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Cosa succede a chi pubblica video senza permesso?

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(@angelo-greco)
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Violazione della privacy: che rischia chi pubblica immagini o filmati di altre persone su internet?

La pubblicazione di immagini o video raffiguranti comportamenti illeciti sui social media è punibile con una sanzione amministrativa, indipendentemente dall’intento di riconoscere l’autore dell’illecito e denunciare l’accaduto alle autorità. Il Tribunale di Taranto, con la sentenza 1099 emessa il 16 maggio scorso, ha chiarito i limiti dell’autogestione della giustizia nell’era dei social media. Ma procediamo con ordine e vediamo cosa succede a chi pubblica video senza permesso, quali sono le sanzioni e le conseguenze per i responsabili. 

Un esempio pratico di violazione della privacy su internet

Riportiamo un esempio pratico: nel 2021, una società responsabile della gestione dei rifiuti per conto di un Comune aveva piazzato telecamere in diverse aree per scoprire i responsabili di ripetuti abbandoni di rifiuti. Ma il gestore non si era fermato alla mera registrazione: aveva infatti condiviso alcune di queste riprese sul suo profilo Facebook, senza oscurare i volti dei presunti autori dell’illecito. In almeno due occasioni, era possibile riconoscere gli individui, dato che i loro volti non erano stati oscurati.

Questa azione ha suscitato le proteste dei cittadini, che hanno segnalato la questione al Garante per la Privacy. Quest’ultimo ha inflitto una multa di 200mila euro alla società per la violazione del Regolamento Ue 2016/679 (GDPR) sulla privacy.

Il Comune ha contestato la sanzione, sostenendo il proprio diritto a diffondere tali immagini, al fine di contrastare l’abbandono indiscriminato di rifiuti nelle strade, facilitando l’identificazione dei colpevoli.

Sebbene il Tribunale abbia ridotto l’ammontare della multa a 20mila euro, ha contemporaneamente emesso un avviso sui pericoli della diffusione su larga scala di dati personali su internet.

Multe per chi condivide video non autorizzati di chi commette reati o altri illeciti

Si può filmare una persona che commette un reato, che viola il codice della strada o commette qualsiasi altro illecito. Ma il filmato non può essere pubblicato su internet o condiviso via chat (ad esempio tramite WhatsApp), a meno che i volti non siano resi irriconoscibili. Insomma anche i criminali e gli automobilisti irrispettosi del codice hanno una loro privacy che va riservata. Dunque il filmato può essere usato solo per presentare denunce, querele, esposti o altre segnalazioni alle autorità, ma non per mettere alla berlina il responsabile. 

La regola è chiara: i dati personali non devono essere usati oltre lo scopo previsto. Pubblicare tali immagini sui social media, infatti, non contribuisce alla ricerca dei responsabili, ma li espone piuttosto a un potenziale linciaggio mediatico, che può persino diventare pericoloso.

Questo principio è sancito dall’articolo 5 del Regolamento Ue sulla privacy, che impone al titolare del trattamento dei dati di adottare misure di minimizzazione dei dati. Sebbene in queste circostanze i dati possono essere elaborati senza il consenso dei soggetti interessati, non è comunque consentito conservarli oltre il tempo necessario e in modi che superano l’obiettivo iniziale. L’articolo 83 stabilisce che le sanzioni, calcolate in base alla gravità del caso, possono arrivare: 

  • fino a 10 milioni di euro per i privati;
  • o, per le aziende, fino al 2% del fatturato annuo, se superiore a 10 milioni di euro.

Si tratta di sanzioni di carattere amministrativo. Dunque, a meno che il soggetto filmato non sia un minorenne, non si commette reato.

Risarcimento del danno

La sanzione di carattere amministrativo non pregiudica poi il diritto per il danneggiante di chiedere un risarcimento del danno. Risarcimento che sarà parametrato:

  • al tempo in cui il filmato è rimasto online;
  • al danno che il danneggiato ha subito e che può dimostrare.

La prova del danno deve sempre sussistere, altrimenti non è possibile ottenere il risarcimento. Il danno potrebbe anche essere costituito da un pregiudizio morale, come ad esempio la vergogna o il giudizio della gente. In questi casi il giudice, non potendo ancorare il risarcimento a un parametro economico oggettivo, lo determina “secondo equità”, ossia in base a quanto gli appare giusto nello specifico caso.

Conclusioni

La pratica di diffondere su internet foto e video di atti illeciti è in aumento. Di solito, l’obiettivo è avvertire i vicini di potenziali furti o rapine. Tuttavia, l’autogestione della giustizia sui social media si scontra con il rispetto della privacy. I pericoli non devono essere sottovalutati. Ecco perché anche l’installazione di telecamere in luoghi pubblici per monitorare attività o eventi sospetti può richiedere una valutazione preliminare dell’impatto. Inoltre, l’articolo 114 del Codice di procedura penale proibisce esplicitamente la pubblicazione di documenti durante le indagini. Pertanto, sarebbe preferibile consegnare le fotografie o i video alle autorità competenti.

 
Pubblicato : 30 Maggio 2023 12:00