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Cosa succede quando una legge è incostituzionale?

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(@angelo-greco)
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Effetti della sentenza della Corte Costituzionale: come far cancellare una legge illegittima.

Una legge dichiarata incostituzionale non viene semplicemente abrogata ma cancellata dall’ordinamento. È come se non fosse mai esistita. L’abrogazione invece fa sì che la legge continui a conservare efficacia per il passato, ossia per il tempo in cui è rimasta in vigore. La dichiarazione di incostituzionalità invece è retroattiva. Compito di questo articolo è far comprendere cosa succede quando una legge è incostituzionale: come fare per impugnarla e farla cancellare, cosa succede dopo la pronuncia della Corte Costituzionale e come vengono disciplinati i rapporti pregressi. Ma procediamo con ordine.

Cosa succede dopo la dichiarazione di incostituzionalità di una legge?

L’art. 136 della Costituzione stabilisce che quando la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge, di un decreto legge o un decreto legislativo, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza. Il che significa che tutti i comportamenti e i rapporti sorti dopo la pronuncia della Corte non saranno più regolati da tale norma ormai cessata di esistere.

Proprio per questo motivo la Corte Costituzionale (da alcuni chiamata “Consulta” dal nome del Palazzo che la ospita) è anche detta «giudice delle leggi». Essa infatti non decide cause tra cittadini o tra cittadini e lo Stato ma si limita semplicemente a valutare se una legge rispetta o meno la Costituzione.

Che valore hanno le sentenze della Corte Costituzionale?

Il primo aspetto importante che deriva dall’affermazione appena fatta è che la sentenza della Corte Costituzionale ha valore per tutto il popolo italiano e non solo per le parti in causa. Questa è una grande differenza rispetto alle sentenze degli altri giudici che invece hanno efficacia inter partes ossia tra i contendenti (per quanto quelle della Cassazione offrano una interpretazione autorevole che dovrebbe indirizzare gli altri tribunali).

Le sentenze della Corte Costituzionale hanno efficacia retroattiva?

Le sentenze della Corte Costituzionale non spiegano efficacia solo per il futuro ma anche per il passato. Difatti se una norma cessa di esistere, essa ha ripercussioni anche sulle situazioni pregresse.

Tanto per fare un esempio: se una persona commette un reato previsto da una legge che poi viene dichiarata incostituzionale in un momento successivo alla sua condotta, egli non può più essere incriminato anche se il fatto è stato compiuto quando ancora la legge esisteva.

In questo sta la più grossa differenza tra dichiarazione di incostituzionalità e abrogazione. L’abrogazione è un fenomeno in forza del quale una legge viene sostituita o parzialmente modificata da una successiva. Sicché, in tal caso, gli effetti della legge precedente restano vincolati a tutti i rapporti sorti quando essa era ancora in vigore mentre quelli successivi vengono regolati dalla legge posteriore.

Quando la sentenza della Corte Costituzionale non ha valore retroattivo?

L’efficacia retroattiva della sentenza  che dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma non si estende ai rapporti esauriti, ossia a quei rapporti che, sorti precedentemente alla pronuncia della Corte costituzionale, abbiano dato luogo a situazioni giuridiche ormai consolidate e intangibili in virtù del passaggio in giudicato di decisioni giudiziali, della definitività di provvedimenti amministrativi non più impugnabili, del completo esaurimento degli effetti di atti negoziali, del decorso dei termini di prescrizione o decadenza, ovvero del compimento di altri atti o fatti rilevanti sul piano sostanziale o processuale.

Come fare ricorso alla Corte Costituzionale?

Il cittadino non può fare ricorso alla Corte Costituzionale così come farebbe dinanzi a un giudice ordinario, anche se ha dinanzi una legge che gli appare palesemente illegittima. Egli infatti deve prima rivolgersi al giudice ordinario (ad es. il tribunale) e presentare a questi la questione di costituzionalità evidenziando le ragioni per cui la legge – da applicare al suo caso – violerebbe la Costituzione. Sarà poi il giudice, fatta una personale valutazione, a decidere se rinviare gli atti alla Consulta per l’eventuale decisione.

Il giudice al quale viene presentata la questione di costituzionalità viene chiamato «giudice a quo». Egli deve accertare che la questione non sia manifestamente infondata, vale a dire che vi sia almeno un ragionevole dubbio sulla legittimità costituzionale delle norme impugnate.

Fatte queste verifiche, il giudice a quo, se accoglie l’eccezione di incostituzionalità, decide con ordinanza motivata sospendendo il giudizio in corso e disponendo la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

Tipologia delle sentenze della Corte Costituzionale  

La Corte costituzionale gode di un notevole grado di discrezionalità nella forma delle sue decisioni (sentenze o ordinanze).

La Corte può emettere una sentenza di inammissibilità, quando accerta che mancano i presupposti per procedere a un giudizio (ad es. l’atto impugnato non rientra fra quelli impugnabili).

Se invece emette una sentenza di accoglimento, dichiara l’incostituzionalità della norma oggetto del controllo, accogliendo il ricorso. Come anticipato, in questo caso la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza (art. 136 Cost.) e non potrà più essere applicata neanche ai rapporti passati, a meno che non siano intervenute sentenze definitive. Si tratta dunque di pronunce retroattive cioè con effetto retroattivo ed erga omnes. Questa irretroattività non può essere applicata, però, per il principio della certezza del diritto ai «rapporti già esauriti» ad eccezione di quelle penali che, se favorevoli al reo, fanno cessare l’esecuzione degli effetti penali.

Se la Corte emette una sentenza di rigetto, dichiara infondata la questione di legittimità nei termini e sotto i profili in cui è stata sollevata dinanzi alla Corte e si rigetta la questione di legittimità costituzionale. In questo caso l’efficacia preclusiva della sentenza riguarda soltanto il giudizio a quo, per cui la stessa questione potrà essere sollevata in altri giudizi e da altri giudici. Nelle sentenze di rigetto la Corte non si pronuncia sulla illegittimità della norma, ma solo sulla fondatezza della questione.

Infine ci sono le sentenze interpretative che sono di due tipi:

  • di rigetto, quando la Corte dichiara infondata la questione per un’errata interpretazione della norma e che non sussistono vizi di legittimità;
  • di accoglimento, dichiara l’illegittimità secondo una diversa interpretazione della norma che dunque continua ad esistere ma dovrà essere interpretata in modo diverso, per come spiegato dalla Consulta nella sua sentenza.

Esistono poi le sentenze:

  • di accoglimento parziale (o riduttive), quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di frammenti di norme (relative anche ad una virgola, frase o congiunzione);
  • additive, quando la Corte dichiara l’illegittimità di un testo nella parte in cui omette un frammento di norma che doveva necessariamente esserci;
  • sostitutive, quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una disposizione nella parte in cui prevede qualcosa piuttosto che prevedere altro.
 
Pubblicato : 8 Giugno 2023 09:45