Con l’assegno di divorzio si possono fare spese voluttuarie?
Il sostegno economico erogato dall’ex coniuge deve servire per far fronte alle esigenze della vita quotidiana e non può essere utilizzato per concedersi il superfluo.
Nel complesso e sfaccettato panorama del diritto di famiglia, una delle questioni più delicate e dibattute riguarda l’assegno di divorzio. Quest’ultimo viene in considerazione non solo riguardo al diritto a percepirlo e alla sua entità, ma anche all’utilizzo che ne fa la parte beneficiaria. In particolare ci si può chiedere se con l’assegno di divorzio si possono fare spese voluttuarie. Esso deve servire soltanto per l’acquisto degli alimenti e del vestiario, o per pagare le utenze domestiche, oppure può essere utilizzato anche per soddisfare qualche capriccio, come abiti di lusso o trattamenti di bellezza?
Con questo articolo daremo una risposta a tali interrogativi, analizzando la natura giuridica dell’assegno di divorzio e il suo impiego nell’ambito della vita quotidiana dei beneficiari. Attraverso un’accurata disamina delle normative vigenti e degli orientamenti giurisprudenziali, verificheremo le possibili limitazioni relative all’utilizzo dell’assegno divorzile per spese considerate non essenziali o di lusso.
Cos’è l’assegno di divorzio?
L’assegno divorzile si riferisce all’obbligo che grava su uno dei due ex coniugi, dopo che è stato pronunciato il divorzio, di versare regolarmente all’altro una somma di denaro, nel caso in cui quest’ultimo non disponga di risorse adeguate o non possa ottenerle per motivi concreti.
Le regole sull’assegno divorzile sono delineate nell’art. 5, comma 6, della legge n. 898/1970. Questa normativa, benché concisa, richiede un’interpretazione arricchita dalle decisioni giurisprudenziali della Corte di Cassazione per definire sia i requisiti per l’assegnazione dell’assegno sia i parametri per stabilirne l’importo.
Specificamente la suddetta norma stabilisce che, in occasione della pronuncia del divorzio, il Tribunale può decidere che un coniuge versi un assegno periodico all’altro se quest’ultimo non possiede o non può ottenere mezzi adeguati per motivi oggettivi. Tale decisione deve considerare vari fattori, come le condizioni personali e finanziarie dei coniugi, le motivazioni della sentenza, i contributi individuali alla gestione familiare e alla costruzione del patrimonio personale o condiviso, nonché i redditi di entrambi, valutati in relazione alla durata del matrimonio.
Assegno di divorzio: quali sono i suoi presupposti?
L’approccio predominante nella giurisprudenza attuale si basa sulle linee guida stabilite dalla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n.18287/2018. Questo orientamento stabilisce una procedura specifica che il Tribunale deve attuare per deliberare sull’assegno divorzile, includendo:
- un confronto tra le situazioni economiche e patrimoniali di entrambi i coniugi;
- una valutazione per determinare se il coniuge richiedente manchi di risorse “adeguate” o sia impedito dall’ottenerle per cause oggettive;
- un’analisi dettagliata per comprendere le ragioni dell’ineguaglianza economica tra i coniugi.
Nell’esaminare le ragioni della disparità patrimoniale ed economica, il Tribunale deve considerare i criteri specificati nell’art. 5, comma 6, della legge n. 898/1970. Questi includono:
- l’apporto del richiedente all’unità familiare e al patrimonio condiviso;
- la correlazione tra le decisioni congiunte prese durante il matrimonio e la situazione attuale del richiedente, verificando se quest’ultimo abbia rinunciato alle proprie opportunità professionali per dedicarsi alla famiglia (vedi, ad esempio, l’ordinanza della Cassazione n. 1786/2021);
- le circostanze personali del richiedente, come età, stato di salute e capacità lavorative, per valutare le sue prospettive future;
- la durata del matrimonio.
Questo metodo di valutazione mira a garantire un esame approfondito e giusto delle richieste di assegno divorzile.
L’assegno divorzile può essere utilizzato per spese superflue?
Ci si può chiedere, a questo punto, se con l’assegno di divorzio si possono fare spese voluttuarie. Con ordinanza n. 1482/2023 la Corte di Cassazione ha risposto negativamente a questa domanda. Anzi, considerando la prevalente funzione assistenziale dell’assegno divorzile, la dimostrazione in Tribunale che il beneficiario abbia l’abitudine di effettuare acquisti di lusso può comprometterne l’assegnazione.
Le spese voluttuarie si possono descrivere come acquisti destinati a soddisfare bisogni non essenziali, andando oltre le necessità di base. Mentre le spese per esigenze primarie come il cibo o l’alloggio sono considerate essenziali, altri tipi di spesa, come l’acquisto compulsivo o le quote fisse per iscrizioni a palestre, possono indicare la percezione di un reddito più che sufficiente, che non giustifica l’imposizione di un assegno di tipo assistenziale a carico dell’ex coniuge.
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