Cosa succede se non accetto e non rinuncio all’eredità?
Cosa fare se il chiamato all’eredità non accetta né rinuncia? Come è interpretato il silenzio dell’erede?
Per legge l’accettazione dell’eredità deve essere effettuata entro 10 anni. Dopodiché tale diritto cade in prescrizione. Nulla si dice invece in merito ai termini entro cui deve intervenire la rinuncia. Così non è infrequente chiedersi cosa succede se non si accetta e non si rinuncia all’eredità. Come viene interpretato il silenzio del potenziale erede (il cosiddetto “chiamato all’eredità”)? In assenza di una sua esplicita manifestazione di volontà, può questi essere considerato erede puro e semplice (valendo una sorta di “silenzio assenso”) oppure perderà ogni diritto sul patrimonio del defunto?
Cerchiamo di fare il punto della situazione.
Cosa succede se non ci accetta l’eredità e non si rinuncia?
Il silenzio protratto per oltre 10 anni dall’apertura della successione – ossia dalla data del decesso – comporta la perdita del diritto ad accettare. Dunque, tale comportamento determina la rinuncia all’eredità.
Proprio per tale ovvia ragione il legislatore non ha inteso fissare un termine per la rinuncia, corrispondendo questo con il termine per l’accettazione.
Dunque, la rinuncia all’eredità può essere fatta in due modi:
- in forma espressa ossia con una dichiarazione esplicita rilasciata al notaio o al cancelliere del tribunale di residenza del defunto;
- oppure tacita, senza cioè alcuna manifestazione di volontà.
Quando il silenzio è accettazione dell’eredità
Attenzione però all’errore che comunemente si commette: non basta il semplice silenzio per ritenere di aver rinunciato all’eredità. Bisogna anche evitare di compiere uno degli atti di accettazione tacita dell’eredità quali ad esempio:
- l’utilizzo dei beni del defunto senza effettuare l’inventario entro tre mesi o, se è stato fatto l’inventario, senza comunicare la rinuncia nei successivi 40 giorni;
- la vendita dei beni della successione;
- il prelievo dal conto corrente caduto in successione;
- il voto manifestato a un’assemblea di condominio dell’appartamento in successione;
- la stipula di un contratto d’affitto;
- l’accatastamento di un immobile del defunto;
- la riscossione di un assegno;
- la costituzione in una causa avviata dal defunto;
- l’azione di riduzione della legittima,
Leggi: Quali sono gli atti di accettazione tacita dell’eredità?
L’abbreviazione dei termini
Dieci anni è un lungo periodo per comprendere se una persona accetta o rinuncia all’eredità. Ci potrebbero essere dei soggetti controinteressati che vogliano avere una risposta in termini più brevi (si pensi agli altri eredi che, dalla rinuncia di uno, vedrebbero ampliare le proprie quote oppure a un creditore che attenda di poter pignorare i beni che l’erede ha acquisito con la successione).
Per questo la legge prevede una soluzione: chiunque vi abbia interesse, abbreviando il termine decennale per l’accettazione o la rinunzia, può rivolgersi al giudice e chiedere fissi un breve termine (sicuramente più breve di 10 anni) entro cui il chiamato dichiari se accetta o rinunzia all’eredità. Decorso inutilmente detto termine, il chiamato perde il diritto di accettare e si considera come se avesse rinunciato.
Attraverso tale rimedio, chiamato actio interrogatoria, si consente agli interessati di ovviare agli effetti pregiudizievoli che deriverebbero dal perdurante stato di incertezza.
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