Come si liquida il danno morale?
La sofferenza e il patimento d’animo derivanti da una condotta illecita altrui sono risarcibili solo se provati in maniera rigorosa e puntuale.
Al soggetto vittima di un illecito il nostro ordinamento giuridico riconosce il diritto al risarcimento del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale. Il primo corrisponde alla diminuzione del patrimonio subìta a causa della condotta illecita altrui. Il danno non patrimoniale, invece, consiste nella lesione di beni costituzionalmente garantiti, quali ad esempio la salute, la dignità, l’onore. Di solito, il danno non patrimoniale coincide con il danno biologico, ovvero con la lesione dell’integrità psico-fisica del danneggiato, a cui si accompagna il danno morale, consistente nel turbamento d’animo patito a seguito del comportamento illecito altrui. A proposito di quest’ultimo come si liquida il danno morale?
Il danno morale si liquida solo se il danneggiato fornisce rigorose prove e fatti ulteriori rispetto a quelli del danno biologico anche perché il giudice, quando decide sulla richiesta di risarcimento, deve valutare in maniera complessiva tutte le componenti del danno non patrimoniale; quindi, sia il danno biologico sia il danno morale.
Secondo un recente orientamento della Cassazione, danno morale e danno biologico concorrono a comporre un’unica liquidazione del danno non patrimoniale. Il danneggiato deve provare di avere subìto il danno biologico ed eventualmente anche quello morale. Il giudice, in considerazione di ciò che è stato dimostrato, provvede poi a un’unica liquidazione [1].
Danno morale: cos’è e quando si liquida?
Il danno morale è una sofferenza interiore soggettiva, un turbamento transitorio dello stato d’animo che il danneggiato è costretto a subire in conseguenza del fatto illecito altrui.
Detto in altre parole, il danno morale corrisponde al prezzo del dolore, cioè alla sofferenza intima cagionata a una persona a seguito della commissione di un illecito. Ad esempio, un soggetto viene investito mentre attraversa sulle strisce pedonali, riportando lesioni fisiche piuttosto gravi. In quest’ipotesi, il danno morale è costituito dal patimento sofferto dalla persona a causa dell’investimento.
In passato, il danno morale veniva considerato come una sottovoce del danno non patrimoniale e i giudici lo riconoscevano solo se era conseguenza di un fatto previsto dalla legge come reato. D’altra parte, questa tesi trovava conforto nell’articolo 185 del Codice penale, ai sensi del quale ogni reato obbliga alle restituzioni, a norma delle leggi civili. Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, devono rispondere per il fatto di lui.
Con il tempo però la Cassazione ha modificato il proprio indirizzo, riconoscendo il danno morale come voce autonoma rispetto al danno biologico [2]. Al riguardo, infatti, ha affermato che in presenza di un danno alla salute, non costituisce una duplicazione risarcitoria, l’attribuzione di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico, e di un’ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno un fondamento medico-legale (in sostanza, a titolo di danno morale) perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado di percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell’animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione) [3]. Pertanto, se adeguatamente dimostrati, tali pregiudizi non aventi base medico-legale, devono formare oggetto di separata valutazione e liquidazione.
Il danno morale, quindi, è risarcibile a prescindere dall’esistenza di un danno biologico e indipendentemente dal configurarsi di una fattispecie di reato, legandosi piuttosto alla lesione di un interesse della persona costituzionalmente garantito.
Sul punto, la Cassazione ha chiarito che il danno morale consegue all’ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona, costituzionalmente garantito e, per essere risarcito, non presuppone la qualificabilità del fatto illecito come reato, poiché il riconoscimento dei diritti inviolabili inerenti alla persona non aventi natura economica, contenuto nella Costituzione, ne esige la tutela e, in tal modo, configura un caso di riparazione del danno non patrimoniale [4].
Come si liquida il danno morale?
Il danno morale non è risarcibile se è di scarsa importanza, riconducibile piuttosto a un disagio o a un fastidio, ma occorre che il turbamento si concretizzi in qualcosa di dimostrabile. Pertanto, affinché venga liquidato, non è sufficiente richiederne il risarcimento ma bisogna fornirne la prova.
A differenza del danno biologico che si può provare con perizie e certificati medici, il danno morale si dimostra con più difficoltà. Trattandosi, infatti, di un patimento interiore, dipende da fattori soggettivi difficilmente accertabili e individuabili.
Più nello specifico, il danno biologico viene accertato con una perizia medico-legale e quantificato in punti percentuali di invalidità permanente, il cui valore monetario cresce in proporzione all’aumentare della percentuale di invalidità.
Il danno morale, invece, va provato sia nella sua entità, qualitativa e quantitativa, sia nella sua derivazione causale dall’illecito subìto (cioè nel suo collegamento con la condotta illecita), fornendo prove e fatti ulteriori rispetto a quelli del danno biologico.
Sul punto, la Cassazione ha chiarito che pur essendo possibile ottenere il risarcimento dei danni morali in via autonoma e distinta dal risarcimento dei danni fisici, occorre, però, che le prove prodotte dal danneggiato siano utili a determinare la presenza di una sofferenza, diversa dal danno biologico, causata dalle lesioni subite [5].
Inoltre, il danno morale è risarcibile anche in conseguenza di reati che non comportano un danno biologico in senso stretto, come ad esempio in caso di diffamazione o di calunnia. Si pensi anche al caso del familiare di una vittima di omicidio a cui, pur in assenza di un danno biologico, è riconosciuto il risarcimento del danno morale, consistente nella sofferenza per la perdita del congiunto [6].
Come avviene la quantificazione del danno morale
Quando il giudice ravvisa l’esistenza di un danno morale, ai fini della sua liquidazione, può utilizzare le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano. Queste ultime, infatti, per volontà della Cassazione, sono applicabili su tutto il territorio nazionale a titolo di criterio unitario di liquidazione del danno non patrimoniale alla persona, quindi, sia di quello biologico sia di quello morale.
Il sistema tabellare per la liquidazione del danno non patrimoniale prevede dei valori medi di riferimento, che possono essere personalizzati, tenendo conto della fattispecie concreta. In particolare, per quanto attiene al danno morale, il giudice può superare i limiti minimi e massimi previsti dalle tabelle del Tribunale di Milano, attribuendo rilevanza a conseguenze anomale, eccezionali e peculiari che si sono verificate nel caso di specie e provate dallo stesso danneggiato.
In sostanza, la liquidazione del danno morale è rimessa al prudente apprezzamento del giudice, il quale per quantificarlo, deve tenere conto delle effettive sofferenze patite dall’offeso, della gravità dell’illecito e di tutti gli altri elementi della fattispecie concreta. Solo in questo modo il risarcimento risulterà adeguato e corretto.
Se al danno morale non si accompagna anche un danno biologico (vedi ad esempio quando è stato richiesto il risarcimento del danno morale derivante da una calunnia o da una diffamazione), il giudice, per la liquidazione, di solito, applica il criterio cosiddetto equitativo, cioè definisce una somma che, in base al proprio giudizio, si deve ritenere congrua.
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