forum

Come tutelarsi in c...
 
Notifiche
Cancella tutti

Come tutelarsi in caso di demansionamento?

1 Post
1 Utenti
0 Reactions
76 Visualizzazioni
(@angelo-greco)
Post: 3141
Illustrious Member Registered
Topic starter
 

Scopri come tutelarti in caso di demansionamento, quali sono i casi in cui è legittimo e come agire per far valere i tuoi diritti sul lavoro.

Il demansionamento, ovvero l’assegnazione del dipendente a mansioni inferiori rispetto a quelle precedentemente svolte, è una pratica che può mettere a rischio la professionalità del lavoratore, incidere sul suo curriculum e, di conseguenza, sulla sua salute psicofisica. Ma non sempre il demansionamento è considerato una pratica illegittima. In alcuni casi è la stessa legge che ne ammette la possibilità. In questo articolo vedremo analizzeremo le diverse situazioni in cui il demansionamento è legittimo e come tutelarsi in caso contrario, fornendo esempi pratici e rispondendo alle domande più frequenti sull’argomento.

Cos’è il demansionamento e quando è vietato?

Il demansionamento consiste nell’assegnazione a mansioni inferiori rispetto a quelle per le quali il lavoratore è stato assunto (e dunque formalizzate nel contratto di lavoro, al netto di eventuali e successive promozioni). 

In linea generale il demansionamento è vietato in quanto lesivo della professionalità acquisita. Tuttavia, vi sono eccezioni legate alla modifica degli assetti organizzativi aziendali o a quanto previsto dai contratti collettivi. In questi casi, le nuove mansioni possono appartenere al livello di inquadramento immediatamente inferiore, purché rientrino nella medesima categoria legale.

In quali casi il demansionamento è legittimo?

La giurisprudenza individua tre importanti casi in cui il demansionamento può essere considerato legittimo:

  • adibizione a mansioni inferiori, marginali ed accessorie purché non rientrino nella competenza specifica di altri lavoratori di professionalità meno elevata, a condizione che l’attività prevalente del lavoratore rientri tra quelle previste dalla categoria di appartenenza [1];
  • riclassamento del personale a seguito di un nuovo CCNL, a patto che le mansioni rimangano immutate e la professionalità del lavoratore sia salvaguardata [2];
  • adibizione a mansioni in parte estranee alla professionalità e all’esperienza pregresse dopo il rifiuto netto di due posizioni lavorative offerte dalla società e in linea con il livello di inquadramento del dipendente;
  • adibizione del lavoratore a mansioni inferiori di scarsa tecnicità per un breve periodo (nel caso in esame 3 mesi), tali da non compromettere la sua professionalità.

Quali tutele ha il lavoratore in caso di demansionamento?

In caso di demansionamento, il lavoratore ha diritto a conservare il livello di inquadramento e il trattamento retributivo precedenti. Tuttavia, gli elementi retributivi legati a specifiche modalità di esecuzione delle precedenti mansioni non sono garantiti.

Cosa fare in caso di demansionamento illegittimo?

Se il datore di lavoro assegna al lavoratore mansioni inferiori in ipotesi diverse da quelle previste, il demansionamento è considerato illegittimo. Il lavoratore può: 

  • chiedere il riconoscimento della qualifica corretta; 
  • oppure recedere dal contratto per giusta causa. 

Il rifiuto di svolgere le nuove mansioni è legittimo solo se proporzionato e conforme a buona fede.

Poniamo il caso di Tizio, un lavoratore con qualifica di “vetrinista” classificato al livello terzo del CCNL Terziario Confcommercio. A seguito di una riorganizzazione aziendale, a Tizio vengono assegnate le mansioni di “commesso alla vendita al pubblico”, appartenenti al quarto livello. In questo caso, il demansionamento è legittimo, in quanto Tizio rimane all’interno della categoria impiegatizia e la modifica è dovuta a una riorganizzazione interna dell’azienda.

Quali sono i criteri per stabilire se il rifiuto di svolgere nuove mansioni è legittimo?

Il rifiuto del lavoratore di svolgere le nuove mansioni a seguito di un presunto demansionamento è legittimo solo se rappresenta una reazione proporzionata e conforme a buona fede. Per stabilire se vi sia proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, il giudice deve valutare la funzione economico-sociale del contratto e le circostanze specifiche del caso. 

Cos’è il whistleblowing e come influisce sul demansionamento?

Il whistleblowing è la segnalazione da parte di un dipendente di condotte illecite, fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, di cui sia venuto a conoscenza in ragione delle funzioni svolte. Se un dipendente segnala tali condotte e successivamente viene sottoposto a demansionamento o ad altre misure ritorsive o discriminatorie, queste sono considerate nulle. È compito del datore di lavoro dimostrare che tali misure siano fondate su ragioni estranee alla segnalazione.

Come difendersi in caso di demansionamento? 

Veniamo ora alle tutele legali che ha il dipendente per difendersi dal demansionamento.

Come abbiamo visto, la prima e immediata tutela del lavoratore in caso di demansionamento è quella relativa al rifiuto di svolgere le nuove mansioni. Ma tale rifiuto è legittimo solo se il provvedimento del datore di lavoro è palesemente illegittimo e pregiudica gravemente la dignità o la salute del lavoratore (si pensi a un dirigente costretto a lavare il pavimento o a un lavoratore che, a causa di un demansionamento, viene trasferito nonostante sia titolare della legge 104). 

Negli altri casi, il lavoratore demansionato non può rifiutare di svolgere la prestazione lavorativa ma, se vuole ripristinare i suoi diritti, dovrà ricorrere al tribunale. 

In tal caso è necessario presentare un ricorso in tribunale a mezzo del proprio avvocato. Non ci sono termini massimi per ricorrere al giudice. La decadenza scatta solo dopo cinque anni dalla cessazione delle mansioni. Il volontario svolgimento da parte del lavoratore di mansioni inferiori rispetto a quelle per le quali è stato assunto, pur lungamente protratto, non costituisce atto di acquiescenza [5].

In sede di ricorso, il lavoratore può chiedere al giudice:

  • la determinazione o il ripristino delle mansioni secondo il suo inquadramento contrattuale;
  • il risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale.

Eventuali accordi transattivi tra le parti devono avveleni “in sede protetta” ossia:

  • dinanzi ai sindacati;
  • dinanzi all’Ispettorato Territoriale del lavoro;
  • con la negoziazione assistita svolta dai rispettivi avvocati;

In caso contrario, le eventuali rinunce e transazioni relative a violazioni della normativa in materia di mansioni sono annullabili.

Il risarcimento del danno alla salute

Il dipendente che, a seguito di demansionamento, abbia subito un grave danno alla salute (ad esempio un infarto, una sindrome depressiva, ecc.) può chiedere il risarcimento sia nei confronti del datore di lavoro che dell’Inail. 

 
Pubblicato : 28 Aprile 2023 06:45