Come si svolge un processo per stalking
Reato di atti persecutori: dalla querela della vittima alla sentenza di condanna o di proscioglimento. Quando scatta il codice rosso?
Lo stalking è il reato che commette chi perseguita un’altra persona con minacce o molestie reiterate. È il caso, ad esempio, di chi tormenta l’ex compagna con continue telefonate, messaggi e pedinamenti sotto casa. Contro queste condotte è possibile sporgere querela e, successivamente, costituirsi parte civile per ottenere il risarcimento dei danni. È in questo contesto che si pone il seguente quesito: come si svolge un processo per stalking?
Come vedremo, quando gli atti persecutori si inseriscono in un contesto di violenza familiare o di genere, lo stalking rientra tra i reati che fanno scattare il cosiddetto “codice rosso”, cioè la procedura d’urgenza introdotto dalla legge per tutelare le persone (soprattutto donne) che, stando a stretto contatto con l’aggressore, rischiano di subire conseguenze molte gravi, perfino fatali. Approfondiamo l’argomento.
La querela per stalking
Lo stalking è un reato (quasi sempre) procedibile a querela di parte; ciò significa che deve essere la persona offesa a denunciare gli atti di persecuzione che subisce, non potendosi sostituire qualcun altro ad essa.
Se una madre si accorge che la figlia è perseguitata dall’ex marito, non potrà andare dai carabinieri e presentare denuncia per stalking.
La querela va sporta entro sei mesi dal compimento dell’ultimo atto persecutorio.
Una volta presentata, essa è revocabile solamente in giudizio oppure recandosi davanti a un ufficiale di polizia giudiziaria (ad esempio, in caserma o in questura).
La querela è invece irrevocabile se è consistita in una serie di minacce gravi, ad esempio effettuate con le armi.
Lo stalking è tuttavia procedibile d’ufficio se è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità accertata (in base alla legge 104), nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio: in quest’ultimo caso, si pensi allo stalking realizzato insieme a una lesione personale grave.
Cosa succede dopo la querela per stalking?
La querela/denuncia per stalking dà l’avvio a un procedimento penale a carico della persona segnalata, cioè dello stalker.
Per la precisione, a partire dal momento in cui il nominativo del querelato viene iscritto all’interno del registro delle notizie di reato conservato presso gli uffici della Procura della Repubblica, prende avvio la fase delle indagini preliminari, durante la quale le autorità effettueranno le necessarie investigazioni per verificare la fondatezza o meno della responsabilità penale dell’indagato.
Salvo proroghe giustificate dalla particolare complessità delle investigazioni, la fase delle indagini preliminari deve concludersi nel termine di un anno, con la richiesta di:
- rinvio a giudizio, se il pm ritiene provata la responsabilità dello stalker;
- archiviazione se, invece, le indagini non hanno fornito convincente prova della colpevolezza dell’indagato.
Quando lo stalking è codice rosso?
Quando lo stalking rientra nell’ambito di una violenza domestica o di genere, la procedura deve svolgersi con particolare urgenza. Si tratta del cosiddetto codice rosso.
In questi casi, le forze dell’ordine (polizia, carabinieri, ecc.) che hanno ricevuto la querela devono immediatamente darne notizia al pubblico ministero il quale, entro il termine di tre giorni, deve ascoltare personalmente la vittima al fine di chiedere al gip l’adozione delle misure cautelari più opportune per la tutela della persona offesa, come ad esempio l’allontanamento dello stalker dalla casa familiare oppure il divieto di avvicinamento alla vittima.
Maria denuncia il proprio marito il quale, nonostante la separazione in corso, continua a farsi trovare in casa, a pedinarla quando esce e a minacciarla per telefono. I carabinieri, ricevuta la querela, avvertono immediatamente il pubblico ministero perché la vittima sia sentita, al fine di impedire al marito di avvicinarsi nuovamente a lei.
L’udienza preliminare nel processo per stalking: come funziona?
Se le indagini terminano con la richiesta di rinvio a giudizio del presunto stalker, il giudice fissa una prima udienza preliminare nella quale il pubblico ministero insisterà per il rinvio dell’imputato davanti al giudice del dibattimento mentre l’avvocato difensore chiederà l’emissione di una sentenza di non luogo a procedere.
L’udienza preliminare costituisce tuttavia un momento importante anche per l’accesso ad eventuali riti alternativi.
Ad esempio, durante l’udienza preliminare il difensore dell’imputato potrà chiedere che questi venga giudicato con il rito abbreviato oppure che si patteggi la pena.
Allo stesso tempo, nell’udienza preliminare la vittima di stalking potrà costituirsi parte civile per chiedere il risarcimento dei danni allo stalker.
Processo per stalking: come funziona il dibattimento?
Se l’udienza preliminare si conclude con il rinvio a giudizio dell’imputato, si apre l’ultima fase del procedimento penale: il dibattimento, cioè il processo vero e proprio.
Durante questa fase lo stalker può difendersi presentando testimoni, documenti, perizie: insomma, qualsiasi cosa possa essergli utile per confutare la tesi del pubblico ministero.
A differenza delle indagini preliminari, durante le quali all’indagato non resta sostanzialmente che attenderne le conclusioni, il dibattimento si caratterizza per il contraddittorio costante tra pm e difesa, con quest’ultima che può ribattere colpo su colpo alle accuse del magistrato.
All’esito del processo per stalking, il giudice dovrà decidere sulla scorta delle prove che sono state raccolte durante le diverse udienze.
Gli esiti del dibattimento possono essere sostanzialmente tre:
- assoluzione, quando la responsabilità penale dell’imputato non è stata provata al di là di ogni ragionevole dubbio;
- condanna, quando invece la responsabilità penale dell’imputato è ritenuta pressoché certa dal giudice;
- proscioglimento, quando il giudice non può esprimersi sul merito e deve quindi dichiarare concluso il processo senza alcuna condanna dell’imputato. Sono tipiche cause di proscioglimento la prescrizione del reato e la remissione di querela.
Stalking: cosa succede in caso di condanna?
L’imputato condannato per stalking rischia la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi.
Le pene possono essere aumentate al ricorrere di alcune circostanze aggravanti. È ciò che accade se il fatto è commesso dal coniuge (anche separato o divorziato) o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è inoltre aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità, ovvero con armi o da persona travisata.
Contro la sentenza sfavorevole è possibile proporre appello affinché il giudice di secondo grado riformi la condanna, pronunciandosi con assoluzione o, al limite, con proscioglimento (ad esempio, per intervenuta prescrizione).
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