestano l’accordo tra le parti. È importante che sia chiara l’intenzione di entrambe le parti di modificare le condizioni lavorative originarie.
Cosa deve fare il lavoratore in caso di variazioni unilaterali?
Se il lavoratore si accorge che il datore di lavoro ha unilateralmente modificato l’orario di lavoro, ha il dovere di contestare immediatamente tale variazione. La mancata contestazione potrebbe infatti essere interpretata come un’accettazione tacita delle nuove condizioni lavorative.
Cosa implica la sentenza della Cassazione per il futuro?
La sentenza della Cassazione stabilisce un importante precedente legale, ribadendo che ogni variazione del contratto di lavoro deve essere concordata e non può essere imposta dal datore di lavoro. Questo rafforza la posizione dei lavoratori, garantendo maggiore trasparenza e sicurezza nelle relazioni di lavoro.
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