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Come tutelarsi se il padre vende casa di nascosto?

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(@angelo-greco)
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Come tutelare l’eredità e contestare le vendite e le donazioni fatte da un genitore quando ancora è in vita.

Può succedere che un figlio si accorga che uno dei propri genitori, prima ancora di morire, venda i propri beni e spenda i soldi ricavati dalle vendite. O addirittura che lo faccia tramite atti simulati, ossia “finte vendite” che nascondono in realtà delle donazioni. Sarà interesse del figlio, al fine di tutelare il patrimonio paterno che poi questi riceverà in eredità, impedire tali cessioni prima che sia troppo tardi e quindi opporsi ad esse quando il genitore è ancora in vita. Può farlo? La legge consente ai futuri eredi – che ancora tali non sono, non essendosi aperta la successione – di contestare vendite e donazioni commesse dagli ascendenti? Come tutelarsi se il padre vende casa di nascosto? 

In questo articolo offriremo alcune indicazioni e suggerimenti per tutelare il patrimonio familiare in presenza di vendite che, reali o fittizie, possano intaccarne la consistenza pregiudicando così i diritti dei futuri eredi.

Quali sono i diritti di un figlio sull’eredità dei genitori

Chiariamo innanzitutto i diritti in gioco. Il figlio è ciò che la legge definisce “erede legittimo”. A questi spetta cioè sempre una quota del patrimonio del genitore che quest’ultimo non può negargli né con un testamento, né con finte donazioni. 

Il figlio non può quindi essere diseredato salvo ipotesi rarissime e per gravi ragioni (la cosiddetta “indegnità a succedere”) che si verifica in caso di compimento di reati particolarmente riprovevoli (trovi l’elenco nell’articolo “Indegnità a succedere: quando”).

Se il genitore muore senza fare testamento, il figlio ha diritto a una quota dell’eredità determinata dalla legge, variabile in base alla presenza o meno dell’altro genitore o di eventuali fratelli.

Se il genitore muore invece lasciando un testamento, indipendentemente da ciò che è scritto nel testamento il figlio ha sempre diritto a una quota del patrimonio paterno (la cosiddetta legittima), anche a discapito degli altri eredi menzionati nel testamento stesso. 

In entrambi i casi, se risulta che il genitore, quando ancora era in vita, ha eseguito delle donazioni tanto da impedire al figlio di ottenere la sua quota di legittima, questi può contestare tali donazioni (partendo dalle ultime per risalire, via via, alle prime) e “riprendersi” così ciò che gli è stato sottratto.

Ci si può opporre alla vendita fatta da un genitore ancora in vita?

In linea generale, un figlio non può opporsi a una vendita fatta dal genitore quando ancora è in vita. Anche se dovesse avere il sospetto che il denaro ricavato dovesse poi essere dilapidato. Egli potrebbe tutt’al più chiedere un amministratore di sostegno nei confronti del genitore che risulti essere incapace di intendere e volere o affetto da prodigalità. Nient’altro gli è consentito di fare. E questo perché, a ben vedere, la vendita non intacca il patrimonio del genitore, ma sostituisce un bene immobile (la casa) con un bene mobilie (il denaro). Quindi, a rigore, nessun impoverimento ne deriva.

Per la stessa ragione, la vendita fatta dal genitore non può essere contestata neanche dopo la sua morte. Come anticipato, possono essere contestate solo le donazioni dopo l’apertura della successione.

Il problema però si pone nel caso di finte vendite, che nascondono sostanziali atti di donazione. Ma di questo parleremo più avanti.

Ci si può opporre alla donazione fatta da un genitore ancora in vita?

Come abbiamo detto, le donazioni che intaccano il patrimonio del donante e che sottraggono agli eredi legittimari la loro quota di legittima possono essere contestate. 

La contestazione può avvenire però solo dopo la morte del donate, ossia con l’apertura della successione. Ma nel rispetto di alcuni termini. Vediamoli.

Nel caso in cui la donazione determini una lesione della legittima, impoverendo cioè il patrimonio del donante e compromettendo il diritto del figlio a ottenere la sua quota di legittima, a quest’ultimo è consentito esperire la cosiddetta azione di riduzione. Si tratta di una causa in tribunale  rivolta nei confronti di tutti gli eredi e indirizzata a rimettere in discussione tutta la divisione ereditaria fatta con il testamento. Se però ciò non dovesse essere sufficiente, l’erede potrebbe contestare le donazioni fatte dal genitore partendo dalle ultime per poi arrivare alle prime.

Tale azione può essere esperita solo dopo l’apertura della successione, ossia dopo la morte del padre, e sempre che non siano decorsi 10 anni da tale momento. Dopo 10 anni la divisione ereditaria non è più contestabile.

C’è una seconda azione che il figlio può compiere. Se colui che ha ricevuto la donazione da parte del genitore ha venduto il bene a terzi, l’erede – ossia il figlio – può riprendersi il bene dall’acquirente con la cosiddetta azione di riduzione. Tale azione però può essere esperita se non sono decorsi più di 20 anni dalla trascrizione della donazione stessa.

Inoltre il figlio può contestare tutte la finte vendite del genitore, quelle cioè che nascondono delle donazioni. Lo può fare, in questo caso, sia dopo la sua morte che quando ancora era in vita (di tanto ci occuperemo meglio nel successivo paragrafo). Ma deve dimostrare che l’atto è simulato, ossia non è una vendita ma una donazione. E come si fa? Con qualsiasi mezzo di prova. Ad esempio dimostrando che il prezzo era irrisorio o che non è mai stato versato o che il donante non ha mai smesso di abitare nel proprio immobile.

Cosa può fare il figlio se il genitore è ancora vivo per evitare vendite e donazioni?

Come abbiamo appena detto, tutte queste azioni possono essere esperite solo dopo la morte del genitore. Tuttavia ci sono due casi in cui il figlio può tutelarsi quando ancora il genitore è in vita. 

Il primo caso è contro le donazioni. Per impedire che decorra il termine di 20 anni dalla donazione e che, pertanto, non possa più essere esperita l’azione di restituzione, l’articolo 563 del codice civile, al quarto comma, prevede una sorta di “prenotazione”: il figlio può notificare al donatario – colui cioè che ha ricevuto la casa – un atto di contestazione della donazione che sospende il decorso del termine di 20 anni. In questo modo, il figlio non deve temere che decorra il termine inutilmente. 

Si pensi a un padre che doni la propria casa al proprio fratello. Decorrono 19 anni da tale atto e il padre è ancora giovane e in salute. Il figlio sa che se trascorrerà un altro anno e il fratello donatario dovesse vendere l’immobile a terzi, il figlio non potrà mai più ottenerne la restituzione. Così notifica allo zio un atto stragiudiziale di opposizione per sospendere appunto il termine di 20 anni e poi agire con l’azione di restituzione alla morte del madre. 

C’è una seconda soluzione che può adottare il figlio contro gli atti del genitore che ne impoveriscono il patrimonio, ma solo se si tratta di simulazioni, ossia – come detto sopra – di finte vendite che nascondono in realtà delle donazioni. Così, ad esempio, se un padre che voglia favorire la figlia femmina finga di venderle la casa, quando in realtà gliela sta regalando, suo fratello può esperire subito l’azione di simulazione, anche se il padre donante è ancora in vita. Questa azione fa sì che il bene torni nel patrimonio paterno, ma non consente al figlio di prendersi l’immobile, cosa che gli sarà consentita solo con l’apertura della successione. 

 
Pubblicato : 9 Marzo 2023 09:13