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Cosa fare se il datore di lavoro non paga il tfr

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(@valentina-azzini)
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Se ogni tentativo di pagamento diretto da parte dell’azienda è fallito, il TFR lo paga il Fondo di garanzia Inps.

Il tuo rapporto di lavoro è cessato, dunque ti aspetti che l’ex datore ti paghi al più presto il trattamento di fine rapporto; ci fai affidamento perché magari hai qualche progetto per investire quella somma che pian piano hai accantonato durante l’intercorso rapporto di lavoro, oppure quei soldi ti servono per far fronte alle quotidiane esigenze economiche in attesa di trovare nuove occupazione. L’azienda però tergiversa e nulla ti corrisponde. Cosa fare allora se il datore non paga il TFR? A chi rivolgersi per avere tutela? E se l’azienda nel frattempo fallisce, oppure sei stato licenziato proprio dal curatore fallimentare? Devi sapere che il tuo credito per TFR non è perduto: se il datore di lavoro è insolvente, puoi rivolgerti al Fondo di garanzia Inps. Vediamo allora cosa fare se il datore non paga il TFR, valutando le possibili soluzioni che la legge mette a disposizione per il recupero del tuo credito.

Il trattamento di fine rapporto

Durante lo svolgimento del rapporto di lavoro, una quota della retribuzione viene accantonata dall’azienda a titolo di trattamento di fine rapporto, o TFR. Questa somma, che viene corrisposta al lavoratore al momento della cessazione del rapporto, ha la funzione di garantirgli una piccola “scorta” di denaro, con cui far fronte alle esigenze quotidiane di vita in attesa di trovare nuovo impiego. Esso rappresenta l’insieme dei risparmi che il lavoratore, tramite l’azienda, ha accantonato mensilmente nel corso del rapporto di lavoro.
Fino al 2005 il TFR veniva accantonato dal datore di lavoro e conservato in azienda. Dal 2005 in poi, invece, a seguito della c.d. “riforma della previdenza complementare” si è stabilito che, al momento dell’assunzione, il dipendente possa decidere se destinare il TFR ad un fondo complementare, oppure mantenerlo in azienda. La scelta di mantenere il TFR in azienda deve essere espressa diversamente il trattamento di fine rapporto viene automaticamente destinato ad un fondo di previdenza complementare, al quale il datore verserà mensilmente la relativa quota.

Quando il TFR rimane in azienda, il datore sarà tenuto a corrispondere la relativa somma al lavoratore subito dopo le dimissioni o il licenziamento, o al più tardi con la busta paga relativa al mese successivo la conclusione rapporto di lavoro.

Nessun CCNL di categoria prevede che il TFR possa essere corrisposto a 30, 60 o 90 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Messa in mora e azione giudiziaria

Qualora, alla cessazione del rapporto di lavoro o al più tardi il mese successivo, l’azienda non provveda al pagamento del TFR sarà necessario metterla in mora, ossia richiedere formalmente il pagamento delle competenze di fine rapporto mediante comunicazione scritta spedita a mezzo raccomandata a.r. o pec.

Se tale formale richiesta di pagamento non sortisce alcun effetto, sarà necessario rivolgersi ad un legale per iniziare un’azione giudiziale nei confronti dell’ex datore di lavoro.

Se in possesso della busta paga nella quale viene quantificato il TFR o della CU da cui risulta il relativo importo, sarà possibile agire nei confronti dell’azienda con ricorso per ingiunzione, ossia con un atto con il quale si chiede al giudice di emettere un provvedimento  (c.d. decreto ingiuntivo) con il quale intima alla controparte il pagamento del TFR entro 10 giorni dalla sua notifica, a pena di esecuzione forzata. Si tratta di un procedimento molto veloce, che si svolge su esclusiva base documentale e senza sentire le ragioni di controparte, la quale, ricevuta la notifica del decreto ingiuntivo, avrà tempo 40 giorni per potervisi opporre.

L’azione esecutiva

Ottenuto il decreto ingiuntivo e notificato all’ex datore di lavoro unitamente ad atto di precetto, quell’atto con il quale gli si intima il pagamento entro 10 giorni dalla notifica stessa, senza ricevere alcun pagamento, si potrà procedere con l’esecuzione forzata e cioè con il recupero del proprio credito rivalendosi su beni o crediti debitore.

Ad esempio si potrà richiedere il pignoramento dei conti correnti aziendali, oppure il pignoramento mobiliare presso la sede legale aziendale e, se società di persone, presso la residenza del socio illimitatamente responsabile, o ancora il pignoramento degli immobili intestati all’azienda o ai soci illimitatamente responsabili. Quest’ultima, tuttavia, è un’azione esecutiva generalmente poco utilizzata, in quanto comporta da parte del lavoratore l’anticipazione di ingenti somme e spesso dunque risulta eccessivamente gravosa rispetto all’ammontare del credito da recuperare.

L’istanza di liquidazione giudiziale

Qualora anche le azioni esecutive sopra descritte non portino ad alcun risultato pratico, sarà necessario proporre istanza di liquidazione giudiziale (un tempo detta istanza di fallimento). Tale azione si propone con ricorso, sempre con l’assistenza di un legale, con il quale si chiede che, ricorrendone i requisiti le legge, venga dichiarata dal Giudice la liquidazione dei beni della società e venga conseguentemente nominato un curatore con il compito di liquidate il patrimonio aziendale e soddisfare i creditori, con il denaro così ricavato.

La domanda al Fondo di garanzia Inps

Solo dopo aver tentato tutte le possibili strade volte al recupero del TFR direttamente presso l’ex datore di lavoro, si potrà proporre domanda al Fondo di garanzia gestito dall’Inps, il quale provvederà direttamente al pagamento del trattamento di fine rapporto in favore del lavoratore.

Il Fondo di garanzia è appunto un fondo economico gestito dall’Inps, con la finalità di consentire ai lavoratori (o ai loro eredi) il recupero del tfr e, entro certi limiti e a determinate condizioni, delle ultime tre mensilità, quando il datore di lavoro sia insolvente (in altre parole, non sia in grado di far fronte autonomamente ai propri debiti).

Il Fondo di garanzia interviene in ultima istanza, dopo cioè che il lavoratore abbia dimostrato all’istituto previdenziale di aver tentato tutte le possibili azioni volte al recupero diretto del credito presso l’ex datore di lavoro.

La relativa domanda deve essere presentata esclusivamente con modalità telematiche, accedendo alla propria area personale sul sito Inps, oppure tramite tramite l’assistenza di un professionista accreditato (avvocato, commercialista o consulente del lavoro). Alla domanda debbono essere allegati una serie di documenti specificamente indicati sul sito internet dell’Inps, quali ad esempio, in linea generale:

  • delega alla presentazione della domanda (nel caso ci si faccia assistere da un professionista)
  • autocertificazione di residenza
  • documento di identità e codice fiscale
  • autocertificazione di destinazione del tfr all’azienda
  • modello certificativo del proprio codice IBAN
  • modello SR50
  • verbale di pignoramento mobiliare negativo o insufficiente a soddisfare il proprio credito
  • visura catastale, dalla quale risulti che non vi sono immobili intestati all’azienda o all’ex datore di lavoro illimitatamente responsabile o dalla quale si desuma che l’azione esecutiva immobiliare sarebbe per il lavoratore eccessivamente onerosa
  • decreto del Tribunale di rigetto dell’ istanza di liquidazione giudiziale

In caso di dichiarata liquidazione giudiziale, si dovranno altresì allegare all’istanza al fondo di garanzia:

  • stato passivo esecutivo e certificazione di non opposizione
  • domanda di ammissione al passivo e relativi allegati
  • modello SR52 compilato e sottoscritto dal curatore della procedura di liquidazione o autocertificazione sostitutiva

Se il tfr è stato accantonato presso un fondo di previdenza complementare, si dovrà allegare anche la relativa modulistica.

Inoltrato la domanda all’Inps Istituto a tempo 60 giorni per accoglierla rigettarla o chiedere integrazioni documentali. In caso di accoglimento o istituto provvederà a il pagamento a mezzo bonifico direttamente al lavoratore dell’importo richiesto a titolo di TFR già al netto delle ritenute di legge. Poiché l’Inps provvede, come sostituto d’imposta, alla tassazione delle somme richieste a titolo di TFR o crediti diversi, è di fondamentale importanza indicare nella domanda al fondo di garanzia e, prima ancora, nel ricorso per ingiunzione e nella domanda di ammissione al passivo fallimentare, i relativi corrispondenti importi al lordo delle ritenute fiscali e, secondo la più recente giurisprudenza, anche previdenziali.

 
Pubblicato : 28 Agosto 2023 10:30