Come stabilire la natura condominiale di uno spazio?
Quali criteri si devono utilizzare per determinare se una porzione di un edificio in condominio rientra o meno tra le parti comuni.
In una tranquilla domenica mattina, mentre sorseggia il suo caffè, Marco osserva dalla finestra il piccolo giardino del suo palazzo. Si chiede, non per la prima volta, chi ha realmente la responsabilità e i diritti su quell’area: è di tutti i condomini o di un singolo proprietario? Questa è una domanda comune in molti contesti residenziali e pone il problema di come stabilire la natura condominiale di uno spazio. La risposta giuridica a questa domanda è importante, poiché determina non solo chi deve occuparsi della manutenzione e dell’utilizzo dello spazio, ma anche chi ha il diritto di prendere decisioni riguardanti eventuali modifiche o miglioramenti.
Condominio: quali sono le parti comuni?
Ai sensi dell’art. 1117 cod. civ., le parti seguenti dell’edificio sono considerate di proprietà comune dei titolari delle diverse unità abitative, a meno che non sia indicato diversamente nel titolo:
- gli elementi essenziali per l’uso collettivo dell’edificio, come il terreno su cui è edificato, le basi strutturali, i muri portanti, le colonne e le travi di supporto, i tetti e le terrazze, le scale, i portoni d’entrata, i foyer, i corridoi, i porticati, i cortili e le facciate esterne;
- gli spazi destinati al parcheggio e gli ambienti per i servizi comuni, quali la custodia, incluso l’alloggio del custode, la lavanderia, gli spazi per stendere il bucato e gli attici predisposti, per le loro caratteristiche strutturali e di utilizzo, all’uso collettivo;
- le strutture, installazioni e costruzioni di ogni tipo intese per l’uso collettivo, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idraulici e fognari, i sistemi centralizzati per il gas, l’energia elettrica, il riscaldamento e l’aria condizionata, gli impianti per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a diverse forme di flusso informativo, inclusi quelli satellitari o via cavo.
Quali sono i diritti dei singoli condomini sulle parti comuni?
È essenziale comprendere i diritti di ciascun comproprietario sulle parti comuni e come queste possono essere utilizzate.
L’art. 1102 cod. civ., che regola la comunione in generale e trova applicazione anche nei condomini, afferma che ogni partecipante può utilizzare la cosa comune senza modificarne la destinazione e senza ostacolare gli altri partecipanti nell’uso secondo i loro diritti. A tale scopo, può introdurre, a proprie spese, modifiche necessarie per un migliore utilizzo della cosa.
Pertanto, ogni condomino ha il diritto di usare le parti comuni, al di là di qualsiasi decisione dell’assemblea condominiale o di esplicita approvazione da parte degli altri condomini, a condizione che tale utilizzo non cambi la funzione della cosa comune né limiti o ostacoli il pari diritto di utilizzo degli altri condomini. Ad esempio, il proprietario di un’unità immobiliare può utilizzare il giardino condominiale per sostarvi o per ricevere amici con i quali conversare, ma non può parcheggiarvi la propria auto.
Ogni condomino può anche apportare modifiche alle parti comuni a sue spese per migliorarne l’utilizzo, rispettando sempre i limiti sopra menzionati e eventuali restrizioni aggiuntive previste dal regolamento condominiale.
Tuttavia, non è permesso ai singoli condomini apportare modifiche che cambino la destinazione delle parti comuni, poiché ciò costituirebbe una innovazione che, come stabilito dall’art. 1120 cod. civ., può essere decisa soltanto con il voto favorevole della maggioranza dei partecipanti al condominio rappresentante almeno i due terzi del valore dell’edificio.
Inoltre, sono sempre proibite le modifiche che compromettano la stabilità o la sicurezza dell’edificio, ne alterino l’estetica architettonica o rendano inutilizzabili alcune delle parti comuni per l’uso o il godimento anche di un solo condomino.
Come distinguere le parti comuni dalle proprietà esclusive?
A questo punto può sorgere spontanea una domanda: come stabilire la natura condominiale di uno spazio? Se questa può essere scontata per la facciata e i muri portanti, lo stesso non si può dire, ad esempio, per cortili, giardini, parcheggi. Come essere sicuri che si tratta di parti comuni e non di proprietà di singoli condomini?
Secondo la giurisprudenza, vi è una presunzione di condominialità delle parti dell’edificio indicate nell’art. 1117 cod. civ.. Tale presunzione si applica quando il bene è adatto a un utilizzo collettivo. La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 20145/2022, ha precisato che è compito del condomino che rivendica la proprietà esclusiva di uno di questi beni fornire la prova della sua pretesa proprietà, e a tale scopo non è rilevante il titolo di acquisto suo o del suo antecedente, a meno che non si tratti dell’atto costitutivo del condominio.
Per determinare l’esistenza di un titolo contrario alla presunzione, di condominialità, è essenziale riferirsi all’atto costitutivo del condominio e quindi al primo atto di trasferimento di un’unità immobiliare dall’originario proprietario a un altro soggetto.
Se durante la prima vendita, la proprietà di un bene potenzialmente considerato comune è stata riservata a uno solo dei contraenti, si deve dedurre che tale bene non rientri tra quelli comuni.
Di conseguenza, la presunzione di condominialità di una parte del fabbricato può essere confutata da un singolo condomino solo se egli presenta un titolo originario che gli attribuisca esplicitamente la proprietà esclusiva o dimostri di aver acquisito tale proprietà tramite usucapione, cioè utilizzandola come se fosse propria in modo palese, pacifico e ininterrotto per un lungo lasso di tempo (Corte di Cassazione, ordinanza n. 22442/2019).
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