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Come si calcola l’indennità di occupazione di un immobile?

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(@angelo-greco)
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Inquilino non va via a seguito di sfratto o disdetta dell’affitto: a quanto ammonta il risarcimento dovuto al locatore?

Cosa succede quando un inquilino non lascia l’appartamento nonostante lo sfratto o la disdetta da parte del locatore? Quali sono i diritti del proprietario in caso di mancato rilascio dell’immobile? In altri termini come si calcola l’indennità di occupazione di un immobile? Queste sono alcune delle domande alle quali cercheremo di rispondere, analizzando un caso concreto deciso dal Tribunale di Torino con la sentenza n. 1618/2023 (il cui testo è riportato a fondo di questa pagina). Ma procediamo con ordine.

Quali sono i diritti del proprietario?

Il proprietario ha diritto a ricevere il corrispettivo dell’affitto fino al momento della riconsegna dell’immobile.

Quindi, nel caso in cui sia intervenuta la disdetta della locazione (per comunicazione inviata alla controparte almeno sei mesi prima del tacito rinnovo) oppure nell’ipotesi di notifica dell’intimazione di sfratto per morosità, l’inquilino che non rilascia l’immobile deve continuare a versare il canonepattuito in contratto. E non importa se, per effetto di tali eventi, il contratto deve ritenersi risolto. Secondo infatti la giurisprudenza della Cassazione, l’ammontare di tale canone deve essere preso a riferimento per determinare la misura minima del risarcimento dovuto per non aver consentito al proprietario di ottenere l’immediata disponibilità del proprio bene.

Oltre a tale somma però, il locatore può richiedere un risarcimento per danni aggiuntivi, ma solo se dimostra di non aver potuto:

  • affittare l’immobile a un prezzo superiore,
  • venderlo a condizioni vantaggiose,
  • usarlo per altri scopi.

È chiaro quindi che il canone di locazione costituisce la misura minima del risarcimento dovuta senza necessità di procurarsi alcuna prova; mentre, per ottenere un risarcimento più cospicuo, il locatore dovrà dimostrare con evidenze documentali o testimoniali uno di questi tre eventi.

Cosa può causare un risarcimento?

Per illustrare meglio, esaminiamo il caso preso in esame dal Tribunale di Torino. Una coppia aveva intenzione di vendere un appartamento per coprire dei debiti. Tuttavia, l’inquilina dell’appartamento si rifiutava di lasciare l’immobile, portando alla necessità di avviare una procedura di sfratto. Durante questa procedura, il giudice ha fissato una data di rilascio dell’immobile, che l’inquilina non ha rispettato.

A causa della presenza dell’inquilina, la vendita dell’appartamento è stata ritardata e il prezzo di vendita è diminuito.

Inoltre, l’inquilina ha impedito l’accesso all’immobile da parte di potenziali acquirenti e non ha mantenuto l’appartamento in buone condizioni. Di conseguenza, il valore dell’appartamento è diminuito. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, che è fonte di un ulteriore richiesta di risarcimento, il Tribunale di Torino ha stabilito che il proprietario deve dimostrare sia i danni arrecati all’immobile che le ragioni per cui questi debbano essere attribuiti all’inquilino. Nel caso specifico, il proprietario ha fornito una perizia per dimostrare i danni all’immobile. Il tribunale ha accettato la richiesta di risarcimento, ma solo in parte, perché non sono state trovate prove sufficienti per dimostrare che l’inquilina avesse ostacolato la visita di potenziali acquirenti.

Ma come fare a dimostrare che i danni sono stati causati proprio dall’inquilino in assenza di una documentazione fotografica che provi le condizioni dell’immobile al momento della consegna al conduttore? Secondo la giurisprudenza, deve presumersi che l’immobile fosse, al momento dell’inizio della locazione, in buone condizioni; sicché tutti i pregiudizi risultati al momento del rilascio devono presumersi essere stati causati dall’affittuario.

La massima

L’art. 1591 cod. civ. dispone che il conduttore in ritardo nella riconsegna della cosa locata è tenuto, dalla data di cessazione del contratto, al pagamento del corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, oltre al risarcimento del maggior danno subìto dal locatore. Tuttavia, mentre il credito da corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, costituendo una forma di risarcimento minima prevista dalla legge per la mancata disponibilità dell’immobile, prescinde dalla prova di un danno concreto al locatore, il maggior danno deve esser dimostrato dal locatore, ad esempio dimostrando di non aver potuto locare a canone più elevato l’immobile o venderlo a condizioni vantaggiose o utilizzarlo direttamente.

Conclusioni

Da questo esempio, possiamo concludere che un inquilino che non lascia l’immobile dopo lo sfratto o la disdetta del contratto di locazione è tenuto a risarcire il locatore. La misura del risarcimento parte da un minimo pari al canone di locazione pattuito nel contratto e può anche aumentare se il locatore però offre prove di una perdita finanziaria (come nel caso di mancato affitto a un canone superiore o di rinuncia alla vendita dell’immobile).

 
Pubblicato : 3 Luglio 2023 12:00