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Come si calcola l’importo di un affitto a canone concordato?

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(@carlos-arija-garcia)
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L’ammontare viene stabilito nel minimo e nel massimo dalle associazioni di categoria: con quai criteri? Quanto deve durare la locazione?

Un contratto d’affitto a canone concordato è una locazione che prevede una durata di tre anni e un rinnovo automatico per altri due se non c’è disdetta da parte di inquilino o proprietario. Da qui che venga anche chiamato «contratto 3+2». Il termine «concordato» significa che gli importi minimi e massimi del canone vengono stabiliti dagli accordi presi dalle associazioni di categoria, cioè dai rappresentanti territoriali degli inquilini e dei proprietari. Con quali criteri? Come si calcola l’importo di un affitto a canone concordato?

Come accennato, il canone per questo tipo di contratti di locazione ad uso abitativo viene determinato entro una forbice che comprende un importo minimo ed uno massimo, fissato dagli accordi territoriali delle associazioni di categoria a seconda della fascia in cui si colloca l’immobile. Qualsiasi clausola che stabilisca un canone superiore al massimo fissato dagli accordi territoriali è da ritenersi nulla. È valida, invece, quella che preveda un importo inferiore al valore minimo.

Il proprietario ha il diritto di rivedere il canone in base all’aggiornamento Istat relativo all’anno in corso, purché lo comunichi a mezzo raccomandata a/r.

Per stabilire la fascia in cui rientra l’immobile, che incide sull’importo dell’affitto a canone concordato, vengono considerati:

  • il luogo in cui si trova la casa in base alla suddivisione del Comune, che tiene conto del valore immobiliare di un singolo quartiere o di un isolato;
  • il pregio dell’immobile e del singolo appartamento in base ai criteri di mercato (il piano, le finiture, l’esposizione alla luce, ecc.).

Inoltre, si tiene conto di altri fattori, come ad esempio:

  • le infrastrutture esistenti o meno attorno all’immobile (mezzi di trasporto, giardini, scuole, ambulatori, ecc.);
  • la tipologia edilizia in base alle categorie catastali;
  • le pertinenze (se c’è un posto auto, una cantina, ecc.);
  • lo stato di manutenzione della casa;
  • l’esistenza o meno di spazi comuni (un cortile, una piscina condominiale, ecc.);
  • la dotazione di impianti tecnici o tecnologici (ascensore, riscaldamento autonomo telecomandato, classe energetica, aria condizionata, ecc.);
  • la presenza o meno di arredamento all’interno dell’appartamento.

Se il Comune in cui sorge l’immobile non è interessato da un accordo territoriale, si prende come riferimento quello del municipio demograficamente più omogeneo e più vicino.

Va detto che ogni Comune ha dei criteri di calcolo diversi. Per conoscere la scheda di determinazione, cioè l’importo minimo e massimo a cui si può fare l’affitto con canone concordato, è opportuno rivolgersi a:

  • un patronato o Caf del proprio Comune;
  • l’associazione dei proprietari di immobili della zona;
  • intermediari abilitati.

Affitto canone concordato: i vantaggi fiscali

Chi ha un contratto di affitto a canone concordato, può usufruire come inquilino di alcune detrazioni fiscali, a seconda della condizione e del reddito. Nel dettaglio:

  • se l’immobile è adibito ad abitazione principale e l’inquilino ha un reddito complessivo non superiore a 15.493,71 euro, la detrazione è di 300 euro. Se, invece, il reddito è superiore a quella cifra, la detrazione è di 150 euro;
  • se l’inquilino ha tra 20 e 30 anni e vive in un immobile adibito ad abitazione principale con un reddito non superiore a 15.493,71 euro, la detrazione è di 991,30 euro per i primi 3 anni;
  • se l’inquilino è uno studente universitario e frequenta un corso in un Comune distante almeno 100 km da quello di residenza e, comunque, in una provincia diversa, ha diritto ad una detrazione del 19% su un importo massimo di 2.633 euro. Quindi potrà detrarre al massimo 500 euro;
  • se l’inquilino è un lavoratore dipendente e trasferisce la residenza nel Comune di lavoro o in uno di quelli limitrofi nei tre anni che precedono quello di richiesta della detrazione, l’immobile è abitazione principale, si trova ad almeno 100 km di distanza dal luogo da cui ti è trasferito e, comunque, in una Regione diversa e ha un reddito inferiore a 15.493,71 euro, ha diritto a una detrazione di 991,60 euro per i primi tre anni;
  • se l’inquilino è un lavoratore dipendente con le stesse condizioni appena citate ma ha un reddito compreso tra 15.493,71 euro e 30.987,41 euro, ha diritto ad una detrazione di 495,80 euro per i primi tre anni.

I benefici fiscali per il proprietario, invece, sono i seguenti:

  • la possibilità di avere una tassazione speciale con cedolare secca anziché la tassazione ordinaria Irpef. Si applica così un’aliquota unica pari al 10% anziché quelle a scaglioni previste per la tassazione ordinaria;
  • la base imponibile per il calcolo dell’Irpef è ridotta del 30% qualora sussistano le condizioni di cui all’articolo 8 della legge 431/98;
  • il corrispettivo annuo ai fini della determinazione della base imponibile per l’applicazione dell’imposta proporzionale di registro è assunto nella misura minima del 70%;
  • la base imponibile per il calcolo di Imu e Tasi viene ridotta de 25%. Ulteriori vantaggi possono essere decisi a livello locale.

Quanto dura il contratto a canone concordato?

Un contratto di affitto a canone concordato ha una durata diversa rispetto a quello a canone libero. La locazione non può essere inferiore ai 3 anni, con un rinnovo automatico di altri 2 anni. Quello che è uguale al contratto a canone libero è la modalità di disdetta che abbiamo visto poco fa.

Significa che la clausola che indica una durata inferiore ai 3 anni è da ritenersi nulla, così come quella che preveda la rinuncia preventiva da parte dell’inquilino del rinnovo automatico.

 
Pubblicato : 30 Aprile 2023 13:00