Cosa si ottiene con la separazione consensuale?
Differenze tra separazione consensuale e giudiziale: cosa possono concordare marito e moglie quando si separano.
Ci sono due modi per separarsi e chiudere un matrimonio ormai fallito: farlo consensualmente, ossia con un accordo firmato da entrambi i coniugi, oppure farsi causa. Chiaramente nel primo caso, i tempi si abbreviano, i costi si riducono ma soprattutto si evitano complicate e angosciose guerre giudiziarie.
La separazione consensuale conviene anche perché, in tal caso, è possibile anticipare i tempi del successivo divorzio. Ma vediamo, più nel dettaglio, cosa si ottiene con la separazione consensuale.
A cosa serve la separazione consensuale?
Prima di divorziare, la coppia deve separarsi. Si tratta di un procedimento preliminare e obbligatorio, che non può essere evitato se non in casi eccezionali e particolarmente gravi.
La separazione può avvenire in due modi:
- separazione consensuale, con l’accordo cioè di entrambi i coniugi su tutti gli aspetti (personali ed economici);
- separazione giudiziale, senza l’accordo e con l’intervento del giudice.
La separazione consensuale, come dice il nome stesso, presuppone che vi sia l’accordo tra i coniugi su ogni aspetto derivante dal distacco. Si ricorre invece alla separazione giudiziale, ossia mediante una regolare causa in tribunale, quando non c’è l’accordo o quando un coniuge è scappato all’estero e non ha lasciato traccia di sé o quando questi rifiuta di concedere all’altro la separazione.
Tanto la separazione consensuale quanto quella giudiziale servono quindi per poter poi divorziare. Si tratta dell’anticamera necessaria.
La separazione, sia essa consensuale o giudiziale, pone inoltre fine a:
- l’eventuale comunione legale dei beni;
- l’obbligo di fedeltà;
- l’obbligo di convivenza.
Come avviene la separazione consensuale?
La separazione consensuale può avvenire in tre diversi modi:
- in Comune, dinanzi all’ufficiale di Stato civile;
- in Tribunale, dinanzi al giudice;
- con un atto, la cosiddetta negoziazione assistita, firmato dinanzi ai rispettivi avvocati.
Sono le parti a scegliere quale procedura adottare. Con alcune precisazioni:
- la separazione in Comune può avvenire solo se la coppia non ha figli minori, portatori di handicap grave o maggiorenni non ancora autosufficienti;
- la separazione in Comune non ammette patti di trasferimento di beni (che pertanto dovranno avvenire con atto separato, eventualmente davanti al notaio se si tratta di immobili). Si può tuttavia concordare il versamento di un assegno di mantenimento;
- la separazione in Comune è gratuita e avviene in due appuntamenti diversi: un primo per presentare la domanda e un secondo per convalidare la richiesta;
- la separazione dinanzi al giudice si può fare anche con un solo avvocato per entrambe le parti, così risparmiando sulle spese legali. La presenza del legale è però necessaria;
- la separazione con la negoziazione assistita richiede invece due avvocati, uno per parte, con conseguente raddoppio dei costi. In questo caso però non è necessario attendere l’udienza dinanzi al giudice e la procedura si conclude prima.
Conviene di più la separazione consensuale o giudiziale?
Il più delle volte si ricorre alla separazione giudiziale quando non ci si mette d’accordo sull’importo dell’assegno di mantenimento, sull’affidamento dei figli o sulla loro collocazione oppure quando un coniuge voglia far dichiarare, a carico dell’altro, il cosiddetto addebito ossia la responsabilità per la fine del matrimonio (il che succede quando vengono violati i doveri coniugali come la fedeltà, il rispetto, l’assistenza reciproca, la convivenza).
A ben vedere, però, molto spesso le battaglie giudiziarie si risolvono in una questione di principio o di scarsa informazione di quali siano i diritti e i doveri della coppia separata. E difatti:
- nella gran parte dei casi i giudici devono disporre l’affidamento condiviso attribuendo cioè a entrambi i genitori il potere-dovere di assumere congiuntamente le decisioni più importanti per la crescita, educazione, istruzione e salute dei minori: decisioni quindi che dovranno essere prese con il consenso tanto dell’uno quanto dell’altro. L’affidamento esclusivo costituisce l’eccezione a cui si ricorre solo in casi di grave incapacità di uno dei genitori o quando la sua presenza può pregiudicare la salute psicofisica del minore;
- la collocazione del minore, ossia il luogo ove questi andrà a vivere abitualmente, viene ancor oggi accordata con preferenza alla madre, salvo sua incapacità. Lo stato di disoccupazione non rileva visto che il mantenimento dei figli viene disposto a carico dell’altro genitore;
- l’assegnazione della casa coniugale va, per legge, al genitore con cui i figli vanno a vivere, indipendentemente da chi ne sia proprietario. Il titolare del diritto di abitazione che quindi rimane nell’appartamento dovrà anche pagare le tasse, le spese condominiali e le utenze legate all’immobile;
- l’assegno di mantenimento viene oggi riconosciuto dai giudici solo quando uno dei due coniugi, oltre a non avere le condizioni economiche per mantenersi da solo in modo decoroso, non ha neanche la possibilità di procurarsi un’occupazione a causa dell’età avanzata, della salute o della perdita di contatto con il mondo del lavoro determinata da una lunga attività casalinga;
- la battaglia per l’addebito ha ragione d’essere solo se la colpa per la fine del matrimonio è del coniuge che richiede il mantenimento, visto che l’addebito lo priverebbe di tale diritto. Viceversa, non ha senso combattere per far addebitare la separazione al coniuge più benestante visto che questi non subirebbe alcuna conseguenza da tale accertamento. Per esempio, tanto un uomo fedifrago quanto uno fedele sono comunque tenuti a versare l’assegno di mantenimento all’ex moglie anziana e disoccupata.
A conti fatti, la separazione consensuale è di gran lunga più conveniente perché evita lunghi e costosi scontri giudiziari, inoltre non inasprisce ulteriormente i rapporti tra ex coniugi.
La separazione consensuale è più economica: l’attività dell’avvocato si limita ad una sola udienza davanti al giudice o alla redazione dell’accordo di negoziazione assistita.
Inoltre, chi opta per la separazione consensuale può separarsi dopo appena 6 mesi mentre, in caso di separazione giudiziale, è necessario attendere 1 anno (che decorre dalla prima udienza presidenziale).
Cosa si può concordare con la separazione consensuale?
Con la separazione consensuale i coniugi possono concordare qualsiasi aspetto successivo al distacco. Possono ad esempio:
- determinare la misura dell’assegno di mantenimento (o la rinuncia allo stesso);
- decidere l’attribuzione della casa coniugale;
- optare per l’affidamento condiviso o esclusivo dei figli;
- stabilire presso quale genitore i figli andranno a vivere;
- quantificare l’importo del mantenimento per i figli;
- prefissare un calendario per le visite dei figli che il genitore non collocatario dovrà rispettare;
- disporre il trasferimento della proprietà della casa in favore di uno dei due coniugi o dei figli;
- rinunciare all’assegno di mantenimento periodico in favore dell’ex coniuge optando per un assegno una tantum, ossia versato in un’unica soluzione.
Gran parte di queste decisioni corrispondono però a «diritti indisponibili»: diritti cioè che non possono essere oggetto di vera e propria trattativa, come ad esempio l’affidamento e il mantenimento dei figli. Qui interviene infatti l’esigenza di tutelare il maggior interesse del minore. Ragion per cui il giudice è tenuto a una verifica di congruità sulle scelte adottate dai genitori, per accertare se queste corrispondono davvero al bene dei bambini [1].
L’assegno di separazione ha la funzione di garantire al coniuge debole, che non fruisce di redditi adeguati, il mantenimento di un tenore di vita sostanzialmente analogo a quello goduto nel corso della convivenza pregressa con l’altro coniuge.
Che valore hanno gli accordi di separazione al momento del divorzio?
Al momento del divorzio, gli accordi presi in sede di separazione non sono vincolanti. Significa che il coniuge che precedentemente aveva prestato il proprio consenso ad un determinato assetto di interessi (come la rinuncia al mantenimento, al collocamento dei figli, ecc.) può cambiare idea. Questo aspetto va valutato con la massima attenzione. E difatti, se ad esempio un coniuge ha rinunciato al mantenimento in cambio dell’attribuzione della proprietà della casa coniugale, potrebbe in sede di divorzio chiedere comunque l’assegno divorzile.
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