Cosa succede dopo la sentenza in Cassazione?
Il pronunciamento della Suprema Corte, di norma, è sempre definitivo. Ma ci sono dei casi in cui può essere contestato e, quindi, rivisto. Ecco quali.
La Corte di Cassazione è l’ultimo dei tre gradi di giudizio che esistono nel nostro ordinamento: tranne in qualche rara eccezione, non è possibile presentare ricorso contro una sua decisione. La Suprema Corte interviene dopo il pronunciamento del tribunale ordinario (o del Giudice di Pace) in primo grado e della Corte d’appello in secondo grado, anche se è possibile «saltare» quest’ultimo passaggio e ricorrere direttamente dal primo grado alla Cassazione. In qualsiasi caso, è quest’ultima ad avere ‘ultima e definitiva parola su un giudizio. Quindi, cosa succede dopo la sentenza in Cassazione? Chi, ad esempio, è stato condannato alla reclusione deve andare in carcere senza la possibilità di chiedere un’ulteriore revisione della sua posizione?
Di norma, è così: impugnare una sentenza della Cassazione non è consentito. Ci sono, però, dei casi in cui è possibile agire con:
- una revocazione straordinaria;
- un’opposizione di terzo.
La regola generale sulla sentenza in Cassazione
L’articolo 111 della Costituzione riconosce la possibilità di ricorrere in Cassazione contro le decisioni di un magistrato. «Cassazione» significa «cancellazione»: la Suprema Corte può decidere di eliminare un provvedimento o una sua parte ma non lo può sostituire con un’altra sentenza o con un’altra ordinanza. Semmai, dovrà chiedere di farlo al tribunale o alla Corte d’appello competente.
Il ricorso in Cassazione può riguardare:
- le decisioni dei giudici ordinari;
- i provvedimenti sulla libertà personale per violazione di legge.
Le sentenze del Consiglio di Stato o della Corte dei conti sono ricorribili solo per motivi di giurisdizione.
Dopo la sentenza in Cassazione, dunque, possono succedere queste due cose:
- che la Suprema Corte chieda al tribunale o alla Corte d’appello di rivedere la loro decisione: in tal caso, il procedimento giudiziario non si conclude subito ma resta in attesa di un nuovo pronunciamento;
- che la Suprema Corte confermi la sentenza del tribunale o della Corte d’appello: in tal caso, la sentenza della Cassazione è definitiva.
Quando si può impugnare una sentenza della Cassazione?
Anche se alla Cassazione viene riconosciuto il ruolo di organo supremo di giustizia e affidato il compito di assicurare l’osservanza e la corretta interpretazione delle leggi, ci sono dei casi in cui è possibile impugnare le sue decisioni. Sono ammesse, come detto:
- la evocazione straordinaria;
- l’opposizione di terzo;
La revocazione straordinaria
Con la revocazione è possibile impugnare una sentenza in Cassazione affetta da vizi gravi. Si svolge in due fasi:
- si valuta la sussistenza dei motivi alla base della revocazione eliminando, in caso affermativo, la sentenza viziata;
- viene sostituita la sentenza revocata con un’altra decisione di merito.
La revocazione straordinaria è quella proposta anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza. Può riguardare un pronunciamento della Cassazione se la sentenza impugnata
- è l’effetto del dolo posto in essere da una parte processuale contro un’altra. Si pensi al caso in cui una parte ha commesso dei comportamenti e dei raggiri per impedire la valida difesa processuale dell’altra parte;
- si fonda su prove dichiarate o riconosciute false successivamente alla sentenza stessa;
- la parte soccombente non ha conoscenza dell’accertamento della falsità delle prove prima della sentenza.
La dichiarazione o il riconoscimento della falsità delle prove può avvenire:
- per riconoscimento volontario della parte;
- a seguito di giudizio civile o penale, passato in giudicato, che ne abbia accertato la falsità.
La revocazione è possibile anche quando:
- dopo la sentenza si scoprono dei documenti decisivi per definire la controversia che la parte interessata non ha potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore oppure per colpa della controparte;
- la sentenza impugnata è dovuta ad un comportamento doloso del giudice, purché il dolo sia stato accertato con sentenza passata in giudicato.
La revocazione può essere proposta con ricorso alla stessa Corte di Cassazione, dandone comunicazione alla controparte:
- entro 60 giorni dalla notifica della sentenza impugnata;
- entro un anno dalla sua pubblicazione.
Il ricorrente deve indicare:
- i motivi di revocazione straordinaria;
- le prove a fondamento del dolo della parte, della falsità delle prove o della scoperta dei documenti necessari alla revisione della sentenza.
La Cassazione può:
- assegnare la decisione ad una delle sue Sezioni, in pubblica udienza;
- provvedere con ordinanza, qualora ritenga inammissibile il ricorso.
L’opposizione di terzo
L’opposizione di terzo è una procedura che consente a una terza parte non coinvolta nel procedimento di contestare la sentenza in Cassazione quando:
- il provvedimento della Suprema Corte pregiudica i suoi diritti;
- non è possibile intervenire nel procedimento, essendo la sentenza già passata in giudicato oppure è già esecutiva.
Possono proporre l’opposizione anche i creditori o degli aventi causa di una delle parti, quando la sentenza sia frutto del dolo o collusione a loro danno. I provvedimenti della Cassazione sono impugnabili con opposizione di terzo quando la Corte abbia deciso la causa nel merito.
Anche in questo caso, la sentenza in Cassazione è impugnabile con ricorso alla stessa Corte, da notificarsi entro gli stessi termini previsti per la revocazione straordinaria.
La Cassazione può:
- accogliere il ricorso e decidere in merito alla controversia;
- non accogliere il ricorso e rinviare l’esame della decisione ad una propria Sezione.
Sentenza in Cassazione: altri casi di impugnazione
È possibile impugnare una sentenza della Cassazione anche per:
- un errore materiale, dovuto ad una svista nella stesura del pronunciamento (ad esempio, delle generalità sbagliate);
- un errore di calcolo, ad esempio su un importo da riconoscere alla controparte;
- un errore di fatto, quando la sentenza è frutto di una falsa rappresentazione della realtà processuale.
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