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Coniuge superstite: quali diritti?

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(@sabrina-mirabelli)
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Al marito o alla moglie del defunto spettano una quota del suo patrimonio e il diritto di abitazione sulla casa coniugale.

Il Codice civile prevede una tutela specifica in favore del coniuge superstite, cioè della moglie o del marito della persona defunta, il cui scopo è di evitare che la morte di colui/colei con cui si è trascorsa parte della vita possa determinare un turbamento psicologico ma anche uno stravolgimento economico negativo. Pertanto, quali diritti sono riconosciuti dalla legge al coniuge superstite? In questo articolo troverai la risposta alla tua domanda.

Ma prima di esaminare nel dettaglio l’argomento pare opportuna una premessa: dal punto di vista giuridico, per coniuge superstite si intende non solo chi resta in vita dopo la morte del marito o della moglie ma, nel caso di una coppia separata, anche l’ex moglie o l’ex marito. I diritti all’eredità del coniuge defunto non vengono meno con la separazione a patto che il coniuge separato, durante la causa di separazione, non sia stato ritenuto responsabile della fine del matrimonio [1].

Altra situazione si verifica, invece, in caso di divorzio laddove l’ex coniuge non ha alcun diritto sull’eredità del defunto, ad eccezione di quello al trattamento di fine rapporto (tfr).

Vediamo allora quali diritti spettano al coniuge superstite, ivi compresa l’ipotesi del marito o della moglie separato/a.

Quali diritti spettano al coniuge superstite?

Il Codice civile attribuisce sempre, al coniuge superstite, una quota del patrimonio del defunto, oltre al diritto di abitazione che esamineremo da qui a poco. L’ammontare di detta quota varia a seconda se il marito o la moglie deceduto/a abbia o meno lasciato testamento.

Di solito, nella prima ipotesi, se tra il coniuge superstite e gli altri eredi non insorgono divergenze, l’eredità viene distribuita rispettando le volontà contenute nel testamento.

Invece, se il defunto tramite testamento ha attribuito al coniuge superstite una quota minore rispetto a quella minima (quota legittima) che per legge gli tocca, il marito/moglie può agire in giudizio per contestare il testamento medesimo [2]. In pratica, può chiedere al giudice di annullare quelle singole disposizioni testamentarie che violano la parte di eredità che gli spetta in base al Codice civile e che le quote di legittima vengano correttamente ricostituite (azione di riduzione) [3].

Più precisamente, se il coniuge superstite è:

  • l’unico erede, la quota di legittima che gli spetta per legge è pari a 1/2 del patrimonio del defunto;
  • erede insieme a un figlio, la quota di legittima spettante a ciascuno di essi è pari a 1/3 del patrimonio ereditario;
  • erede insieme a due o più figli, ha diritto a 1/4 del patrimonio del defunto mentre i figli hanno diritto a 1/2 dell’eredità da spartire in parti uguali;
  • erede insieme a uno o a entrambi i genitori del defunto o, in loro mancanza, ad altri ascendenti e non vi sono figli, la quota di legittima che gli spetta per legge è di 1/2 dell’eredità e ai genitori mentre agli altri ascendenti spetta 1/4 del patrimonio ereditario.

Se il defunto non ha lasciato testamento, al coniuge superstite spetta tutta l’eredità. Se insieme al coniuge c’è anche un figlio, il patrimonio viene diviso al 50% tra questi due soggetti, cioè 1/2 al coniuge e 1/2 al figlio.

Se i figli sono due o più di due, l’eredità spetta per 1/3 al coniuge superstite mentre gli altri 2/3 vengono divisi in quote uguali tra i figli. Se non vi sono figli ma sono ancora in vita i genitori del defunto, al coniuge superstite toccano i 2/3 dell’eredità e 1/3 dell’eredità spetta agli ascendenti. Sull’argomento è consigliata la lettura dell’articolo “Successione legittima: come funziona“.

In cosa consiste il diritto di abitazione del coniuge superstite?

La legge riconosce al coniuge superstite il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare [4], ovvero la possibilità di continuare a vivere nella casa coniugale [5] ed anche l’uso dei mobili che l’arredano, sempreché l’immobile sia di proprietà del defunto o di proprietà comune al marito e alla moglie. Da ciò deriva che se l’abitazione fosse anche nella titolarità di terze persone, cioè fosse in comproprietà con terzi (ad esempio, con i suoceri), il coniuge superstite non potrebbe continuarci a vivere.

Il diritto di abitazione viene acquisito automaticamente dal coniuge superstite con la semplice accettazione dell’eredità, senza che vi sia necessità di un atto formale o di un documento scritto. Inoltre, tale diritto si viene a sommare alla quota di legittima spettante per legge al marito/moglie superstite con la conseguenza che la sua parte di eredità potrà essere maggiore rispetto ad esempio a quella dei figli.

Il diritto di abitazione nella casa coniugale si applica anche al convivente sia nell’ipotesi di unioni civili sia nelle ipotesi di coppie di fatto al fine di preservare una situazione abitativa legata a fattori affettivi e di comunanza di vita.

Nello specifico, in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza, il convivente superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa abitazione per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni.

Se nella casa dovessero abitare anche i figli minori o disabili del convivente superstite questi ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni [6].

Quali diritti ha il coniuge superstite separato?

Come già preannunciato, al coniuge separato quale coniuge superstite sono riconosciuti i diritti all’eredità dell’ex marito o dell’ex moglie defunto/a ad eccezione del caso in cui vi sia stato l’addebito della separazione.

Detto altrimenti, se il tribunale ha pronunciato la cosiddetta separazione con addebito avendo accertato che la rottura dell’unione coniugale è stata determinata dal comportamento colpevole del marito o della moglie, ad esempio per via di maltrattamenti o per un’infedeltà, il coniuge a cui è stata addebitata la separazione non può essere erede.

Il coniuge a cui è stata addebitata la separazione ha diritto soltanto ad un assegno vitalizio se al momento dell’apertura della successione percepiva gli alimenti dal coniuge separato.

Al coniuge separato, anche se non gli è stata addebitata la separazione, non spetta, però, il diritto di abitare la casa coniugale che, invece, è riconosciuto al coniuge superstite, in quanto l’immobile non era più il luogo nel quale la coppia risiedeva.

Al coniuge divorziato spettano i diritti all’eredità del defunto?

Il coniuge divorziato non è considerato dalla legge come coniuge superstite poiché con il divorzio viene a cessare ogni legame tra marito e moglie. Al divorziato, però, la normativa di riferimento riconosce il diritto al trattamento di fine rapporto [7]. Pertanto, tale soggetto, se non si è risposato ed è beneficiario dell’assegno divorzile versatogli periodicamente, può chiedere che gli venga attribuita una parte, pari al 40% del trattamento di fine rapporto liquidato all’ex coniuge, con riferimento agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.

Per “durata del matrimonio” si intende anche l’eventuale periodo di separazione legale, fino alla data della sentenza di divorzio.

Alfonso e Romina divorziano dopo venti anni di matrimonio. In tal caso il trattamento di fine rapporto spettante all’ex moglie, che percepisce l’assegno periodico e non si è risposata, è pari al 40% del trattamento di fine rapporto maturato da Alfonso durante i venti anni di matrimonio.

Approfondimenti

Per approfondire l’argomento è consigliata la lettura dei seguenti articoli: “Divorzio: diritto del coniuge al tfr”, “Coniuge superstite: chi è?” e “Come si acquisisce il diritto di abitazione del coniuge superstite?”.

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Pubblicato : 30 Dicembre 2022 16:00