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Cosa succede dopo una querela per stalking?

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(@mariano-acquaviva)
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Quando si integra il reato di atti persecutori? Quali sono le conseguenze di una denuncia per stalking? Quando scatta il codice rosso?

Chi è vittima di atti persecutori può sporgere denuncia presso le autorità affinché il responsabile venga punito secondo quanto previsto dalla legge penale. Il problema è che la giustizia italiana, notoriamente lenta, giunge a una sentenza definitiva di condanna solamente dopo molti anni. Ciò significa che denunciare un reato è inutile? Cosa succede dopo una querela per stalking?

Come diremo, denunciare uno stalker può avere conseguenze immediate che prescindono dalla sentenza finale: il giudice, infatti, potrebbe decidere di adottare alcuni provvedimenti cautelari a tutela della persona offesa. È il caso, ad esempio, dell’allontanamento dalla casa familiare oppure del divieto di avvicinamento. Vediamo allora quali sono le conseguenze di una denuncia per stalking.

Quando c’è stalking?

Le molestie e/o le minacce ripetute nel tempo ai danni della stessa persona integrano il reato di stalking, se la vittima ha riportato almeno una di queste conseguenze:

  • un perdurante e grave stato di ansia o di paura;
  • un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto;
  • la modifica delle proprie abitudini di vita.

In pratica, le sole molestie o minacce reiterate non sono sufficienti a integrare il reato: occorre che la vittima patisca una delle conseguenze appena elencate.

Com’è punito lo stalking?

Lo stalking è punito con la reclusione da uno a sei anni.

La pena è tuttavia aumentata al ricorrere di alcune circostanze aggravanti, e cioè se il fatto è commesso:

  • dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa;
  • attraverso strumenti informatici o telematici;
  • a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità;
  • con armi o da persona travisata.

Querela per stalking: come funziona?

Lo stalking è un reato procedibile a querela di parte; ciò significa che soltanto la vittima può sporgere denuncia alle autorità competenti, entro il termine di sei mesi dall’ultimo atto persecutorio subito.

La remissione della querela può essere soltanto processuale, nel senso che può avvenire solo davanti al giudice o alle forze dell’ordine mentre non sono ammesse altre forme, come ad esempio la remissione tacita, desunta da comportamenti della vittima da cui si evince la volontà di revocare la denuncia sporta.

La querela è irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce gravi, commesse ad esempio con armi o con scritti anonimi.

Lo stalking è eccezionalmente procedibile d’ufficio se è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità, nonché quando è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio (ad esempio, lesioni gravissime, sequestro di persona o tentato omicidio) [1].

Per ulteriori approfondimenti, si legga l’articolo dal titolo Stalking: si può ritirare la querela?

Querela per stalking: conseguenze

Il nominato della persona querelata per stalking viene iscritto all’interno del registro delle notizie di reato conservato in Procura.

La prima e più importante conseguenza della querela per stalking è quindi l’avvio delle indagini preliminari a carico della persona che è stata segnalata per tale reato.

A seguito della querela, il pubblico ministero può proporre al giudice l’adozione di una misura cautelare per tutelare la vittima che, durante la fase delle investigazioni, potrebbe ancora essere esposta alla condotta illecita dello stalker.

I provvedimenti cautelari più efficaci per contrastare gli atti persecutori sono:

  • l’allontanamento dalla casa familiare, nell’ipotesi in cui lo stalker conviva con la persona offesa;
  • il divieto di avvicinamento alla vittima, ai suoi familiari e ai luoghi da lei abitualmente frequentati (cosiddetta ordinanza restrittiva).

L’applicazione di una misura cautelare è particolarmente frequente nelle ipotesi in cui lo stalking rientri nel cosiddetto “codice rosso”, cioè nella procedura d’urgenza pensata per tutelare le vittime di violenza familiare e di genere.

Per “violenza di genere” si intende ogni tipo di violenza, da quella psicologica e fisica a quella sessuale, dallo stalking allo stupro, fino al femminicidio, che riguarda un vasto numero di persone discriminate in base al sesso.

In ipotesi del genere, le forze dell’ordine (in genere, carabinieri o polizia) che hanno ricevuto la querela devono immediatamente trasmetterla in Procura.

Il pubblico ministero, ricevuta la querela dalla polizia giudiziaria, ha tre giorni di tempo per assumere informazioni direttamente dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato.

Così facendo, il pm potrà valutare fin da subito se sussistono gli estremi per chiedere al giudice l’emissione di una misura cautelare (tipo l’allontanamento da casa o il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima).

Se una donna denuncia lo stalking commesso ai suoi danni dall’ex compagno, dovrà essere sentita dal pubblico ministero per valutare la richiesta di applicazione immediata di una misura cautelare nei riguardi dello stalker.

Il rispetto di una delle misure cautelari sopra elencate può essere garantito anche mediante l’applicazione del cosiddetto braccialetto elettronico; la loro violazione costituisce reato.

Al termine delle indagini, se il pubblico ministero ritiene di aver raccolto sufficienti prove a carico della persona denunciata per stalking, verrà celebrato il processo penale vero e proprio, nel quale:

  • l’imputato potrà difendersi nominando un proprio avvocato di fiducia e chiedendo l’ammissione dei mezzi di prova utili a scagionarlo (documenti, testimonianze, ecc.);
  • la vittima che ha sporto querela potrà costituirsi parte civile per chiedere il risarcimento dei danni subiti, patrimoniali e non.
 
Pubblicato : 25 Novembre 2023 10:00