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Cosa fare se il padre vuole donare tutto alla badante?

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(@mariano-acquaviva)
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A quali rimedi possono ricorrere i figli per impedire che il loro genitore regali tutto il suo patrimonio alla badante? Cos’è l’opposizione alla donazione?

Ciascuno può disporre liberamente del proprio patrimonio; ciò significa che un genitore, almeno in teoria, potrebbe anche decidere di sperperare tutti i suoi soldi senza lasciare nulla alla famiglia. È in questo contesto che si pone il seguente quesito: cosa fare se il padre vuole donare tutto alla badante?

Com’è noto, i familiari più stretti hanno diritto, per legge, a una quota dell’eredità. Il valore di quest’ultima, però, può essere calcolato solo al momento della morte del “de cuius”. Ciò significa che, quando è ancora in vita, non sarà possibile impugnare l’atto di donazione per invalidarlo. Quanto detto non vuol dire, però, che i figli non possano fare nulla per tutelare le proprie ragioni nel caso in cui il genitore voglia donare tutto alla badante. Procediamo con ordine.

Cos’è la donazione?

La donazione è il contratto con cui una persona decide di arricchire un’altra per puro spirito di liberalità, cioè senza ricevere nulla in cambio.

Caratteristica fondamentale di questo particolare contratto è l’impoverimento del donante, il quale non trae alcun vantaggio dall’accordo.

La “debolezza” della causa, cioè della ragione che induce a stipulare l’accordo, ha spinto il legislatore a “rafforzarne” la forma: la donazione è nulla se non è stipulata mediante atto pubblico (quindi, dal notaio), alla presenza di due testimoni.

L’atto pubblico non è necessario solamente nell’ipotesi di donazione di scarso valore avente ad oggetto un bene mobile.

Si pensi ai classici regali fatti in occasione di determinate ricorrenze (anniversario, compleanno, matrimonio, ecc.) o festività (Natale, ecc.).

Chi sono i legittimari?

Sono legittimari gli eredi a cui spetta per legge una quota d’eredità (cosiddetta “legittima”); essi sono: il coniuge, i figli (senza distinzione tra naturali e adottivi) e, in assenza di questi ultimi, gli ascendenti (cioè i genitori).

Questi soggetti, anche in presenza di un testamento, hanno sempre diritto a una fetta dell’asse ereditario, stabilita direttamente dalla legge.

Se questo loro diritto dovesse essere leso, i legittimari potrebbero agire in giudizio con l’azione di riduzione per ottenere ciò che loro spetta per legge.

È in questo situazione che si inserisce il quesito che fornisce il titolo all’intero articolo: cosa fare se il padre vuole donare tutto alla badante? Scopriamolo.

La donazione viola la quota di legittima?

Secondo il nostro ordinamento, la donazione rappresenta un anticipo sull’eredità. Non a caso, molte persone, per evitare di fare il testamento, quando sono in vita provvedono a donare tutto ciò che hanno ai figli.

È per questa ragione che le donazioni fatte in vita possono violare la quota di legittima che spetta ai legittimari, cioè a coloro che, come abbiamo detto, devono necessariamente succedere al defunto.

Per essere più precisi, la donazione fatta a soggetti diversi dai legittimari può privare costoro di una parte dell’eredità che loro spetterebbe di diritto.

Si pensi al genitore che, alla sua morte, lascia un conto corrente con 50mila euro ma che, in vita, ha fatto una donazione di 100mila euro a una signora che si è occupata di lui durante la sua malattia.

In un’ipotesi come quella appena esemplificata, la donazione ha leso la legittima che sarebbe spettata al coniuge e ai figli in quanto, se non ci fosse stata, il patrimonio lasciato in eredità sarebbe stato sicuramente più cospicuo.

La donazione che erode la quota spettante ai legittimari può essere impugnata da costoro, entro 10 anni che decorrono dalla morte del “de cuius” (cosiddetta azione di riduzione).

Al contrario, la donazione fatta nei limiti della quota disponibile non può essere contestata.

Carlo muore lasciando un patrimonio pari a 40mila euro. Poiché la legge dice che, quando gli eredi sono solamente il coniuge e un figlio, la quota disponibile è pari a 1/3 del patrimonio, la donazione fatta in vita del valore di 20mila euro è perfettamente legittima (40 + 20 = 60. 1/3 di 60 = 20).

Alla luce di quanto detto è quindi chiaro che il calcolo dell’asse ereditario, necessario a determinare le quote che spettano agli eredi, viene fatto sulla scorta del patrimonio residuo a cui si sommano le donazioni fatte in vita.

Questo calcolo prende il nome di riunione fittizia (art. 556 cod. civ.), che quindi può essere definita come l’aggiunta all’eredità di tutti quei beni ceduti in dono dal parente defunto quando quest’ultimo era ancora in vita, al netto dei debiti.

Cosa succede se il bene donato è stato a sua volta venduto?

Abbiamo detto che l’azione di riduzione per impugnare la donazione può essere promossa solo dopo la morte del donante, entro 10 anni dal decesso.

Questo significa che la donazione, nel frattempo, potrebbe rimanere valida ed efficace per molti anni. Si pensi al donante che muoia solo trent’anni dopo la donazione.

Durante tutto questo tempo potrebbe accadere che il bene donato sia a sua volta trasferito a terze persone. Ad esempio, il donatario, molti anni dopo aver ricevuto il regalo, decide di disfarsene perché non gli serve più.

In un caso del genere, gli eredi possono aggredire il bene donato che nel frattempo si trova presso terzi, chiedendone la restituzione affinché l’asse ereditario sia reintegrato, purché però non siano trascorsi 20 anni dalla trascrizione della donazione.

In altre parole, gli eredi lesi possono aggredire il bene regalato fino a 20 anni dopo la trascrizione della donazione nei registri pubblici immobiliari, se la cosa si trova presso terzi, ottenendone così la restituzione.

Se invece sono trascorsi più di 20 anni, l’azione di riduzione può comunque esercitarsi contro il donatario entro 10 anni dall’apertura della successione: così facendo, questi dovrà restituire all’asse ereditario il valore in denaro del bene donato.

Figli: cosa fare se il padre vuole donare tutto alla badante?

Poiché il calcolo delle quote ereditarie può essere fatto solo al momento della morte del “de cuius”, i figli non possono impedire al padre di fare una donazione contraria ai loro diritti.

La lesione della legittima, infatti, può essere formalmente accertata solo al decesso del genitore, allorquando, tramite riunione fittizia, viene fatto il calcolo dell’asse ereditario.

Non a caso, l’azione giudiziaria volta a tutelare i legittimari (cosiddetta “azione di riduzione”) si prescrive entro 10 anni che decorrono, appunto, dalla morte del “de cuius”, cioè dal momento in cui è accertata la lesione dei propri diritti.

Mentre è in vita, invece, il genitore può disporre liberamente del proprio patrimonio, come abbiamo ricordato anche in apertura.

Nonostante ciò, i figli possono comunque provare a tutelarsi. Vediamo in che modo.

Cos’è l’opposizione alla donazione?

Innanzitutto, i figli possono manifestare una formale opposizione alla donazione del padre a favore della badante. Di cosa si tratta?

Secondo l’art. 563 cod. civ., il coniuge e i parenti in linea retta (figli, nipoti, ecc.) del donante possono notificare e trascrivere, nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa, un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione che impedisce il decorso del termine ventennale che preclude la possibilità di ottenere la restituzione del bene donato che, nel frattempo, è stato ceduto a terzi.

In pratica, l’atto di opposizione alla donazione è una manifestazione di volontà con cui gli eredi (in genere, il coniuge e i figli del donante) si riservano di agire contro i successivi acquirenti dei beni donati, anche dopo che sono trascorsi 20 anni dalla sua trascrizione.

Quindi, contro il padre che vuole donare tutto alla badante, non resta che attendere che si apra la successione per esercitare, entro dieci anni, l’azione di riduzione.

Nel frattempo, anche quando il donante è ancora in vita, è possibile promuovere una formale opposizione, da redigere mediante atto pubblico e da trascrivere successivamente nei registri della conservatoria, al fine di impedire il decorso dei 20 anni che impedirebbero di recuperare il bene donato che nel frattempo è stato eventualmente ceduto a terzi.

Si può interdire il padre che vuole donare alla badante?

È possibile impedire al padre di donare tutto alla propria badante chiedendo l’intervento del giudice tutelare, se è evidente che il genitore abbia seri problemi psichici che gli impediscono di rendersi conto di ciò che sta facendo.

Il ricorso può essere presentato da qualsiasi familiare, anche da un parente non direttamente interessato all’eredità; successivamente, dovrà essere il giudice a valutare lo stato mentale del genitore, eventualmente anche nominando un consulente medico-legale.

Se non sussistono le condizioni per l’interdizione, il giudice potrebbe ravvisare l’opportunità della nomina di un amministratore di sostegno che limiti solo in parte la capacità d’agire del soggetto.

In buona sostanza, il ricorso all’interdizione o all’amministrazione di sostegno per impedire al padre di donare tutto alla badante è consigliabile solo in presenza di evidenti vizi di mente.

Si può denunciare la badante a cui viene donato tutto?

L’art. 643 cod. pen. punisce con la reclusione da due a sei anni chi si approfitta della debolezza di una persona, dovuta alla malattia o all’età, per trarne un profitto. Si tratta del ben noto reato di circonvenzione d’incapaci.

I figli possono denunciare la badante a cui il padre ha donato tutto solo se, effettivamente, la stessa ha approfittato della fragilità del genitore per ottenere un vantaggio economico.

Se ciò dovesse essere confermato dalle indagini della Procura, anche la donazione potrebbe essere annullata.

 
Pubblicato : 10 Gennaio 2024 17:00