forum

Cosa si rischia se ...
 
Notifiche
Cancella tutti

Cosa si rischia se si lavora senza contratto?

1 Post
1 Utenti
0 Reactions
57 Visualizzazioni
(@angelo-greco)
Post: 3141
Illustrious Member Registered
Topic starter
 

Lavorare senza un regolare contratto di lavoro espone il lavoratore a diverse situazioni di rischio. In questo articolo analizziamo le principali conseguenze per chi lavora in nero.

Per instaurare un regolare rapporto di lavoro non è necessario il contratto tradizionale firmato da entrambe le parti: è sufficiente una semplice lettera di assunzione da comunicare successivamente alle autorità competenti (Centri per l’impiego, Inps, Inail). Il datore di lavoro che non rispetta tali procedure è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria (la cosiddetta “maxi sanzione”). Ma cosa rischia il dipendente se lavora senza contratto?

Vediamo quali sono le conseguenze per i lavoratori che si trovano a svolgere la propria attività in modo irregolare. In tal caso si configura il cosiddetto “lavoro nero”, che comporta una serie di rischi anche per il lavoratore.

Quali sono i rischi per il lavoratore in nero?

Il fatto di svolgere lavoro in nero costituisce un illecito solo per il datore di lavoro, non anche per il dipendente. Ciò perché l’obbligo di comunicare l’instaurazione del rapporto di lavoro alle autorità competenti grava solo sull’imprenditore. È dunque quest’ultimo a commettere l’illecito.

Peraltro, secondo le regole del diritto civile, il contratto di lavoro si costituisce “di fatto”, ossia in automatico, per il semplice svolgimento delle attività subordinata in modo continuativo: sicché il dipendente maturerà, mese per mese, il diritto alla retribuzione prevista dal contratto collettivo, anche se non è stato regolarizzato.

Tuttavia, se svolgere lavoro in nero non costituisce di per sé né un reato né un illecito amministrativo, il dipendente potrebbe comunque subire conseguenze legali sfavorevoli. Vediamole insieme.

Accertamento fiscale

Chi percepisce redditi in nero e non li dichiara può subire un accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate. Vero è che, il più delle volte, le retribuzioni sono versate in contanti e dunque diventano difficilmente tracciabili per il fisco.

Tuttavia, gli uffici possono procedere anche a un accertamento di tipo “sintetico”, ossia attraverso il Redditometro. Questo strumento consente di misurare il reddito di una persona sulla base delle spese da quest’ultima sostenute. Sicché se le uscite superano il 20% del reddito dichiarato, verrà avviata una procedura volta innanzitutto a ottenere chiarimenti dal contribuente e successivamente, se ritenuti insoddisfacenti, a irrogargli la sanzione.

Procedimenti penali

Il dipendente che percepisce lo stipendio in nero e, nello stesso tempo, risulta percettore dell’assegno di disoccupazione o di altri contributi statali o comunali rivolti ai disoccupati può essere incriminato penalmente.

In tali ipotesi può scattare il reato di falso in atto pubblico per le dichiarazioni menzognere rilasciate all’Inps e agli altri enti pubblici, punito con la reclusione fino a 2 anni.

Inoltre scatta il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, punibile con la reclusione da 6 a 12 mesi.

Mancanza di tutele previdenziali e assistenziali

Il lavoratore in nero non percepisce i contributi previdenziali che sono necessari per accedere un giorno alla pensione, alla disoccupazione e ad altri ammortizzatori sociali.

Questo significa che, se non farà causa al datore per ottenere la regolarizzazione del contratto con effetto retroattivo, si vedrà “scoperto” il periodo lavorativo e non potrà ricostruirlo in un momento successivo. Quindi il suo diritto alla pensione, così come a un eventuale assegno di disoccupazione (Naspi) potrà essergli negato.

A tal fine però egli ha 5 anni di tempo dalla cessazione del rapporto di lavoro per agire contro il datore e chiedere le differenze retributive con versamento di tutti i contributi Inps.

Come tutelarsi in caso di lavoro in nero?

Il dipendente che voglia regolarizzare la propria posizione può:

  • rivolgersi direttamente e personalmente all’Ispettorato Territoriale del Lavoro affinché avvii le procedure ispettive e intimi al datore di lavoro l’adempimento di tutti gli obblighi di legge;
  • affidarsi a un avvocato per iniziare una causa contro il datore. In tale ipotesi, il dipendente dovrà dimostrare l’esecuzione dell’attività lavorativa, gli orari, lo svolgimento delle specifiche mansioni ai fini dell’inquadramento. Il giudice, oltre a costituire un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ordinerà al datore il pagamento di tutte le differenze retributive dal giorno dell’effettiva assunzione con i relativi contributi. L’azione può essere esperita entro 5 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro.
 
Pubblicato : 26 Marzo 2024 16:00