Come si calcola il consumo involontario?
I metodi per quantificare le perdite di calore dell’impianto di riscaldamento centralizzato e per ripartire le spese a carico di chi si è distaccato e reso autonomo.
Chi si distacca dall’impianto di riscaldamento centralizzato del condominio e passa all’autonomo scopre amaramente, spesso dopo parecchio tempo, di essere ancora tenuto a pagare le spese di manutenzione straordinaria e quelle di conservazione e messa a norma dell’impianto comune. Lo prevede espressamente la legge [1], e dunque si tratta di un obbligo di contribuzione dovuto e inevitabile per tutti i condomini, compresi quelli che non usufruiscono più del riscaldamento centralizzato. In compenso, chi si è reso autonomo non deve più pagare le spese d’esercizio e di funzionamento dell’impianto, come quelle per l’acquisto del combustibile o dell’energia e di manutenzione ordinaria dei vari componenti.
Ma oltre a ciò, il regolamento condominiale potrebbe prevedere, a carico di chi si è distaccato, anche l’attribuzione di una quota di consumi involontari, che, in estrema sintesi, possiamo definire come le inevitabili dispersioni termiche provenienti dall’impianto comune e che di fatto mandano calore anche agli appartamenti dotati di riscaldamento autonomo. Come si calcola il consumo involontario? Se da un lato è evidente e percepibile a tutti il fatto che una tubazione centralizzata che porta acqua calda e passa all’interno dei muri irradia calore anche nelle unità abitative non più allacciate all’impianto, dall’altro lato la misurazione esatta del fenomeno non è affatto semplice e richiede delle misurazioni tecniche: bisogna tenere conto di numerosi fattori per arrivare a calcolare l’esatto coefficiente di dispersione e, dunque, per quantificare l’effettiva entità dei consumi involontari nell’edificio interessato ed arrivare così al risultato finale: attribuire la corretta quota di riparto delle spese attribuite ai condomini distaccati dall’impianto centralizzato.
Consumi involontari: cosa sono?
I consumi involontari sono i costi energetici che si manifestano indipendentemente dall’accensione, o dallo spegnimento, del riscaldamento all’interno di un’unità immobiliare di proprietà esclusiva, come un appartamento o un negozio situato in un condominio. Se l’impianto centralizzato è acceso, ma i termosifoni o i radiatori di un ambiente privato sono spenti, un po’ di calore all’interno arriva comunque.
I consumi involontari consistono, quindi, nelle inevitabili dispersioni termiche provenienti dalla rete di distribuzione centralizzata, a tutto vantaggio delle unità abitative presenti nell’edificio, comprese quelle che, per qualsiasi motivo, non hanno i termosifoni accesi o si sono distaccati dall’impianto comune.
Consumi involontari: perché bisogna pagarli?
Grazie a questo irradiamento di calore, che si propaga dalle tubazioni dell’impianto comune, i proprietari delle singole abitazioni che non sono più allacciate alla rete e si sono rese autonome beneficiano automaticamente di un piccolo innalzamento di temperatura, e così ottengono un correlativo risparmio di spesa per riscaldare la propria casa.
È giusto, pertanto, che essi paghino al condominio la loro quota di consumo involontario; anche la giurisprudenza, con un orientamento consolidato, ritiene legittima l’attribuzione di questo tipo di spesa [2].
Consumi involontari: come si calcolano?
Il vero problema del consumo involontario consiste nella sua esatta quantificazione. A livello tecnico, l’entità dei consumi involontari viene stabilita mediante apposite misurazioni, secondo i criteri fissati dalla normativa UNI 10200 del 2013 e successivi aggiornamenti. Una norma di legge in vigore dal 2014 stabilisce ulteriori prescrizioni per gli appartamenti dotati di misuratori interni del calore proveniente dagli impianti, come i contacalorie sui termosifoni, che sono in grado di quantificare esattamente i consumi energetici [3]: in tali casi le misurazioni devono tenere conto anche delle potenze termiche installate in ciascun ambiente.
In ogni caso, i fattori considerati nel calcolo dei consumi involontari tengono conto della tipologia dell’impianto, delle dimensioni del fabbricato (con particolare riguardo all’altezza, al volume ed al numero dei piani), della potenza della caldaia centralizzata, delle caratteristiche della rete distributiva del riscaldamento (numero, lunghezza e diametro delle colonne montanti e delle tubazioni di diramazione) e della presenza di parti comuni, come la tromba scale e il vano ascensore, nelle quali può avvenire una parte di dispersione termica che, ovviamente, va detratta da quella attribuita alle porzioni immobiliari di proprietà esclusiva. I modelli di calcolo prevedono, infatti, anche l’attribuzione di specifici coefficienti di dispersione termica alle varie parti che compongono l’edificio; la quota dell’energia dispersa viene calcolata per differenza rispetto all’energia totale prodotta dall’impianto centralizzato, dopo aver sottratto la parte erogata ed effettivamente consumata dalle unità immobiliari ad esso allacciate.
Consumi involontari: come si ripartiscono?
Una volta compiute le misurazioni che abbiamo descritto – e che quasi sempre richiedono l’intervento di un tecnico qualificato, il quale depositerà un’apposita relazione per documentare i vari passaggi seguiti, la metodologia applicata e le formule utilizzate – il coefficiente di dispersione termica deve essere ripartito tra le porzioni immobiliari di proprietà esclusiva situate nell’edificio condominiale.
Questa operazione, a differenza della precedente, è di tipo contabile, e avviene rapportando il valore dell’energia dispersa tra le varie abitazioni – e dunque il consumo involontario di ciascuna di esse – ai valori di proprietà espressi nelle tabelle millesimali (quelle generali o, preferibilmente, se ci sono, quelle dello specifico servizio di riscaldamento). I regolamenti condominiali possono prevedere disposizioni apposite per il riparto spese dei consumi involontari e la giurisprudenza ritiene valide queste previsioni quando il regolamento è di natura contrattuale, cioè è stato approvato all’unanimità da tutti i condomini anche mediante richiamo nei rispettivi atti di acquisto delle proprietà [4].
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